Puoi ascoltare il mio podcast su: Apple Podcasts | Google Podcasts | Spotify | Cos'è?
La tavola con il Battesimo di Cristo, oggi conservata alla National Gallery di Londra, è la più famosa e giustamente celebrata tra le opere giovanili del grande pittore rinascimentale Piero della Francesca (1420 ca.-1492). Realizzata per l’Abbazia camaldolese di Sansepolcro, città natale dell’artista, costituiva la parte centrale di un polittico, destinato probabilmente all’altar maggiore, completato, per le restanti parti, dal pittore Matteo di Giovanni.
Controversa è la sua datazione. Una parte della critica colloca il capolavoro in una fase giovanile di Piero, negli anni immediatamente successivi al 1439. Infatti, i tenui colori pastello di questo dipinto richiamano quelli amati da Domenico Veneziano, di cui Piero era stato allievo e collaboratore a partire dalla seconda metà degli anni Trenta. Altri studiosi ritengono, invece, che la tavola sia un po’ più tarda e che risalga agli anni 1448-50, se non addirittura al 1458-59, e questo a causa sia dei complessi schemi geometrico-matematici che guidano la composizione della scena sia della complessa simbologia contenuta, componenti più facilmente giustificabili con la raggiunta maturità dell’artista.
L’episodio del battesimo di Gesù, cui l’artista fa riferimento, è narrato nei Vangeli di Marco (1,9-11), Matteo (3,13-17) e Luca (3,21-22). Il Vangelo di Giovanni riporta la testimonianza da parte di Giovanni Battista della discesa dello Spirito Santo su Gesù ma senza parlare del battesimo di Cristo.
Nell’anno XV del regno di Tiberio (cioè tra il 28 e il 29, oppure tra il 27 e il 28 d.C.), Giovanni Battista giunse nei pressi del Mar Morto, dove confluisce il fiume Giordano, e lì iniziò a predicare l’avvento del Regno di Dio e ad amministrare il battesimo per il perdono dei peccati. Si presentò a lui il giovane Gesù, e gli chiese di essere battezzato. Ma Giovanni, avendolo riconosciuto, cercò di sottrarsi: «Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». Gesù rispose: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». Allora Giovanni lo battezzò. Secondo i Vangeli, in quel momento lo Spirito Santo, in forma di colomba, scese su di lui. Ed una voce dal cielo disse: «Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3, 13-17).
Il capolavoro di Piero della francesca presenta, al centro, la figura di Gesù, sovrastato dalla colomba, simbolo dello Spirito Santo. Cristo è affiancato, a sinistra, da un albero, simbolo della vita che si rigenera con l’avvento del Salvatore, e a destra da san Giovanni Battista, vestito di una pelle a brandelli. Il Redentore è mostrato frontalmente, immobile, con le mani giunte e gli occhi umilmente abbassati. La perfezione del suo corpo e la sua posa rigida e austera lo rendono simile ad un’antica statua greca e d’altro canto il colore pallidissimo della sua pelle, richiamato da quello dell’albero, contribuisce a conferirgli tale aspetto scultoreo.
All’estrema sinistra, tre angeli assistono all’evento. Quello con un drappo rosa sulla spalla, seminascosto dall’albero, guarda dritto verso l’osservatore. Il suo compito è quello di agganciare lo sguardo del fedele e di richiamare la sua attenzione. Egli svolge, insomma, la stessa funzione del “festaiuolo”, colui che, nel teatro rinascimentale commentava e presentava gli spettacoli.
Sul fondo si scorgono dei farisei. Uno di loro, il più vecchio, indica il cielo con il braccio destro, puntando alla colomba sospesa sul Cristo. Questo suo gesto è enfatizzato dalla posizione parallela della gamba sinistra del Battista. All’estrema destra, un neofita si spoglia per essere a sua volta battezzato: un lampo di realismo, in una scena così intellettualmente concepita, che richiama i bellissimi, e naturalissimi, neofiti dipinti da Masaccio nella Cappella Brancacci. Un possibile modello iconografico per quest’uomo che si sveste potrebbe essere il perduto affresco di Pisanello nella Basilica di San Giovanni in Laterano, di cui resta uno studio al Louvre.
A differenza dell’albero in primo piano, quello alle spalle dell’uomo che si sta spogliando è secco; questa pianta rappresenta coloro che non si battezzano, non seguono Cristo e dunque non possono dare frutto.
Il dolce paesaggio collinare, punteggiato di piante, è descritto nei minimi particolari, secondo la consuetudine della pittura fiamminga che Piero tanto apprezzava.
