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Braque e la natura morta cubista
«L’apparenza delle cose non va confusa con la loro essenza».
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in Il Novecento: la stagione delle avanguardie – Data: Aprile 28, 2021 0 commenti 8 minuti
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Georges Braque (1882-1963) è stato, con Pablo Picasso (1881-1973) l’iniziatore del Cubismo. Dopo aver trascorso la giovinezza a Le Havre, frequentando la locale Scuola di Belle Arti, nel 1899 si trasferì a Parigi per completare i suoi studi. La fase iniziale della sua carriera fu influenzata dai fauves, come dimostrano i colori brillanti e le composizioni libere delle sue prime opere. Il 1907 fu invece l’anno della svolta: una retrospettiva su Cézanne, presentata in occasione del Salon d’Automne, e l’amicizia con Picasso, che stava ultimando Les demoiselles d’Avignon, lo spinsero a rivedere le sue idee sull’arte.

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Con Picasso, Braque strinse uno dei più importanti sodalizi artistici della storia dell’arte del Novecento e creò il Cubismo, condividendone le tre fasi principali: il Cubismo primitivo (1907-1909) in cui gli oggetti sono mostrati da più punti di vista; il Cubismo analitico (1909-1911), dove le forme vengono scomposte e ricomposte sulla tela; il Cubismo sintetico (1911-1916), che fa uso del collage polimaterico. La collaborazione tra Picasso e Braque si sarebbe interrotta definitivamente verso la fine della fase sintetica, nel 1914, quando questi sarebbe stato chiamato alle armi. Dopo la Grande Guerra, i due pittori avrebbero continuato la propria carriera autonomamente.

L’incontro con Picasso e la fase primitiva

A partire dal 1907, durante la fase del Cubismo primitivo, Braque sottopose le immagini a un processo di drastica semplificazione: le forme furono ridotte a semplici volumi geometrici, analizzati da più punti di vista, e la tavolozza venne ridotta alle sole tonalità del verde e del bruno.

Georges Braque, Case a L’Estaque, 1908. Olio su tela, 59,5 x 73 cm. Berna, Kunstmuseum, Fondazione H. Rupf.

L’esordio cubista di Braque è legato alla pittura di paesaggio. Case a L’Estaque, del 1908, rappresenta un gruppo di case fra gli alberi. La scena, priva di un punto di vista unificante, non segue affatto gli insegnamenti degli antichi maestri: ogni casa, già mostrata senza porte e finestre, come un volume semplice e squadrato, è anche vista secondo una propria, autonoma prospettiva e lo sguardo dell’osservatore è costretto a muoversi da un punto all’altro del dipinto nel vano tentativo di cercare uno stabile riferimento visivo.

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Il senso delle proporzioni e delle profondità ne risulta come annullato e le case appaiono ammassate in primo piano. Con tutta evidenza, la cittadina di L’Estaque non è mostrata come può apparire ai nostri occhi, la sua immagine è filtrata dall’azione della memoria. L’opera è insomma il frutto di una pura operazione intellettuale.

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La fase analitica

Tra il 1909 e il 1911, l’amicizia tra Braque e Picasso dette vita a quel fertilissimo momento della storia cubista ricordato come Cubismo analitico. Risalgono a questi anni numerose nature morte, dove gli oggetti appaiono smembrati e ricomposti in innumerevoli sfaccettature. A differenza di Picasso, Braque fu sempre guidato da uno spirito più moderato: «Amo la regola che corregge l’emozione, amo l’emozione che corregge la regola», usava dire. All’interno del suo mondo poetico, questo artista taciturno lavorò con un’attenzione sempre viva per l’incanto delle forme naturali.

Georges Braque, Violino e tavolozza, 1909. Olio su tela, 91,7 x 41,8 cm. New York, Solomon R. Guggenheim Museum.

Per esempio, in Violino e tavolozza, capolavoro “analitico” del 1909, lo strumento è perfettamente riconoscibile, grazie al ponticello e alle corde (sebbene queste siano spezzate) e anche le tonalità del marrone richiamano quelle reali. In alto, sono visibili le pagine dello spartito, sovrastato da una tavolozza. In questo quadro, pittura e musica sembrano volersi fondere in un solo ideale artistico; d’altro canto, l’artista era appassionato di musica e sapeva anche suonare molto bene.

Georges Braque, Pianoforte e mandola, 1909-10. Olio su tela, 91,7 x 42,8 cm. New York, Solomon R. Guggenheim Museum.

In Pianoforte e mandola, altra opera della fase analitica, la composizione presenta ritmi calcolati con eleganza e armonia: la tastiera del pianoforte, il candeliere con la candela, lo spartito sul leggio si dispiegano sulla tela verticale animandosi in un vivacissimo incastro di piani sfalsati.

