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L’Auriga di Delfi, capolavoro greco della prima età classica, è un magnifico originale in bronzo, uno dei pochi giunti fino a noi. La scultura è stata ritrovata negli scavi del Santuario di Apollo a Delfi, nei pressi del tempio dove probabilmente era collocata. Scolpita nel 475 a.C., probabilmente dallo scultore Sòtade di Tèspie, è l’unica statua rimasta di un gruppo scultoreo commissionato da Polizelo, tiranno di Gela, forse per ricordare una vittoria ottenuta nella corsa con i carri, nel 478 a.C. Il monumento includeva anche il carro, i cavalli preceduti da un inserviente, nonché, probabilmente, il principe. Di tale gruppo, oltre all’Auriga, si conservano solo pochi frammenti dei cavalli e dello schiavo.
L’Auriga indossa la lunga tunica di lino tipica di chi partecipava a queste gare, tenuta al petto da sottili bretelle e fermata da una cintura sopra la vita. Gli aurighi, infatti, erano gli unici atleti a non gareggiare nudi. Eretto, ben piantato sui due piedi e con la testa leggermente ruotata, l’uomo presenta il busto lievemente incurvato all’indietro, per compensare la trazione dei cavalli che, verosimilmente, non stanno correndo.
Il momento rappresentato è infatti quello del giro d’onore dopo la vittoria, testimoniata dalla benda che cinge la testa del giovane.
L’artista, un bronzista di grandissima levatura, ha fuso la statua in dieci pezzi, poi saldati fra di loro. I dettagli anatomici sono resi con insuperata maestria: le mani e i piedi dell’auriga sono semplicemente bellissimi, con tendini e vene bene in evidenza, e curati in ogni particolare; gli occhi sono di pietre dure, le ciglia di rame, la benda che trattiene i capelli, decorata con il motivo del meàndro, è ricoperta d’argento.
La scultura riesce a farci immaginare facilmente il vero auriga. I gesti e il volto sembrano infatti concepiti per rivelarci la psicologia del giovane atleta, che dopo aver vinto la gara si gode il meritato trionfo, ma senza esultare, e tenendo con fermezza le redini. La sua capacità di autocontrollo è messa in risalto con efficacia: egli volge lo sguardo lentamente verso il pubblico, orgoglioso e fiero della forza eroica che l’ha portato alla vittoria, ed è appena sfiorato dalle urla della folla esultante. Nel mondo greco, del resto, il vincitore di una gara era guardato con profondo rispetto, quasi con venerazione, perché si pensava che un dio gli fosse stato accanto, favorendone la vittoria.
Mille grazie per i tuoi eccellenti post e le meravigliose foto di queste famose opere d’arte create nell’antichità. I miei genitori erano emigrati negli Stati Uniti da Giarre, in Sicilia. Nella nostra fattoria nel New Jersey ero entusiasta di trovare molte asce e punte di freccia di pietra dei nativi americani. Niente sculture in marmo o bronzo però!