Intorno al 1406-8, il grande scultore rinascimentale Donatello (1386 ca.-1466), all’epoca ventenne, scolpì un Crocifisso ligneo per la Chiesa di Santa Croce. Secondo un aneddoto raccontato da Giorgio Vasari nelle sue Vite, pubblicate nella loro seconda edizione nel 1568, Donatello chiese a Filippo Brunelleschi (1377-1446), che era suo grande amico di esprimere un suo parere in merito a quest’opera, «parendogli aver fatto una cosa rarissima»; e questi, ruvido e schietto come suo solito, gli rispose che quel Cristo gli sembrava un contadino. Donatello ovviamente si offese e commentò che è molto più facile criticare che fare. Sicché Filippo scolpì a sua volta un crocifisso, identificato dal Vasari nel Crocifisso di Santa Maria Novella, e lo mostrò a Donatello, il quale umilmente affermò: «a te è conceduto fare i Cristi, et a me i contadini». Brunelleschi e Donatello a confronto.
I due crocifissi sono in effetti molto diversi, sia nell’impostazione sia nell’interpretazione del soggetto. Il Cristo donatelliano presenta caratteri gotici evidenti, come l’andamento sinuoso del perizoma e l’eccessivo allungamento delle membra; è costruito secondo un asse centrale, come se la figura fosse eretta, e richiede un punto di vista frontale. Allo stesso tempo, tuttavia, il suo naturalismo è senza precedenti, soprattutto nel volto, rappresentato nel momento dell’agonia con gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta. È chiaro che Donatello si concentrò sulla sofferenza e l’umanità del Cristo, assecondando il gusto dei committenti francescani.
Il Crocifisso brunelleschiano presenta invece un modellato dolcissimo e il suo volto, reclinato senza stanchezza, mostra un’espressione priva di pathos. Il corpo ruota verso la propria destra, consentendo numerosi angoli visuali. L’altezza, che coincide con la larghezza delle braccia, ne fa il primo mirabile esempio di homo ad quadratum rinascimentale, costruito secondo i dettami vitruviani.
Sebbene la paternità di questi crocifissi non sia mai stata messa in discussione, parte della critica ritiene infondato l’aneddoto vasariano della disputa. Le due sculture in questione, infatti, non sembrano avere la stessa datazione. Secondo altri studiosi, invece, Vasari riportò un aneddoto vero ma confuse le opere da confrontare. Il “Cristo contadino” di Donatello sarebbe un altro crocifisso, contemporaneo a quello brunelleschiano, che solo di recente gli è stato attribuito. L’opera è conservata nel Convento del Bosco ai Frati, presso Firenze. Il crudo naturalismo del corpo smagrito e affilato di Gesù, il viso macilento dagli occhi semichiusi che affondano nelle orbite incavate, le ciocche di capelli a ciuffi scomposti ne fanno una delle più alte interpretazioni sul tema della morte offerte dalla scultura del Quattrocento.
Riportiamo alcuni frammenti del brano in cui Vasari racconta l’aneddoto dei due crocifissi: «fece con straordinaria fatica un Crucifisso di legno, il quale quando ebbe finito, parendogli aver fatto una cosa rarissima, lo mostrò a Filippo di ser Brunellesco suo amicissimo, per averne il parere suo; il quale Filippo, che per le parole di Donato aspettava di vedere molto miglior cosa, come lo vide sorrise alquanto. Il che vedendo Donato, lo pregò, per quanta amicizia era fra loro, che gliene dicesse il parer suo; per che Filippo, che liberalissimo era, rispose che gli pareva che egli avesse messo in croce un contadino e non un corpo simile a Gesù Cristo, il quale fu delicatissimo, et in tutte le parti il più perfetto uomo che nascesse già mai. Udendosi mordere Donato, e più a dentro che non pensava, dove sperava essere lodato, rispose: “Se così facile fusse fare come giudicare, il mio Cristo ti parrebbe Cristo, e non un contadino: però piglia del legno e pruova a farne uno ancor tu”.» Alcuni mesi dopo, realizzato il Crocifisso in gran segreto, Brunelleschi invitò Donatello a pranzo e gli chiese di precederlo a casa sua con la spesa. «Entrato dunque Donato in casa, giunto che fu in terreno, vide il Crucifisso di Filippo a un buon lume, e fermatosi a considerarlo, lo trovò così perfettamente finito, che vinto e tutto pieno di stupore, come fuor di sé, aperse le mani che tenevano il grembiule. Onde cascatogli l’uova, il formaggio e l’altre robe tutte, si versò e fracassò ogni cosa». E a Filippo, appena sopraggiunto, riconobbe: «a te è conceduto fare i Cristi, et a me i contadini”».
Brunelleschi Donatello Donatello e la scultura Legno Santa Maria Novella
Notissimo aneddoto splendidamente riassunto. Grazie.