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La produzione pittorica del fiorentino Andrea del Verrocchio (1435-1488), scultore celebratissimo nonché maestro di grandi artisti come Botticelli, Perugino e Leonardo da Vinci, fu piuttosto scarna e talvolta influenzata dagli allievi. Appartiene certamente al suo catalogo una tavola raffigurante il Battesimo di Cristo, del 1472 circa. Il Battesimo di Cristo di Verrocchio e Leonardo.
L’opera, dipinta per il monastero vallombrosiano di San Salvi, presenta la scena di Giovanni Battista nel momento in cui battezza Gesù nel fiume Giordano, versando l’acqua da una ciotola, mentre due angeli assistono inginocchiati a sinistra. Il Battista tiene nella mano sinistra una croce sottile e un cartiglio che reca una scritta tratta dal Vangelo di Giovanni (1, 29): ECCE AGNUS DEI [QUI TOLLIT PECCATA MUNDI], “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. Uno dei due angeli sta tenendo nelle proprie mani la veste di Gesù. Tutte le figure si distribuiscono all’interno di una composizione triangolare, che ha il vertice nella ciotola del Battista. Il dipinto si caratterizza, in generale, per il suo stile asciutto e nervoso. La precisione anatomica e il modellato dei corpi mostrano suggestioni fiamminghe.
Mentre le due figure principali del Cristo e del Battista sono certamente di mano di Andrea, l’angelo biondo, il paesaggio sullo sfondo e l’acqua trasparente in cui Gesù e il Battista immergono i piedi furono dipinti dal giovane Leonardo da Vinci (1452-1519), che all’epoca frequentava la bottega di Verrocchio. Suoi potrebbero essere anche i peli pubici del Cristo, resi con particolare accuratezza. Nel tempo, tutte queste parti leonardesche divennero il principale motivo d’attrazione del dipinto. L’angelo di Leonardo, in particolare, si distingue da tutte le altre figure sia per la verosimiglianza dei panneggi, davvero straordinaria, sia per l’articolata posa del corpo, mostrato di spalle ma con il capo voltato alla propria destra, in un gesto naturalissimo.
Scrisse Vasari alla metà del XVI secolo, nelle sue Vite, che «[Per] Andrea del Verrocchio […che stava] faccendo una tavola dove San Giovanni battezzava Cristo, Leonardo lavorò un Angelo, che teneva alcune vesti; e benché fosse giovanetto, lo condusse di tal maniera che molto meglio de le figure d’Andrea stava l’Angelo di Leonardo. Il che fu cagione ch’Andrea mai più non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui». Ovviamente è davvero assai improbabile che un maestro affermato come Verrocchio si lasciasse così mortificare dal talento, certo prodigioso, del suo giovane allievo. Piuttosto, è da evidenziare come il più anziano pittore abbia consentito al ragazzo di dipingere secondo il proprio stile, senza obbligarlo a uniformarsi a quello della bottega. Una decisione che testimonia una grande apertura mentale.
L’angelo visto di fronte non è di Leonardo e neppure di Verrocchio. È stato da qualche studioso attribuito a Sandro Botticelli (1445-1510), che tuttavia lasciò la bottega del maestro già nel 1470. Dovremmo, accettando questa ipotesi suggestiva ma poco probabile, anticipare l’esecuzione della tavola al 1469, quando Leonardo, appena diciassettenne, aveva da poco iniziato a frequentare la bottega. A meno che Leonardo non sia intervenuto solo in un secondo momento, magari tra il 1475 e il 1478, quando era prossimo a diventare un pittore autonomo, con l’incarico di completare un dipinto iniziato anni prima e poi lasciato incompiuto.
La sintetica palma a sinistra, le rocce alle spalle del Battista, le mani di Dio Padre in alto e la colomba dello Spirito Santo sono di un terzo allievo, non particolarmente abile e quindi mai identificato.
Come testimoniano sia l’angelo di profilo sia lo scorcio di paesaggio, Leonardo stava già cercando, in quegli anni, un proprio indirizzo per il rinnovamento dell’arte quattrocentesca. Egli era evidentemente convinto che scopo della pittura fosse riprodurre la natura nel modo più fedele possibile, senza idealizzarla. Per questo stava sviluppando la tecnica dello sfumato pittorico, grazie alla quale, ammorbidendo i contorni con dolci trapassi cromatici, faceva apparire le figure come avvolte da vapori intrisi di luce.