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L’Adorazione dei Magi è un dipinto realizzato nel 1496 dal pittore pratese Filippino Lippi (1457-1504), figlio del pittore Filippo Lippi. L’opera, firmata e datata, oggi agli Uffizi di Firenze, venne commissionata all’artista dai frati di San Donato in Scopeto, per sostituire l’Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci, che il grande maestro aveva iniziato senza mai portare a compimento, a causa della sua partenza per Milano.
Il modello di riferimento per il capolavoro di Filippino non è quello dell’incompiuto dipinto leonardesco ma un’altra celebre Adorazione dei Magi: quella di Sandro Botticelli del 1475. Filippino, nel 1472, rimasto orfano, era entrato nella bottega di Sandro, che era stato allievo del padre, e con lui era cresciuto, diventando prima il suo principale collaboratore e poi, a sua volta, un importante pittore.
Dell’Adorazione botticelliana, la tavola di Filippino riprende lo schema compositivo generale, con la capanna semidiroccata al centro della scena (e non di lato, come voleva la tradizione iconografica), la Sacra Famiglia in una posizione predominante e gli altri personaggi disposti lungo due ali laterali che abbracciano lo spettatore.
Niente a che vedere, quindi, con la ben più innovativa composizione leonardesca, che invece prevedeva un vero e proprio vortice di personaggi apparentemente provocato dall’epifania, letteralmente la manifestazione del divino, di quel Dio incarnatosi nel Bambino che Maria tiene in braccio. Una soluzione, questa di Leonardo, che non dovette particolarmente piacere ai committenti.
Come nel modello botticelliano, la capanna diroccata, o meglio ricavata da rovine, dotate di una tettoia improvvisata e coperta di paglia, simboleggia il crollo del mondo pagano con l’avvento della nuova era cristiana. La Madonna indossa una veste rossa coperta da un mantello blu; Giuseppe, avvolto in un mantello giallo, benché anziano non porta la barba: una scelta iconografica piuttosto inconsueta.
Il Bambino, seminudo, si agita sulle ginocchia della madre. Si intravedono, alle spalle di Maria, le piccole figure del bue e dell’asinello. In cima, nel cielo, proprio sul tetto della stalla brilla la stella che aveva guidato i Magi fino a Betlemme.
L’influenza dell’arte fiamminga, assai cara già a Botticelli, è resa evidente dalla cura dei dettagli e dalla ricerca di luminosità cromatica (benché il dipinto sia a tempera grassa e non a olio). Di stampo fiammingo è anche il disteso paesaggio sullo sfondo, ricco di speroni rocciosi e animato sia dalle minute ed esotiche figurette del corteo dei Magi sia dagli animali del serraglio (cavalli e dromedari).
Presso un minuscolo lago, in fondo a sinistra, sorge una ricca e turrita città. In questo caso, la stesura sfumata del colore azzurro svela che Filippino non aveva disdegnato di riflettere anche sulle novità del linguaggio pittorico di Leonardo, così lontane dallo stile botticelliano e anzi artisticamente antitetiche al rigoroso neoplatonismo di Sandro.
Come Botticelli, infine, Filippino non perse occasione per celebrare, attraverso questo quadro, la casata dei Medici, benché questa, dopo la cacciata di Piero il Fatuo, figlio del Magnifico, nel 1494, non governasse più Firenze. Tuttavia, il ramo “Popolano” dei Medici sperava di prendere il potere, sostituendosi a quello “di Cafaggiolo” che era stato cacciato. Troviamo infatti Lorenzo il Vecchio dei Medici (fratello minore di Cosimo il Vecchio) nelle vesti del re più anziano, vestito di nero e inginocchiato di fronte alla Vergine con il Bambino.
Dietro di lui, a sinistra e in posizione ancora preminente, si riconosce suo figlio Pierfrancesco, canuto e calvo, il quale indossa un manto giallo bordato d’ermellino e tiene fra le mani un astrolabio, ossia uno strumento astronomico.
Lorenzo e Giovanni il Popolano, figli di Pierfrancesco, impersonano gli altri due Magi, entrambi vestiti di rosso. Uno, in seconda fila a sinistra, si sta facendo sfilare la corona da un servitore, in omaggio al Re dei re, mentre un secondo servo sta tenendo il dono che egli offrirà al Bambino; l’altro è inginocchiato in primo piano al centro, in posizione simmetrica a quella del nonno rispetto a Maria.
Il personaggio in primo piano a destra, il quale sta indicando con la mano destra la Sacra Famiglia ai presenti, è Piero del Pugliese, un ricco politico fiorentino più volte priore delle Libertà e Gonfaloniere di Giustizia.
La pala d’altare era un tempo dotata di predella, divisa in cinque scomparti occupati da santi a mezzo busto. Questi pannelli sono oggi divisi tra collezioni private e l’americano Museo d’arte della Carolina del Nord (North Carolina Museum of Art).