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Il Battistero di San Giovanni a Firenze è un magnifico edificio romanico, dalla storia complessa. Il suo nucleo originario dovrebbe risalire al IV o al V secolo, quando fu edificato sui resti di una struttura romana del I secolo d.C., probabilmente una ricca domus che tuttavia fu scambiata per un tempio dedicato a Marte. Sappiamo che nel nuovo edificio furono utilizzati numerosi pezzi di recupero da questo e altri edifici classici. Rimaneggiato nel VII secolo, durante la dominazione longobarda, il Battistero fu profondamente ristrutturato nel corso dell’XI secolo. Potrebbero risalire, invece, al XIII secolo sia la cupola sia l’abside rettangolare (o scarsella), che sostituì la precedente, semicircolare.
Nonostante questa successione di fasi costruttive (i cui passaggi non sono stati ancora chiariti in modo definitivo, per la mancanza di documenti), il Battistero di San Giovanni rappresenta l’enunciato tipico della concezione di Romanico fiorentino e l’ideale armonico dell’architettura a Firenze.
Anche nei secoli successivi, e soprattutto nel Rinascimento, l’opera fu oggetto di studio, modello di riferimento, occasione di meditazione per molti grandi architetti fiorentini, per i quali il Battistero si configurò come un’architettura ideale. I cittadini lo elessero presto come l’edificio principe della città: in qualità di cattedrale di Firenze sino al 1128, e di unica fonte battesimale urbana, al suo interno ospitò le celebrazioni liturgiche e i grandi eventi religiosi ma fu persino frequentato come elegante piazza coperta, divenne un luogo privilegiato dove incontrarsi, scambiarsi opinioni politiche o semplicemente conversare.
Lo ricorda bene Dante, nella sua Divina Commedia:
«Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fóri,
d’un largo tutti e ciascun era tondo.
Non mi parean men ampi né maggiori
che que’ che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco de’ battezzatori».
(Inferno, XIX, 13-18)
Fu anche luogo di investitura di cavalieri e poeti, come ci ricorda ancora Dante («con altra voce omai, con altro vello / ritornerò poeta, e in sul fonte / del mio battesimo prenderò ‘l cappello», Paradiso, XXV, 7-9), nonché sede destinata ai giuramenti solenni e alle celebrazioni in onore di San Giovanni, patrono cittadino.
Ancora oggi, il Battistero ha dignità di basilica minore.
Il Battistero fu progettato a pianta ottagonale, come dettava la tradizione tardoantica e bizantina, con un diametro di 25,60 metri (quasi la metà di quello della cupola del Duomo). È coperto da una cupola a spicchi, impostata sui muri perimetrali e invisibile dall’esterno perché coperta da un attico e dal sovrastante tetto a piramide.
Le facciate sono idealmente divise in tre livelli ciascuna: quello inferiore con le porte (presenti solo su tre lati), quello mediano con le finestre (alternativamente, ad arco e rettangolari, queste ultime sormontate da piccoli timpani) e quello superiore dell’attico, decorato a lesene corinzie. La struttura dell’edificio è irrobustita, agli angoli, da contrafforti decorati a bande orizzontali bianche e verdi, probabilmente di epoca successiva.
Anche ogni faccia del corpo prismatico è decorata a specchi marmorei, con limpide scansioni geometriche in marmo bianco di Carrara e Verde di Prato, chiaramente debitrici della tradizione decorativa antica. Le grandi arcate che si ripetono all’esterno non hanno alcuna funzione portante: i muri, solidi e robusti, sostengono autonomamente il peso della cupola, sebbene le pareti appaiano leggere e snelle. Un tempo, l’intero edificio era sopraelevato su un basamento a gradini, poi scomparso a seguito del graduale innalzamento del pavimento della piazza.
In tutte queste caratteristiche risiede l’essenza della classicità del Battistero: in particolare, nella misura, nell’equilibrio, nella sua armonia. Tuttavia, e nonostante la presenza delle colonne, dei capitelli corinzi, delle finestre timpanate, le sue forme non sono rigorosamente “classiche”. Nel Medioevo fiorentino, infatti, la nozione di classicismo non va intesa in senso stretto: la concezione architettonica romanica trova nella classicità, in questo caso, un fondamentale precedente e un importante punto di riferimento ma non un modello da seguire alla lettera.
