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Nel panorama artistico della seconda metà del Cinquecento europeo, costituisce un caso particolare e di grande interesse quello della pittura del fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio (1525/30-1569). Bruegel si formò a Bruxelles e fu profondamente influenzato dai dipinti di Bosch, il maestro fiammingo della generazione precedente per il quale Pieter provò sempre una profonda ammirazione.
In realtà, la differenza fra la pittura di Bruegel e quella di Bosch è molto profonda. Bosch, infatti, fu prima di tutto un moralista che volle rappresentare attraverso simboli suggestivi il male che affligge l’uomo e le forze occulte che infestano la natura. Bruegel, invece, amò osservare e descrivere tutte le manifestazioni della vita reale, riconoscendovi con gustosa ironia le componenti più stravaganti e grottesche. Anzi, secondo i suoi primi biografi aveva l’abitudine di partecipare alle feste di paese travestito da contadino, in modo da poterne poi riportare sui quadri l’atmosfera gioiosamente popolare.
A lui non importava rappresentare gli uomini inseguendo un modello ideale di bellezza e di rettitudine; al contrario, si divertì a ridicolizzare i difetti e le passioni dei suoi compaesani, in genere con benevola accondiscendenza, lasciando caso mai allo spettatore il compito di ricercare una morale. Con un linguaggio pittorico fresco e apparentemente ingenuo e popolare, Bruegel realizzò dunque caratteristici quadri di costume, con immagini di contadini, feste di paese, allegorie di proverbi.
Tra i quadri più celebri e popolari di Bruegel spicca il Banchetto nuziale, realizzato tra il 1565 e il 1568, noto anche come Nozze di contadini. L’opera era probabilmente firmata e datata ma venne poi tagliata nella parte sottostante, sicché l’indicazione esatta della sua realizzazione è andata parsa.
Il dipinto raffigura un festeggiamento dopo le nozze di una coppia di contadini, ambientato in una spoglia taverna di campagna oppure in prossimità di un granaio o di un pagliaio. I protagonisti sono gli sposi, gli invitati a tavola, i musici e gli inservienti.
La sposa è riconoscibile perché è incoronata e siede in mezzo, davanti a un grande tappeto verde appeso alla parete, proprio come una Madonna: ha l’espressione sognante e appagata, propria di chi si gode quel momento che la vede al centro dell’attenzione. L’uomo seduto sulla sedia con lo schienale alto, e che indossa il mantello foderato di pelliccia, potrebbe essere il padre della sposa (nel qual caso la donna accanto a lui sarebbe la madre) oppure il notaio che ha redatto l’atto di matrimonio.
Certamente non è lo sposo, che sarà quindi seduto altrove, ma d’altro canto era prassi che il marito si unisse alla moglie solo dopo il banchetto nuziale. Forse è l’uomo con il cappello verde dall’espressione ottusa, girato a chiedere una caraffa di vino, o l’uomo con il cappello rosso che si volta a prendere i piatti di portata oppure l’uomo in piedi che sta versando la birra in una brocca, per servirla ai propri ospiti.
Il dipinto, delizioso nel suo complesso, è ricco di aneddoti amabilissimi, come il cane che fa capolino da sotto la tavola, la bambina (o bambino) in primo piano, col cappello piumato troppo grande, che mangia la zuppa con le mani cacciandosi un dito in bocca, o i due suonatori di zampogna o ancora i due inservienti che portano piatti di farinate e polente di cereali misti, alimenti tipici della popolazione contadina fiamminga, usando una vecchia porta come grande vassoio.
Secondo un’antica tradizione storiografica, l’uomo con la lunga barba, seduto a destra, vestito troppo bene per appartenere a quel contesto sociale, è l’artista medesimo, idealmente partecipe dell’evento festoso che ha raffigurato.