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Antonio Canova (1757-1822), nato a Possagno, vicino Treviso, fu uno dei più grandi artisti del Neoclassicismo europeo, uno degli ultimi grandi maestri italiani che tutto il mondo occidentale ci invidiò e si contese. Critici, conoscitori, poeti, letterati suoi contemporanei furono tutti concordi nel definirlo eccelso, inarrivabile. La sua morte fu vissuta come un lutto universale. In un’epoca che gravitava attorno al culto per l’antico, fu uno dei pochi a essere considerati alla pari con i maestri dell’età classica. Canova e il bacio di Amore e Psiche.
«A vedere quanto si spendeva per una statua antica e quanto altamente se ne celebravano le meraviglie, ci si stupisce a pensare che solo Canova ebbe l’idea di diventare uno scultore antico vivente: scultore veneziano tradotto in greco, dissero subito per denigrarlo, ma era la verità, e non una verità da poco» (M.F. Apolloni).
Canova fu valutato come pari a Fidia, il grande scultore greco del V secolo a.C.; le sue figure vennero giudicate belle come quelle dei grandi artisti dell’antichità. Certo, i capolavori classici del V secolo a.C. avevano un certo fascino, conferito loro dal tempo, dalla storia. Tuttavia, le opere canoviane furono reputate equivalenti. Grazie a Canova, la bellezza tornò a essere come l’avevano concepita gli artisti della Grecia antica: ideale, universale, eterna.
Nel corso della sua carriera, Canova affrontò più volte il tema dell’amore, trasfigurandolo nel mito. In particolare, amò la vicenda di Amore e Psiche, alla quale dedicò alcuni gruppi scultorei. Il più celebre, risalente agli anni 1787-93, presenta le figure dei due amanti giacenti e oggi si trova al Louvre. Il soggetto è tratto da una favola dello scrittore latino Lucio Apuleio (125-170 d.C. circa), che nelle sue Metamorfosi raccontò di come Amore (altro nome con cui è conosciuto Cupido, Eros per i Greci) si fosse perdutamente innamorato della mortale Psiche, una principessa talmente bella da suscitare l’invidia e la gelosia della stessa Venere.
Sebbene a sua volta legata ad Amore da un appassionato sentimento, Psiche aveva l’ordine di non guardare mai in volto il giovane dio, che incontrava soltanto al buio. Ma la donna, spinta dalla sua curiosità, volle invece contemplare l’amato alla luce di una lanterna: per questo fu condannata da Venere a superare alcune prove, tra le quali far visita a Proserpina negli Inferi, dove cadde in un sonno profondo. Amore, non resistendo al desiderio di riunirsi alla sua amata, la svegliò pungendola con una delle sue saette.
Alla fine, Zeus, mosso a compassione, donò a Psiche l’immortalità, concedendole di vivere per sempre accanto ad Amore che la fece sua sposa. Dalla loro unione nacque una figlia, Voluptas, dea del piacere fisico e sensuale.
Il capolavoro di Canova illustra uno dei momenti più lirici del mito. Amore si china a baciare la sua adorata Psiche, dopo averla risvegliata dal sonno mortale in cui questa era caduta; la donna alza le braccia, in un gesto elegante e leggero, sfiorando con le dita delle mani i capelli del suo amato.
Le loro labbra si avvicinano ma non si uniscono. I corpi adolescenziali, dalle forme perfette (secondo un principio di bellezza spirituale e assoluta), si accostano ma non si stringono. Il desiderio, testimoniato dalla mano di Amore che sfiora il seno di Psiche, è palpabile ma non espresso.
Anche la composizione del gruppo è controllatissima: le figure, disposte diagonalmente e divergenti fra loro, si intersecano formando una X, mentre i due volti, quasi congiunti, sono incorniciati dal tondo formato dalle braccia di Psiche.
Canova ha saputo fermare l’azione dei due amanti in un attimo eternamente sospeso. I due giovani rimangono rapiti uno nella bellezza dell’altra. Tutta la scena si pervade, in tal modo, di un sottilissimo e raffinato erotismo, che sicuramente contraddice l’idea, assai diffusa, che la scultura neoclassica sia incapace di rappresentare i sentimenti.
Che Amore e Psiche si amino e si desiderino è invece qui mostrato in modo chiarissimo: soltanto che Canova non è interessato a rappresentare la passione incontenibile, l’impeto incontrollabile.
Non è questo il compito dell’arte neoclassica che mira ad altro scopo; sicché, il travolgimento dei sensi viene sciolto nella tenerezza, lo slancio amoroso viene sfumato nel perenne incanto della contemplazione. L’opera, insomma, rispetta pienamente i canoni dell’estetica neoclassica e celebra prima di tutto il tema della bellezza ideale.
bellissime le foto e il commento bravi mi sono divertita
Grazie mille per l’apprezzamento
Complimenti sia il commento e le foto
Grazie mille!
Bellissimo…Canova è riuscito a “scolpire” il sentimento provato dai due ragazzi. Nifosì con il suo commento è riuscito invece a farci “degustare” l’opera.
Grazie di cuore. Mi fa davvero molto piacere.
Foto stupende, commento decisamente essenziale, ma superbamente coinvolgente
Grazie mille per l’apprezzamento!
Utilizzo molto spesso questo blog per lavori di scuola!
Molto utile
Mi fa tanto piacere, grazie!
Che meraviglia questo sito web e che gioia averlo trovato. Eccellente spiegazione del gruppo scultoreo.
e’ un vero artista mi piace [email protected]
Descrizione perfetta di quanto il Canova voleva esprimere con questa sua opera eccelsa. Grazie