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Napoleone Bonaparte (1769-1821) aveva iniziato la sua brillante carriera nell’esercito partecipando alle lotte rivoluzionarie. I grandi successi militari lo portarono in una posizione di primissimo piano nel governo, tanto da farsi designare Primo Console nel 1799, con poteri dittatoriali. Nel 1802 ottenne il consolato a vita e nel 1804 si fece incoronare imperatore dei francesi. Napoleone portò a compimento alcune delle riforme a favore di uno Stato laico e democratico avviate durante la Rivoluzione. Bonaparte al Gran San Bernardo di David.
Con una serie di brillanti campagne militari, riuscì a riunire gran parte dell’Europa sotto un vasto Impero ma dovette affrontare l’alleanza delle altre potenze europee che nel 1815 riuscirono a sconfiggerlo a Waterloo. Esiliato nell’Isola di Sant’Elena, vi trascorse gli ultimi anni di vita, mentre in Francia veniva restaurata la monarchia borbonica e in Europa iniziava il periodo della cosiddetta Restaurazione.
Quando Napoleone si insediò al potere, scelse Jacques-Louis David (1748-1825), pittore neoclassico, come artista ufficiale dell’epoca bonapartista. Accusato a lungo di opportunismo dagli storici, David riconobbe nel Bonaparte la materializzazione dei sogni di riscatto condivisi da un’intera generazione di giovani, pieni di speranze e di progetti. L’artista credeva sinceramente nel valore esemplare e formativo della storia; per questo, ebbe fede prima nella Rivoluzione poi nell’Impero, legando il suo destino a quello di Napoleone, divenuto per lui un idolo.
Il suo non fu, insomma, opportunismo politico; e d’altro canto molti uomini d’ingegno e intellettuali – pensiamo ai grandi italiani come Foscolo e Manzoni – inizialmente credettero in Napoleone, sia pure con modalità diverse, riconoscendo la grandezza del personaggio. «Avevo sempre pensato che non eravamo abbastanza virtuosi per essere repubblicani», scrisse David all’indomani del colpo di stato del 18 Brumaio, quando le Camere furono sciolte e vennero assegnati i pieni poteri a tre consoli, tra cui Napoleone. L’ammirazione di David nei confronti del Bonaparte fu sempre ampiamente ricambiata. Napoleone trovò in questo artista l’artefice più brillante e dotato della sua celebrazione.
Il 13 maggio del 1800, Napoleone intervenne nella seconda campagna d’Italia, intenzionato a conquistare Milano, tornata nuovamente in mano agli Austriaci. Per cogliere di sorpresa il nemico e conquistare un vantaggio temporale, decise di passare il colle del Gran San Bernardo con il proprio esercito: l’impresa richiese alcuni giorni, considerando il gran numero di soldati e le tonnellate di artiglieria al seguito, ma fu un successo.
Il ritratto di Napoleone che valica il Gran San Bernardo venne commissionato a David dal re di Spagna, Carlo IV, il quale intendeva collocarlo nel salone dei Grandi Capitani del Palazzo Reale di Madrid per ingraziarsi l’ambizioso e potente Primo Console. In realtà, per Carlo IV l’alleanza con Napoleone si sarebbe rivelata un fallimento: per aiutare la Francia contro l’Inghilterra, si imbarcò in una serie di costose campagne militari; inoltre, alla prima occasione utile, Bonaparte occupò la Spagna consegnandone il governo al fratello Giuseppe, che regnò come Giuseppe I.
Benché Carlo IV avesse chiesto un tradizionale ritratto del Primo Console in piedi e a grandezza naturale, David, in accordo con lo stesso Napoleone, attentissimo alla cura della propria immagine pubblica, decise di realizzare un ritratto equestre, più adatto a celebrare l’impresa del Gran San Bernardo.
Napoleone, come era solito fare, si rifiutò di posare per David, limitandosi a fornirgli l’uniforme, il cappello e gli accessori che aveva indossato durante la battaglia di Marengo. Il pittore fu dunque obbligato a servisti di manichini e di modelli, tra cui suo figlio su una scala, aggiungendo poi il volto di Napoleone a memoria.