Il Battistero di Firenze è celebre per le sue tre bellissime porte in bronzo, capolavori della scultura gotica e rinascimentale italiana. La prima, oggi detta Porta sud, venne realizzata su commissione dell’Arte di Calimala (ossia dall’Arte dei Mercanti, la più potente corporazione fiorentina), responsabile dell’abbellimento e manutenzione del Battistero. Venne fusa, tra il 1330 e il 1336, da Andrea Pisano, un artista, allievo e collaboratore di Giotto, di cui abbiamo notizie fra il 1330 e il 1348. Questa porta presenta 24 formelle con le Storie di San Giovanni Battista e le Virtù cristiane.
I suoi grandi battenti ispirarono la seconda porta, oggi Porta nord, scolpita da Lorenzo Ghiberti (1378-1455) tra il 1401 e il 1424. Ghiberti ebbe l’incarico dall’arte di Calimala, nuovamente committente, avendo vinto un concorso bandito nel 1401 cui parteciparono altri grandissimi artisti, tra cui Filippo Brunelleschi e Jacopo della Quercia. Questa porta, arricchita da dorature sulle figure in bassorilievo, presenta Storie del Nuovo Testamento, con i Quattro Evangelisti e quattro Padri della Chiesa.
La terza porta, quella est, venne realizzata, sempre dal Ghiberti, e stavolta su assegnazione diretta da parte dell’Arte di Calimala, tra il 1425 e il 1452. Le sue dieci grandi formelle, con Storie dell’Antico Testamento, furono interamente rivestite in oro. Fu Michelangelo a darle il nome con cui oggi è conosciuta, ossia Porta del Paradiso.
L’interno del Battistero è decorato con cicli di magnifici mosaici, autentici capolavori dell’arte musiva gotica in Italia. I mosaici più antichi si trovano sulla volta della scarsella e vennero realizzati, a partire dal 1225, da un frate francescano, Fra’ Jacopo. Tali mosaici raffigurano l’Agnus Dei circondato dalla Madonna e da Apostoli e Profeti e, ai due lati, San Giovanni Battista in trono (a sinistra) e la Madonna col Bambino in trono (a destra).
I lavori per il rivestimento della cupola iniziarono forse intorno al 1270 per concludersi solamente agli inizi del secolo successivo. Sulla fascia superiore sono raffigurate le Gerarchie angeliche.
Su tre degli otto spicchi è invece raffigurato un grandioso Giudizio universale (1270-75), dominato dalla grande figura del Cristo giudice (che da solo occupa uno spicchio) affiancato dalla Madonna, da san Giovanni Battista e dai dodici Apostoli. Ai piedi del Cristo, il quale è seduto sui cerchi del Paradiso, risorgono i morti; alla sua destra, che ha il palmo levato verso l’alto, i giusti sono accolti in cielo; alla sua sinistra, il cui palmo è rivolto verso il basso, i dannati precipitano all’Inferno.
I rimanenti cinque spicchi sono suddivisi, ciascuno, in quattro registri, dove si dispiegano (dall’alto) le Storie della Genesi, le Storie di Giuseppe, le Storie di Maria e di Cristo e le Storie di San Giovanni Battista.
Fu Coppo di Marcovaldo, di cui abbiamo poche notizie biografiche, comprese tra il 1260 e il 1276, uno dei principali artefici di questo grande ciclo musivo. Affiancato da validi collaboratori e giovani artisti di talento, fra cui Cimabue (1240-1302 ca.), Coppo realizzò di sua mano una parte importante di questo sontuoso apparato figurativo, ossia il drammatico Giudizio Universale, incluso l’imponente Cristo Giudice, riproponendovi la monumentalità delle forme bizantine con una esasperazione del tutto nuova. Si tratta della più grandiosa e suggestiva scena di “Giudizio” mai realizzata sino ad allora.
Colpisce, nella scena dell’Inferno, la figura di Satana, mostrato con grandi orecchie d’asino dalle quali fuoriescono serpenti e con due grandi corna sulla testa. Quest’essere mostruoso e famelico sta calpestando e ingoiando alcuni dannati, aiutato da altri demoni e animali spaventosi. Gli altri dannati sono sottoposti a orribili torture: alcuni vengono impiccati, altri mutilati, altri ancora sono arsi allo spiedo oppure obbligati a bere oro fuso.
Gli ultimi mosaici ad essere eseguiti furono quelli dei matronei e della sovrastante galleria alla base della cupola, realizzati a cavallo fra XIII e XIV secolo con immagini di Angeli, Santi, Profeti e Patriarchi. I riquadri con Profeti e Patriarchi, posti sui parapetti dei matronei, potrebbero essere del pittore fiorentino Gaddo Gaddi (1240 ca-1312) e risalire alla fine del Duecento.
Fatto molto bene, grazie per il contributo inevitabilmente sintetico ma esaustivo!