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Agli inizi del XX secolo, durante la fortunata stagione delle Avanguardie, il contributo offerto dalle artiste al dibattito internazionale fu importante, sempre stimolante e in alcuni casi perfino determinante. Certo, le donne dovettero continuare a lottare per imporsi in un contesto che, sebbene “d’avanguardia”, continuava ad essere fortemente maschilista. L’atteggiamento mostrato dai pittori e scultori cubisti, futuristi, astrattisti e dadaisti nei confronti delle artiste non fu, difatti, molto diverso da quello dei loro colleghi ottocenteschi, né fu particolarmente difforme dal comune sentire dell’opinione pubblica. E questo nonostante le loro dichiarazioni pubbliche, con le quali volevano accreditarsi come progressisti. Le avanguardiste.
Nell’ambito del Cubismo, Sonia Terk Delaunay (1885-1979), artista ucraina, condivise la ricerca di suo marito Robert, accettando di essere identificata come una pittrice astratta. Il suo più celebre capolavoro, Prismi elettrici del 1914, ripropone il tema “orfico” dei cerchi colorati, in un festoso gioco cromatico che richiama l’effetto dell’illuminazione elettrica. Sonia divenne poi famosa come disegnatrice di tessuti e fu molto apprezzata dal mondo della moda. I suoi disegni per stoffa furono ricercatissimi dall’alta società parigina e Sonia raggiunse, come designer, un successo così conclamato che il marito ebbe perfino a lamentarsene. Ma questo avvenne con grande disappunto di Sonia che dichiarò: «C’è un’ingiustizia flagrante fra noi due, io sono stata classificata nelle arti decorative e non hanno voluto ammettere che io fossi una pittrice in ogni senso». Le avanguardiste.
All’esperienza cubista va ricondotta anche Marie Laurencin (1883-1956), detta “la Dame du Cubisme”, spesso ricordata soprattutto per la sua tempestosa relazione con Guillaume Apollinaire, presentatole da Picasso nel 1907. Pur facendo parte del gruppo, tanto da partecipare, nel 1911, alla prima manifestazione collettiva di Cubismo al Salon des Indépendants, Marie non condivise mai del tutto né il primitivismo accentuato né la frammentazione delle forme dei suoi colleghi cubisti.
Dalla fine degli anni Dieci, ne prese dunque le distanze, iniziando a produrre opere caratterizzate da atmosfere sognanti, composizioni semplici, forme essenziali e colori tenui. Dipinse soprattutto figure femminili longilinee e aggraziate, guadagnandosi l’apprezzamento della società parigina più alla moda, che la ricercò come ritrattista. Artista colta e sensibile, strinse amicizia con molti intellettuali francesi del primo Novecento, per i quali collaborò come illustratrice. Fu anche costumista per alcuni balletti di successo. Nel 1935 venne insignita della Légion d’honneur e, due anni dopo, i suoi quadri furono accolti all’Esposizione universale di Bruxelles. Le avanguardiste.
Fu in Russia, ben più che nel resto d’Europa, che le artiste ebbero modo di emergere accanto ai loro colleghi maschi, soprattutto prima della Rivoluzione d’ottobre e dell’arrivo al potere di Stalin. Le avanguardiste.
Fondamentale la figura di Natalja Gonxarova (o anche Natalia Goncharova; 1881-1962), fondatrice nel 1913, con il futuro marito Michail Larionov, del Raggismo. Figura pioneristica nella storia del Novecento, la Gonxarova fu una di quelle artiste capaci di trasformare in opera d’arte anche la propria vita. Donna di grande temperamento, infaticabile sostenitrice della modernità artistica in ogni sua forma, attentissima a quanto stava succedendo in Europa, celebre per il suo abbigliamento eccentrico che fece scuola nel mondo moscovita d’avanguardia e intellettuale, fu un’artista eclettica e curiosa.
Non ci fu ambito che Gonxarova non sperimentò, dalla pittura alla scultura, dalla scenografia alla grafica e alla stampa, dalla moda al cinema. Larionov la definì una “tuttista”. Collaborò con Sergej Djaghilev, famoso impresario che fondò i Ballets Russes.