Il quadro, una volta terminato, venne intitolato da David Ritratto equestre di Napoleone che passa il monte San Bernardo. Tuttavia, l’opera è oggi nota con vari titoli, tra cui Napoleone passa il monte San Bernardo, Bonaparte sale il San Bernardo, Il primo console attraversa le Alpi al colle del Gran San Bernardo ma, soprattutto, Bonaparte al Gran San Bernardo.
David lavorò a due versioni del dipinto in rapida successione: la prima era infatti destinata al re di Spagna e la seconda a Napoleone stesso, che ne chiese una per sé. Il prototipo della serie, quello destinato a Carlo IV e noto come Versione della Malmaison, venne iniziato nel settembre del 1800 ed è immediatamente identificabile perché, a differenza che negli altri dipinti, Napoleone indossa un mantello giallo. Questa versione spagnola del quadro rimase a Madrid fino al 1812; Giuseppe Bonaparte, in fuga dalla Spagna, la portò con sé. L’opera finì poi a Roma e rimase di proprietà della famiglia fino a quando, nel 1949, Eugénie Bonaparte non decise di donarla al Museo Nazionale del Castello della Malmaison.
La seconda versione, quella destinata a Napoleone, e oggi detta di Berlino, fu destinata al Castello di Saint-Cloud. Requisita come bottino di guerra dai prussiani alla caduta dell’imperatore, venne portata a castello reale di Berlino, per poi passare alla collezione del Castello di Charlottenburg.
Entrambi i dipinti vennero esposti, il 22 settembre 1801, al Louvre, assieme al quadro Le Sabine, altro capolavoro di David, e lì rimasero per due mesi.
Bonaparte al Gran San Bernardo sarebbe rimasto uno dei ritratti più emblematici e rappresentativi del giovane Napoleone, e non a caso il Bonaparte, particolarmente soddisfatto del lavoro di David, gli richiese alcune repliche del dipinto.
La terza versione, detta di Versailles, fu inizialmente destinata alla biblioteca de l’Hotel des Invalides. In seguito, venne trasferita prima nel Castello di Saint-Cloud e in seguito al museo storico della Reggia di Versailles, dove ancora oggi si trova. La quarta versione, detta di Vienna, fu invece collocata nel Palazzo della Repubblica Cisalpina di Milano. Confiscata dagli Austriaci, venne portata al Palazzo del Belvedere di Vienna nel 1834.
Una quinta versione del Bonaparte al Gran San Bernardo fu dipinta da David per sé stesso; il quadro rimase di sua proprietà fino alla morte. Acquistata nel 1835, l’opera venne poi donata a Luigi Napoleone Bonaparte, futuro imperatore Napoleone III, e rimase presso la famiglia Bonaparte fino a quando non venne ceduta al Castello di Versailles. Nel 2017, l’opera è entrata a far parte della collezione del Louvre Abou Dhabi.
Rispetto ai tradizionali ritratti equestri, Bonaparte al Gran San Bernardo si presenta come fortemente innovativo. Sparita ogni traccia di staticità, Napoleone è infatti mostrato in azione, mentre è impegnato a guidare il proprio esercito. Il Primo Console indossa la sua uniforme di generale, un ampio mantello gonfiato dal vento, un bicorno gallonato d’oro sul capo ed è armato di una grande spada alla mamelucca. In groppa al proprio cavallo impennato, le briglie strette con sicurezza nella mano sinistra, il braccio destro teso all’orizzonte, per incitare i soldati e guidarli alla vittoria, il giovane console già incarna l’immagine di un eroe romantico, impaziente di agire, teso e fremente come il proprio destriero. Il vento agita i suoi capelli così come la criniera del cavallo.
L’espressione del suo volto è ferma, consapevole, determinata, laddove invece il cavallo è spaventato e nervoso. L’immagine trasmessa è quello di un uomo totalmente sicuro di sé, capace di dominare la natura, gli eventi, ogni irrazionale istinto.
