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Negli ultimi anni, parte della critica ha attribuito al grande architetto Leon Battista Alberti (1404-1472) una serie di tre tavole prospettiche, che l’artista potrebbe aver realizzato meditando sul modello di città ideale. Queste Città ideali, oggi conservate a Urbino, Baltimora e Berlino, rappresentano complesse prospettive architettoniche caratterizzate da rigorosi tracciati lineari che descrivono minuziosamente ogni particolare architettonico. La perfezione delle forme e dei volumi rivela l’opera non di un pittore ma di un architetto come Alberti, che secondo Vasari era bravissimo a disegnare prospettive di città “senza le figure”.
Nelle tavole di Baltimora e di Berlino è facile riconoscere alcuni dei luoghi reali della Roma antica e moderna, cioè quattrocentesca. Nella tavola di Baltimora, in particolare, è rappresentato il Foro Romano idealmente restaurato e ristrutturato, come suggerisce la presenza del Colosseo sullo sfondo accanto a generiche architetture rinascimentali e a grandi chiese rivestite da marmi bicromi.
Anche nella Città ideale di Berlino l’ambientazione è romana, con la mole di Castel Sant’Angelo e il corso del Tevere sullo sfondo.
La tavola di Urbino presenta invece un vasto spazio urbano lastricato di marmi e l’effetto è quello di una grande piazza, definita geometricamente da due pozzi ottagonali, posti sui lati.
Al centro domina un grande edificio circolare pseudoperiptero (ossia con semicolonne addossate alla parete della cella), certamente di carattere pubblico e quasi sicuramente religioso, mentre sullo sfondo s’intravede una chiesa.
Lateralmente all’edificio centrale, magnifici palazzi porticati, simili tra di loro per i volumi ma diversi nei dettagli architettonici, compongono due quinte scenografiche che spingono l’occhio dello spettatore verso un lontanissimo paesaggio collinare.
Questi dipinti sono stati assegnati per lungo tempo ad autori diversi, da Fra’ Carnevale a Francesco di Giorgio Martini, a Piero della Francesca. Ma la Città ideale di Urbino è stata recentemente attribuita proprio a Leon Battista Alberti, e con ampio margine di sicurezza. Da tempo, infatti, gli studiosi erano concordi nell’affermare che il concepimento di questa prospettiva urbana fosse stato fortemente influenzato dal pensiero albertiano. Lo confermano le puntuali corrispondenze tra le architetture progettate da Alberti, come Palazzo Rucellai, e quelle rappresentate nella tavola.
Ma la recente scoperta, al di sotto della superficie pittorica del dipinto, di un complesso disegno architettonico ha spinto Gabriele Morolli, uno dei massimi studiosi novecenteschi di Alberti, a suggerire nel 2006 la piena paternità albertiana del quadro. Secondo lo storico dell’architettura, Alberti eseguì il disegno generale, che un pittore presente in quegli anni a Urbino, forse lo stesso Piero della Francesca, avrebbe poi completato con il colore.
Dobbiamo ricordare che, in vista del Giubileo del 1450, papa Niccolò V, di cui Alberti fu consigliere e al quale donò la prima copia del suo De Re Aedificatoria, intendeva rinnovare Roma e restaurare le antichità; Alberti partecipò a questo ambizioso programma di restauro, che coinvolgeva le mura aureliane, molte chiese antiche (come Santa Maria Maggiore, Santo Stefano Rotondo e San Teodoro) e del borgo vaticano, che aveva il suo nucleo in Castel Sant’Angelo. Alberti iniziò inoltre a progettare la ricostruzione della Basilica di San Pietro.
Il rilievo del perimetro murario antico gli suggerì il piccolo trattato della Descriptio urbis Romae. La tavola di Urbino potrebbe dunque essere stata concepita nell’ambito di questi grandi progetti e riporterebbe l’immagine della nuova piazza vaticana, circondata da moderni palazzi cardinalizi con nel mezzo il tempio a pianta centrale della nuova Basilica di San Pietro immaginata da Alberti. Non di una città ideale si tratterebbe dunque ma di una città possibile.
In quest’ottica, anche le altre due cosiddette città ideali potrebbero essere ricondotte alla mano dello stesso Alberti. Quella di Baltimora potrebbe raffigurare il Foro Romano restaurato, con il Colosseo e l’Arco di Costantino accanto a edifici moderni, tra cui il grande tempio ottagonale fasciato di marmi bianchi e verdi, mentre quella di Berlino potrebbe essere il progetto della grande strada urbana che avrebbe dovuto collegare il Vaticano con l’approdo sul Tevere presso Castel Sant’Angelo, per favorire l’afflusso dei pellegrini.
Che scoperta incredibile e non poteva essere altrimenti
bravissimo!