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Caravaggio (1571-1610), il grande maestro della pittura del XVII secolo, sosteneva il principio secondo il quale un artista deve saper imitare bene ogni soggetto naturale, che «tanta manifattura gli è a fare un quadro buono di fiori come di figure». Uomini e oggetti, e dunque tutti i generi pittorici, avevano pari dignità ai suoi occhi. L’artista eseguì varie nature morte come soggetto autonomo; tuttavia, la critica è riuscita ad attribuirgli con certezza solo la Canestra di frutta conservata nella Pinacoteca dell’Ambrosiana di Milano.
Quest’opera, realizzata nel 1599 (secondo alcuni, un paio d’anni prima), spicca come capolavoro ineguagliabile. Nel descriverla, il suo primo proprietario, il cardinale Federico Borromeo, grande estimatore del genere, raccontò che aveva cercato un pittore cui commissionarne una seconda, senza trovare alcun artista che potesse raggiungere quella stessa «bellezza e incomparabile eccellenza».
Ad un primo approccio, l’occhio dello spettatore si perde nei dettagli, in una verifica meticolosa e ammirata della loro aderenza al “vero”. Ogni frutto è riprodotto con fedeltà assoluta: i chicchi d’uva hanno la loro caratteristica patina opaca, i fichi mostrano una buccia vivida e rugosa, la mela, sebbene già bacata, presenta una superficie lucida e compatta. Alcune foglie sono turgide, altre avvizzite.
Anche la composizione contribuisce a farne un capolavoro assoluto nel suo genere: con uno sguardo d’insieme, coglieremo facilmente la vigorosa plasticità di tutta l’immagine, che l’artista ha voluto rendere ancora più vera, utilizzando uno sfondo uniforme e facendo sporgere appena il canestro dalla superficie del tavolo, in modo da lasciargli proiettare un’ombra; sicché l’osservatore percepisce il suo spazio invaso e ha come la sensazione che il cestino gli stia cadendo addosso.
È possibile cogliere in questa immagine un significato allegorico. Il tema affrontato da Caravaggio sarebbe quello del memento mori, cioè dell’esortazione a ricordare che tutto passa e che la morte incombe: come denunciano la mela bacata e la foglia avvizzita, infatti, la vita si corrompe in fretta e il tempo, fatalmente, la consumerà.
La vita in ogni sua forma
Complimenti, molto bello e sintetico.
Grazie!
Adoro la forma in cui vengono descritte le opere, davvero complimenti!
Grazie mille!