Il nome di Napoleone, inciso sulle rocce in primo piano assieme a quello di Annibale e Carlo Magno, è celebrato come tra i più grandi della storia. Intatti, già il cartaginese Annibale, nel III secolo a.C., in occasione della Seconda Guerra Punica, aveva valicato le Alpi per sfidare i romani. E anche Carlo Magno aveva passato le Alpi al Cenisio con le sue truppe, nel 773 d.C., per combattere contro i Longobardi.
In secondo piano, alcuni soldati risalgono la montagna, spingendo un cannone. Essi appaiono molto più piccoli rispetto a Napoleone, assai affaticati per lo sforzo della salita e nel confronto con l’eroico Primo Console, che qui appare divinizzato, essi risultano fragili e vulnerabili. In basso a destra, infine, si intravede una bandiera tricolore che sventola.
Anche la composizione della scena, attentamente studiata, contribuisce ad esaltare la figura del giovane Primo Console. Il punto di vista dell’osservatore è molto basso, sicché l’immagine di Napoleone appare monumentale. Il profilo del pendio che sale verso sinistra e la parallela l’obliquità del cavallo che si impenna conferiscono alla scena un senso di ascensionalità e un carattere fortemente dinamico ed eroico.
Non sappiamo a quali modelli David si sia ispirato, soprattutto per la posizione del cavallo che si impenna sulle zampe posteriori e per la nobile postura di Napoleone. È ragionevole pensare che egli abbia guardato soprattutto a opere antiche, come certi sarcofagi romani conservati a Roma, ai capolavori rinascimentali, tra cui la Cacciata di Eliodoro dal tempio di Raffaello, nelle Stanze Vaticane, ma anche a opere barocche, come la Visione di Costantino di Bernini, posizionata alla base della Scala Regia in Vaticano, e il Ritratto equestre di Luigi XIV a Versailles, sempre del Bernini. D’altro canto, il cavallo della prima versione ricorda moltissimo un altro destriero presente nelle Sabine, del medesimo David.
Le cinque tele con Bonaparte al Gran San Bernardo sono molto simili fra di loro, soprattutto nella composizione generale, ma differenti per alcuni dettagli. La versione della Malmaison, firmata e datata sulla cinghia del cavallo, mostra Napoleone con il mantello giallo-arancio, i guanti bianchi ricamati e il cavallo grigio-bianco con delle macchie nere. Inoltre, il volto del Primo Console appare molto giovanile e idealizzato, come un novello Alessandro Magno. Nella versione di Berlino, anch’essa firmata, Bonaparte ha il mantello rosso vermiglione, il cavallo presenta il pelo rossastro, le briglie non hanno il morso, il paesaggio è innevato. Il volto del futuro imperatore appare più maturo.
La terza versione, quella di Versailles, ha il cavallo nuovamente grigio chiaro, la selleria è identica alla versione berlinese, i ricami sui guanti sono semplificati, l’espressione di Napoleone è più severa. Questa tela non è firmata. La versione di Vienna, ossia la quarta, è quasi identica a quella di Versailles, cioè la terza, anche se il mantello di Napoleone è di un rosso più intenso e i tratti del Bonaparte appaiono lievemente più maturi. La quinta e ultima versione, oggi ad Abou Dhabi, presenta Napoleone con un mantello rosso-aranciato e la sciarpa che gli avvolge la vita non è più bianca ma azzurra.
La differenza di colore dei cavalli nelle cinque versioni del dipinto non è casuale; Napoleone, in realtà, valicò il Gran San Bernardo in groppa a una mula, come testimoniano altri dipinti più realistici dell’impresa (tra cui uno del pittore Paul Delaroche), ma per il suo ritratto equestre il Primo Console voleva un’immagine ben più eroica e meno dimessa, così mise a disposizione di David i suoi due amatissimi cavalli personali, uno chiaro e uno baio, cioè rossastro. L’artista li ritrasse entrambi e poi li scelse alternativamente per i diversi ritratti.