Georges Braque, Il clarinetto, 1912. Olio con sabbia su tela ovale, 91,4 x 64,5 cm. Venezia, Collezione Peggy Guggenheim.

La fase sintetica

Anche nei capolavori di Braque realizzati durante il periodo del Cubismo sintetico compaiono di frequente gli strumenti musicali. Il portoghese, del 1912, difficile da leggere come ogni quadro cubista, rappresenta un uomo che suona una chitarra: osservando con attenzione, infatti, si possono riconoscere prima il foro rotondo dello strumento, al centro in basso, e intorno il corpo e il manico della chitarra, poi la mano e il braccio destro dell’uomo seduto e, salendo in alto, si intuiscono i tratti del volto.

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Georges Braque, Il portoghese (o L’emigrante), 1912. Olio su tela, 81 x 117 cm. Basilea, Kunstmuseum Basel.

Intorno alla figura si trovano lettere e numeri. Già nel 1910, infatti, Picasso e Braque si erano resi conto che le loro immagini frantumate e spesso irriconoscibili si stavano avvicinando troppo all’astrattismo, che loro rifiutavano come linguaggio artistico. Per questo motivo iniziarono a inserire nelle loro opere lettere e numeri, spesso senza un apparente significato, proprio per recuperare un rapporto concreto con la realtà, per offrire al pubblico qualcosa di familiare e di immediatamente riconoscibile e rendere l’immagine più concreta.

Georges Braque, Violino (Mozart Kubelick), 1912. Olio su tela, 45,7 x 61 cm. New York, Metropolitan Museum of Art.

Per esempio, in Violino (Mozart Kubelick), del 1912, le forme scomposte del violino campeggiano sullo sfondo di una grande scritta che evoca il nome del grande compositore e di un celebre violinista ceco, Jan Kubelik (1880-1940), di cui Braque sbaglia o storpia il nome. Una curiosità: l’opera nasconde un divertissement verbale: le prime tre lettere della parola Kubelick (Kub) richiamano una diffusa marca di dado da brodo della Maggi, Le Kub, venduto in confezioni di latta cubiche; nel contempo, rimandano al nome stesso di Cubismo.

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Picasso e Braque, infatti, divertiti dall’invadente pubblicità di Le Kub che campeggiava nelle strade di Parigi, vollero includere in alcuni loro dipinti un qualche riferimento al prodotto. Si trattò, insomma, di un gioco che anticipò di quasi cinquant’anni quelli, ben più noti e popolari, della Pop Art.

Pablo Picasso, Paysage aux affiches, 1912. Olio su tela, 46 x 61 cm. Osaka, National Museum of Art.
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Tom Wesselmann, Still Life n.30, 1963. Olio, smalto e acrilico su tavola con collage di pubblicità stampate, fiori di plastica, porta di frigorifero, repliche in plastica di bottiglie di 7-Up,122 x 167.5 x 10 cm. New York, Museum of Modern Art (MoMA).

Una nuova concezione dell’arte

Con le loro opere, in nome della scoperta della quarta dimensione legata al fattore tempo, Braque e Picasso distrussero la visione pittorica tradizionale, adottando prospettive multiple e rovesciate. Così facendo, come scrisse nel 1913 Fernand Léger, i due artisti opposero al “Realismo visivo” un “Realismo pensato” e ricercarono la «verità dell’essere dietro alle apparenze percepite dall’occhio». L’arte non doveva essere, secondo loro, espressione del sentimento e dell’emozione ma frutto di un ragionamento, il risultato di un processo prima di tutto mentale.

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George Braque, Quotidiano, violino e pipa, 1913. Olio su tela e collage. Parigi, Centre Pompidou.

I quadri cubisti sono, effettivamente, davvero molto diversi da quelli che li avevano preceduti. Cercando una maniera nuova di rappresentare la realtà, Braque e Picasso non si limitarono ad imitare quanto vedevano ma scomposero gli oggetti e lo spazio circostante, indagandone la struttura attraverso un processo prettamente intellettuale. «I sensi deformano, la mente forma», dichiarò Braque. «La verità è al di là di ogni realismo», avrebbe poi rincarato un altro cubista, Juan Gris, «e l’apparenza delle cose non va confusa con la loro essenza». A un primo impatto per il pubblico è certamente più facile superare la distanza dei trecentocinquanta anni che intercorrono tra Rinascimento e Impressionismo che non quella di soli cinquanta che separano Impressionismo e Cubismo.

George Braque, Natura morta con asso di fiori, 1911. 81 x 60 cm. Tela e papier collé. Parigi, Musée National d’Art Moderne.


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