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L’opera dell’architetto americano Frank Lloyd Wright (1869-1959) identifica una tendenza architettonica nota come architettura organica, dal titolo di un celebre saggio dello stesso architetto, Architettura organica, pubblicato nel 1939.
I suoi caratteri fondamentali, testimoniati dai suoi due principali capolavori, cioè la Casa sulla cascata, per la quale è universalmente conosciuto, e il newyorkese Guggenheim Museum, possono identificarsi con la volontà di costruire uno “spazio” attento alle necessità psicologiche dell’uomo, di articolare l’edificio nel paesaggio, di scegliere materiali da costruzione capaci di mimetizzarsi con il sito destinato ad accoglierlo.
Caratterizzano l’architettura organica anche la complessa sintassi geometrica, il rifiuto del classicismo e dell’eclettismo stilistico europeo, la polemica nei confronti di un Razionalismo troppo artificiale, troppo meccanicistico, troppo intellettuale e talvolta, a discapito delle intenzioni iniziali, troppo interessato a problemi di estetica. Dunque, l’architettura organica è così chiamata perché vuole promuovere l’armonia tra la natura e l’uomo e quindi ricercare un nuovo equilibrio tra ambiente naturale e ambiente costruito. Gli elementi artificiali prodotti dall’uomo, dalle strutture agli stessi arredi, non si contrappongono ma anzi si compenetrano con il contesto ambientale per il quale sono progettati e nel quale sono costruiti.
Secondo il pensiero di Wright, al di là delle concrete determinazioni storiche, esiste uno stato di natura, un aspetto genuino della vita, che le imposizioni e le costrizioni interiori abitualmente nascondono e contaminano. «Quando l’iniziativa individuale è forte ed operante, allora la vita sprizza copiosa e libera», scrisse l’architetto, che considerava l’individualismo come una caratteristica del genuino spirito americano. Solo aderendo a questo nucleo vitale, l’architettura poteva svilupparsi finalmente libera dai conformismi e dai sistemi normativi.
L’aggettivo “organico” fu applicato ad ogni forma di organizzazione in cui si teneva conto di questo principio: quindi all’architettura come alla società. Wright descrisse la sua architettura soprattutto per negazioni, come «indipendenza da ogni imposizione esterna, da qualunque parte venga; indipendenza da ogni classicismo, vecchio e nuovo, e da ogni devozione ai “classici”; indipendenza da ogni standard commerciale o accademico che metta in croce la vita».
Villa Kaufmann, anche nota come Fallingwater, ma conosciuta in Italia con il nome di Casa sulla cascata, è il capolavoro architettonico di Wright, nonché uno degli edifici-simbolo dell’architettura moderna del XX secolo. Più esattamente, è la “risposta in chiave organica” offerta da Wright al cosiddetto Modern Style o International Style, ossia allo stile moderno internazionale. Si tratta di una lussuosa residenza, costruita fra il 1936 e il 1939 per Egdar Kaufmann (un facoltoso commerciante di Pittsburg) presso una cascata del torrente Bear Run, nel cuore della foresta della Pennsylvania (Usa).
La famiglia Kaufmann usò l’edificio come casa per le vacanze sino agli anni Cinquanta. Nel 1963, la villa fu donata al Western Pennsylvania Conservancy, che la trasformò in una casa museo, con l’arredamento disegnato da Wright (quasi completamente intatto) oltre ad altri numerosi oggetti d’arte. Nel 1991, L’American Institute of Architects ha proclamato la Casa sulla cascata come «la migliore opera architettonica americana di tutti i tempi».
Durante le fasi della progettazione, Wright sviluppò un’idea fondamentale, che poi è quella attorno alla quale si concretizzò l’intero edificio. L’architettura doveva promuovere una profonda armonia fra natura e genere umano attraverso l’equilibrio tra forme naturali e geometriche e l’integrazione tra materiali artificiali e materie prelevate dal territorio. Una serie di tre piani a sbalzo richiama la stratificazione delle rocce del sito; le terrazze, incardinate in un nucleo plastico strutturante, sono audacemente aggettanti sulla cascata e creano un effetto scenico di grande suggestione.
Wright mostrò di conoscere bene gli ultimi ritrovati tecnologici: adoperò con assoluta sicurezza sia il cemento sia il ferro e il vetro. Tuttavia, e questo è tipico dello stile di Wright, nonostante le tecnologie avveniristiche impiegate, la costruzione è interamente realizzata con una cura quasi artigianale e con un grande amore per i dettagli. Il cemento armato delle strutture, che oggi è di color beige ma un tempo virava sull’albicocca chiaro, si fonde mirabilmente con la pietra locale, usata per le strutture portanti verticali.
Secondo le regole della sua architettura organica, Wright concepì spazi interni estremamente liberi. L’enorme soggiorno vetrato, centro organizzatore dell’intera abitazione, si apre verso il bosco e verso la cascata, attraverso scale, terrazze e affacci, in un abbraccio ideale tra natura e artificio. I suoi pavimenti sono rivestiti in pietra, così come i muri, il camino è incassato nella roccia, le opere di falegnameria sono in noce marezzato.
Non si può non osservare come la presenza di una natura esuberante o la necessità di affacciarsi sul torrente abbiano, di volta in volta, determinato nel progetto la presenza di sporgenze e rientranze; le acque attraversano la casa e i rami degli alberi invadono gli spazi vuoti tra le terrazze; allo stesso tempo, i piani geometrici delle terrazze violano lo spazio della foresta. In questo modo, natura e manufatto architettonico riescono a integrarsi in una forma di reciproco rispetto.
«La scatola è completamente distrutta. Non esistono più pareti, né schemi geometrici, né simmetrie, né consonanze, né punti prospettici privilegiati, né leggi che non siano quelle della libertà e del mutamento». Così ha scritto, a proposito della Casa sulla cascata, lo storico dell’architettura Bruno Zevi, che di Wrigth fu sempre un infaticabile sostenitore. Se Wright avesse concepito la struttura come un volume chiuso e definito, alla maniera della Villa Savoye di Le Corbusier, la casa, nel suo complesso, sarebbe apparsa come un corpo estraneo al paesaggio; al contrario, quei piani che s’intersecano e si accavallano sulla cascata rendono visibile l’integrazione tra l’ambiente artificiale (quello della casa) e quello naturale (quello della foresta e della cascata che la circondano). Wright, in conclusione, propone, nell’ambito dell’esperienza architettonica moderna, un esempio unico e originale, concepito in totale autonomia.
Descrizione accurata e culturalmente pregevole.
Grazie per il tuo lavoro, Giuseppe!