Nella zona centrale del dipinto, a sinistra, in lontananza, si riconosce nel piccolo borgo fortificato la cittadina di Sansepolcro, qui ambiziosamente presentata come nuova Gerusalemme. Il Giordano è dunque identificato con il Tevere: una attualizzazione dell’evento evangelico assai consueta nella pittura rinascimentale, come a voler ricordare che gli eventi storici dei Vangeli hanno significati che vanno al di là della Storia. Essi riaccadono continuamente, qui ed ora.
L’identificazione di Sansepolcro con Gerusalemme è anche legata alle origini della città che, secondo una leggenda, venne fondata sul finire del X secolo da due santi pellegrini, Egidio e Arcadio, che al ritorno dalla Terra Santa in quel luogo eressero un oratorio destinato a custodire alcune reliquie del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Non è un caso, insomma, che la scena immaginata da Piero abbia così poco a che vedere con la riproduzione fedele della realtà: essa è interamente una costruzione mentale. Lo confermano alcuni particolari, come quello del fiume Giordano (di per sé, un rigagnolo, seppure ricchissimo di riflessi) che non continua oltre i piedi del Cristo; l’albero che sbuca da una riva che sembra lastricata in pietra; la sostanziale assenza di ombre delle figure.
Anche la composizione della scena è molto rigorosa e guidata dalla geometria e dalla matematica. La tavola è infatti composta da un quadrato sormontato da una semicirconferenza, al centro della quale l’artista collocò la colomba, le cui ali si distendono lungo il diametro. Sull’asse verticale si distribuiscono colomba, mano e coppa del Battista, corpo di Cristo, il cui ombelico coincide con l’incontro delle diagonali del quadrato. Il vertice inferiore del triangolo equilatero costruito dal lato superiore del quadrato coincide con i piedi di Gesù; l’altro triangolo equilatero, quello costruito invece dal lato inferiore, ha il vertice sulla mano del Battista. Il pentagono costruito all’interno del quadrato contiene gran parte delle figure della composizione. L’albero di sinistra, infine, è collocato in corrispondenza del rapporto aureo.
Piero era un pittore molto colto e un finissimo intellettuale, che amava costruire le scene di tutti i suoi quadri secondo precisi criteri geometrici e proporzionali. Ne trattò pure in un suo testo sulla geometria euclidea, il De corporibus regularibus, scritto tra gli anni Sessanta e Ottanta del Quattrocento. «Quelle di Piero sono figure vestite di silenzio, accarezzate dall’azzurro del cielo e dal verde della terra. Una pittura sobria – la sua – ove tutto è misura, equilibrio, armonia; ove viene fermato un attimo di tempo che ha il respiro dell’eterno; ove la luce meridiana piove a picco abolendo l’ombra delle cose. Una pittura che non scuote gli umori malinconici delle viscere o quelli sanguigni del cuore, ma si offre piuttosto alla lucidità dell’intelletto» (R.Filippetti).
La singolare iconografia del Battesimo di Piero ha spinto gli storici dell’arte a proporre due differenti interpretazioni.
Nel 1439, a Firenze, il pittore assistette all’apertura del Concilio ecumenico convocato pochi anni prima da papa Eugenio IV e secondo alcuni studiosi (che per questo motivo riconducono la datazione del dipinto a quegli anni) il quadro farebbe riferimento a tale evento e dunque alla raggiunta pacificazione fra la Chiesa d’Oriente (greca) e quella d’Occidente (romana). Due angeli, infatti, si tengono per mano, mentre il terzo ha la mano destra sollevata in un antico gesto classico che significa concordia. Anche la presenza sullo sfondo di alcuni personaggi vestiti all’orientale alluderebbe al tema della conciliazione fra la Chiesa ortodossa e quella romana.
Altri studiosi hanno diversamente interpretato i tre angeli, uno dei quali è vestito di bianco, rosso e blu (colori divini e trinitari), come l’allegoria della Trinità; essi incarnerebbero, da sinistra, il Padre, lo Spirito Santo e il Figlio. Piero avrebbe dunque scelto l’iconografia bizantina della Trinità basata sull’apparizione dei tre angeli ad Abramo alle querce di Mamre, e che il pittore russo Andrej Rublëv aveva magistralmente proposto, pochi anni prima, in una delle sue più celebri icone. D’altro canto, l’ultimo angelo è parzialmente coperto dall’albero che riconosciamo come un noce, pianta che tradizionalmente simboleggia il Cristo.
Analisi dell’opera molto dettagliata.