Infranse coraggiosamente tutte le convenzioni legate all’essere donna nell’Europa del primo XX secolo: fu perfino processata per pornografia dopo una sua mostra di nudi nel 1910. Prima della sua fase raggista, infatti, produsse una pittura figurativa suggestiva e intensa, di tono arcaico, non di rado attenta al folklore della sua terra e alle immagini sacre delle icone russe, che lei amava e collezionava.
Come raggista, Natalja indagò la trasformazione fisica della materia per esplorare ciò che non è visibile. Filtrò il reale riproponendolo in immagini scomposte, attraversate da frecce di luce e linee-forza che richiamano le atmosfere futuriste.
Importante fu anche Olga Rozanova (1886-1918), pittrice suprematista. Studiò a Mosca ma debuttò a San Pietroburgo nel 1911, prendendo parte alle attività delle avanguardie russe. L’incontro con Malevič, nel 1916, fu determinante per la maturazione della sua pittura. Olga, infatti, abbracciò la pura astrazione ma, a differenza del collega, amò le composizioni dinamiche e intensamente colorate, come nel caso di Composizione non-oggettiva (Volo di aeroplano), del 1916.
Già dal 1917 iniziò a lavorare a composizioni astratte molto più essenziali, poetiche e innovative, che chiamò cvetopis (pitture colorate), tra cui Striscia verde (Green stripe), che anticipa di almeno trent’anni esiti analoghi dell’Espressionismo astratto del secondo dopoguerra. Le avanguardiste.
La pittrice Lyubov Popova (1889-1924) fece parte del Costruttivismo russo. Dopo la sua formazione in patria e una lunga permanenza a Parigi che le fece conoscere le principali Avanguardie europee, nel 1913 entrò a lavorare nello studio di Vladimir Tatlin, di cui divenne collaboratrice per alcuni anni. In questa fase, concepì opere non figurative pensate come una “sintesi possibile” tra architettura e pittura, da lei definite «esperienze preparatorie a costruzioni concrete». Forme angolose, dipinte con colori intensi, rosso, rosa, grigio, verde e blu, comunicano un senso potente di forza e di energia.
Nel 1917 creò alcuni manifesti rivoluzionari. Si interessò anche di teatro, progettando complesse architetture sceniche, come quella per Le cocu magnifique del 1922, composta da ruote, dischi ed eliche girevoli. Le avanguardiste.
Nel circolo dadaista, la presenza femminile non fu numericamente rilevante. Tuttavia, si distinsero due personalità di rilievo. La prima è quella della tedesca Hannah Höch (1889-1978), compagna del dadaista Raoul Hausmann (1886-1971), fondatore del DADA berlinese, assieme al quale produsse collages e fotomontaggi, ottenuti dalle riviste illustrate dell’epoca e creati con spirito ironico e dissacrante.
Negli anni drammatici e insanguinati che, in Germania, seguirono la Prima guerra mondiale, segnati da una guerra civile, dalla fuga dei re di Baviera e di Sassonia, dalla nascita della Repubblica, la Höch, vera colonna portante del movimento berlinese, concepì un’arte paradossale, destabilizzante, capace di demolire tutti i simboli culturali dominanti, e creò delle vere e proprie icone dal forte impatto comunicativo, capaci di comunicare, ieri come oggi, un senso comico, e dolente insieme, di precarietà.
L’esperienza come infermiera volontaria nella Croce Rossa le ispirò diverse opere di denuncia, tra cui Kinder del 1930, un collage che compone il volto deformato e tumefatto di un bambino piangente. Le avanguardiste.
Da ricordare anche Sophie Taeuber-Arp (1889-1943), che fu artista veramente poliedrica: pittrice, scenografa, architetta, arredatrice, designer, docente ed editrice (oltre che ballerina e coreografa). Moglie di Hans Arp, nel 1916, fondò il movimento DADA assieme al marito, a Tristan Tzara e ai suoi amici del Cabaret Voltaire, per i cui spettacoli creò deliziosi burattini e avveniristiche scenografie.
Vera pioniera dell’astrattismo geometrico del Novecento, si batté per mettere sullo stesso piano le arti cosiddette “maggiori” e quelle “minori”, fornendo un contributo essenziale allo sviluppo del design tessile moderno. È stata la prima donna elvetica ad essere raffigurata su una banconota. Le avanguardiste.