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L’arte romana imperiale
Arte e propaganda nell’antica Roma.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in Le civiltà etrusca e romana – Data: Febbraio 24, 2020 0 commenti 6 minuti
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L’apparente disinvoltura con cui gli artisti dell’antica Roma attinsero al ricco bagaglio formale dell’arte greca ha stimolato gli studi di varie generazioni di archeologi e storici dell’arte. L’arte romana, infatti, non ha seguito un’evoluzione stilistica modellata sull’esempio di quella greca: motivi arcaici, classici ed ellenistici, al contrario, furono accolti nell’ottica di una visione globale dell’opera d’arte, ritrovandosi insieme nella produzione artistica di uno stesso periodo e talvolta anche in singole opere. Si tratta, quindi, di comprendere in che modo l’arte romana mutuò le proprie forme da quella greca. Arte romana imperiale

Plastico ricostruttivo dei Fori Imperiali a Roma. Roma, Museo della Civiltà Romana.

La funzione dell’arte romana

A questo proposito, è importante ricordare che l’arte di Roma non può essere letta solo in termini estetici, ma va analizzata soprattutto nella sua veste di efficace strumento di comunicazione. Ciò che distingue realmente l’arte romana da quella greca è il diverso uso che queste due civiltà hanno fatto del medesimo linguaggio figurativo. Se per la cultura artistica dell’età repubblicana il prevalente gusto eclettico era stato il risultato da un lato dello scarso interesse per l’arte e dall’altro del colto spirito collezionistico e antiquario di letterati e intellettuali, per l’arte ufficiale di età imperiale questo eclettismo, o pluralismo di modelli davvero molto marcato, non può spiegarsi semplicemente come un sintomo di mancanza di inventiva o come conseguenza dell’inclinazione culturale o del gusto personale dei committenti. Arte romana imperiale

Una giornata al Foro romano. Ricostruzione.

Quando i Romani, poco abituati al contatto con l’arte, conobbero il mondo greco, ebbero la possibilità di attingere a un ricchissimo campionario di motivi sperimentati e consolidati, il cui valore e il cui prestigio apparivano indiscutibili. Essi, con una certa coerenza, adottarono questo linguaggio, conosciuto e facilmente accessibile per la sua chiarezza, ne impararono la sintassi e i singoli elementi, utilizzandolo per esprimere temi e ideali etici prettamente romani. La logica alla base della scelta di specifici modelli greci era legata probabilmente alla necessità di avere a disposizione un repertorio figurativo funzionale a specifici contenuti. Il programma di rinnovamento religioso e di risanamento civile e morale di Roma promosso da Augusto, primo imperatore, fu supportato dallo sviluppo di una produzione artistica e architettonica in grado di rappresentarlo, esaltandone le virtù, e di accompagnare e se possibile influenzare l’evoluzione della mentalità popolare.

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L’arte doveva esprimere visivamente i contenuti programmatici della politica imperiale, diventare un duttile strumento ideologico nonché un’efficace testimonianza della grandezza dell’impero, a Roma come nei territori delle province romanizzate. Un’arte ufficiale, dunque, richiedeva un linguaggio àulico e rappresentativo, autorevole ma immediato, permeato di forti valenze simboliche. Le forme perfette dell’arte greca, e di quella classica in particolare, rispondevano egregiamente allo scopo; fu così che l’arte classica divenne ufficialmente arte di Stato. Arte romana imperiale

Una giornata al Colosseo. Ricostruzione.

I modelli dell’arte romana

L’analisi dettagliata di un fenomeno così complesso, e peraltro ancora poco indagato, richiederebbe molto spazio; tuttavia possiamo individuare, sia pure brevemente, alcuni modelli greci fondamentali adottati dai Romani in base a precise prospettive tematiche. Per esempio, quando Augusto commissionò il proprio ritratto a figura intera, il cosiddetto Augusto di Prima Porta, fu preso a riferimento il Dorìforo di Policleto.

Augusto di Prima Porta, 12-8 a.C. Marmo, altezza 2,04 m. Città del Vaticano, Museo Chiaramonti.
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Policleto, Doriforo, copia antica da un originale in bronzo del 450-445 a.C. Marmo, altezza 2,12 m. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Non solo il corpo e la posizione del principe, ma persino il volto furono interpretati dall’anonimo artista alla luce delle forme policletee. Il tipo di Policleto, possente e virile, era infatti considerato particolarmente adatto alla rappresentazione di eroi e capi militari; era dunque del tutto adeguato per raffigurare Augusto nel suo ruolo di comandante supremo dell’esercito romano. La dignità e la venerabilità delle statue policletee, insomma, ben si addicevano alla rappresentazione eroica dell’imperatore forte e sereno, artefice della pax romana e simbolo dello Stato. Le opere di Fidia, invece, potevano costituire modelli ideali per riprodurre l’immagine del sovrano divinizzato: Fidia, infatti, era considerato lo scultore degli dèi, dei quali sapeva rendere magistralmente la bellezza e la regalità ma anche la benevolenza e la paterna sollecitudine. Arte romana imperiale

Ara Pacis, 13-9 a.C. Marmo, 10,65 x 11,62 m, altezza 3,68 m. Roma. Particolare con la Personificazione della Terra.
Ara Pacis, 13-9 a.C. Marmo, 10,65 x 11,62 m, altezza 3,68 m. Roma. Particolare con la Processione dedicatoria.
Fidia, particolare del fregio ionico del Partenone con la Processione panatenaica, 447- 438 a.C. Marmo pentelico, altezza 1 m. Londra, British Museum.

L’interpretazione di Lisippo del modulo di Policleto, che si traduceva in un tipo fisico snello e asciutto, appariva invece più adatta per la raffigurazione di giovani atleti e delle divinità (Ercole, Mercurio) con le quali essi s’identificavano. Ancora, per le scene di battaglia, che richiedevano l’adozione di forti componenti patetiche, l’espressione di un vitale senso di moto e il ricorso allo scorcio e alla prospettiva, il linguaggio ellenistico risultava molto più indicato di quello classico. Allo stesso modo, l’arte ellenistica era imitata nelle scene in cui era necessario uno sfondo con paesaggio. Per la figura femminile il modello d’elezione era, ovviamente, quello di Prassìtele; ma ritroviamo la sensualità delle sue opere anche nelle figure maschili di adolescenti languidi o ispirati e nelle immagini degli dèi che incarnavano l’ispirazione poetica (Apollo) o la carnale vitalità della giovinezza (Bacco). Arte romana imperiale

Antinoo Farnese, II sec. d.C. Marmo, altezza 2 m. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Prassitele, Hermes e Dioniso, 350-340 a.C. Marmo, altezza 2,3 m. Olimpia, Museo Archeologico.

Ovviamente non esisteva una convenzione normativa, e neppure una vincolante teorizzazione “a priori”: la scelta dell’uno o dell’altro modello era solo una tendenza predominante, sviluppatasi nell’ambito di un sistema comunque flessibile.

British Museum La civiltà romana Marmo Museo Archeologico di Napoli


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