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La città medievale. Prima parte
Dall’Impero romano all’Alto Medioevo.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in L’età altomedievale – Data: Febbraio 23, 2022 1 commento 14 minuti
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Tracciare una storia della città medievale è operazione complessa che richiede una necessaria semplificazione. Innanzi tutto, dobbiamo ricordare che ancora nel V secolo d.C. non tutta l’Europa era urbanizzata: in età imperiale, infatti, i Romani avevano fondato i loro centri sostanzialmente solo nella penisola italica, nella penisola iberica, nella Gallia fino al Reno, nella Dalmazia, nel meridione delle Isole Britanniche.

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I territori dell’Europa settentrionale, centrale e orientale avrebbero dovuto attendere ancora qualche secolo prima di vedere sorgere città degne di questo nome. In secondo luogo, sappiamo bene che la storia della città si è profondamente differenziata nelle diverse aree europee. Ciò premesso, è possibile sia indicare i momenti salienti di tale storia, sia individuare esempi specifici da offrire come modelli generali di riferimento.

Roma imperiale, ricostruzione.

Le città barbariche

Gli ultimi secoli dell’Impero romano d’Occidente furono certamente segnati da una progressiva decadenza che, senza dubbio, anche le invasioni barbariche contribuirono ad accentuare.

Sarcofago di Portonaccio, 180 d.C. ca. Marmo, 114 x 239 x 116 cm. Roma, Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo alle Terme). Tutta la parte frontale di questo antico sarcofago è coperta da altorilievi che mostrano combattimenti tra Romani e barbari.

Ma sarebbe un errore affermare che l’arrivo dei Germani in Europa incise di per sé sul sistema economico romano, trasformandolo in rurale. I barbari, infatti, si cristianizzarono e si urbanizzarono, e volentieri. La loro pretesa avversione per la città è un luogo comune smentito dagli studi. A seguito delle invasioni barbariche, in effetti, gli avamposti militari e alcuni centri di frontiera vennero saccheggiati e distrutti, ma questo è sempre successo in occasione di ogni guerra. La quasi totalità delle città romane conquistate dai barbari invece sopravvisse (al massimo cambiò nome) e nuovi centri vennero fondati.

Maestro di Traiano, Colonna Traiana, 110-113 d.C. Marmo, altezza 35 m. Roma, Foro di Traiano. Particolare con la ricostruzione della cromia originaria. La Colonna Traiana narra la storia delle guerre di Traiano contro i Daci, secondo un rigoroso ordine logico e cronologico, oltre che con ricchezza di particolari quanto basta per definire la Colonna Traiana un rilievo storico.

L’organizzazione ecclesiastica

Anche l’organizzazione ecclesiastica non subì alcuna modifica all’epoca delle invasioni. La Chiesa aveva ricalcato le sue circoscrizioni religiose su quelle amministrative dell’Impero: ogni diocesi corrispondeva sostanzialmente ad una civitas (termine che indica la città romana nel suo insieme di edifici, cittadini, funzioni, servizi). Nei nuovi regni germanici, in Italia, in Gallia, in Spagna, essa conservò il suo carattere municipale, tanto che la parola civitas venne usata per indicare un centro di diocesi.

Maestro di Traiano, La costruzione di un riparo, particolare del fregio della Colonna Traiana, 110-113 d.C. Roma.

Le città barbariche rimasero dunque centri di attività economiche, e conseguentemente culturali; ospitarono i mercati (lì d’altro canto abitavano i mercanti) e anche le residenze invernali dei grandi proprietari terrieri. Le attività di importazione ed esportazione di mercanzie e derrate mantennero nelle città i loro riferimenti essenziali.

La crisi del modello romano

La situazione cambiò bruscamente solo nel IX secolo, anche a seguito della conquista, da parte degli Arabi, dell’Africa settentrionale e di Sicilia, Sardegna, Corsica e Spagna meridionale. Per la prima volta nella sua storia, l’Occidente, che aveva sempre vissuto e prosperato proiettandosi nel Mediterraneo, si vide costretto a rinchiudersi in sé stesso. Questo evento contribuì a mutare l’identità stessa del Medioevo europeo. I commerci crollarono, i grandi mercati chiusero, la classe sociale dei mercanti di professione sparì. La base economica dello Stato e anche della società divenne quella terriera: all’economia di scambio si sostituì quella di consumo, la cosiddetta “economia domestica chiusa”, si affermò il sistema feudale e le città, fatalmente, decaddero.

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Le città carolinge e ottoniane furono dunque private dei due attributi fondamentali della città moderna, cioè la popolazione borghese e l’organizzazione municipale. Solo la presenza in città dei vescovi (veri e propri capi spirituali e temporali), aveva consentito la sopravvivenza del modello urbano come centro organizzativo del territorio, perché tutte le chiese di campagna facevano capo a quella di città, dove era necessario recarsi in occasione di determinate ricorrenze, come le grandi feste, i matrimoni, i battesimi, i funerali. Inoltre, la città ancora ospitava il mercato settimanale, dove i contadini portavano i loro prodotti, e talvolta una fiera annuale: era infatti rimasta sede, come diremmo oggi, di un commercio a chilometri zero.

Le città europee

Le città europee, impoverite, spopolate, divennero insomma semplici centri amministrativi fortificati: cerchie di muraglie circondate da fossati, con al centro la residenza del principe (che tuttavia preferiva vivere in campagna), quella del vescovo, la chiesa, il granaio, le cantine e un torrione di difesa, le case, abitate occasionalmente dai cavalieri e stabilmente solo dai chierici e dai loro seguiti, dai maestri e dagli studenti delle scuole ecclesiastiche, dagli artigiani indispensabili ai bisogni del culto. Possiamo tranquillamente affermare che, almeno fino all’esordio dell’XI secolo, gli abitanti delle città dipesero direttamente e unicamente dalla Chiesa.

La prima raffigurazione di Londra, realizzata attorno al 1250 in un manoscritto dal monaco benedettino Matthew Paris, storico, miniaturista e cartografo.

Città retratte e di nuova fondazione

La crisi della città non portò, dunque, alla sua sparizione. Sicuramente, i grandi centri urbani europei di fondazione romana subirono nel IX secolo una forte contrazione edilizia e la restrizione delle cinte murarie (si parla, in questo caso, di “città retratte”); nell’ambito di queste città “ridotte” furono spesso utilizzate e rivitalizzate preesistenti strutture antiche, come teatri, anfiteatri, circhi. A Lucca, l’anfiteatro romano venne trasformato in una piazza circondata da abitazioni fondate sulle sue arcate; a Roma, lo Stadio di Domiziano divenne, nel tempo, Piazza Navona.

Lucca, Piazza dell’Anfiteatro dopo il restauro ottocentesco.
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Veduta zenitale di Roma, con Piazza Navona, ex Stadio di Domiziano (da Google Earth).

In alcuni casi, il tessuto antico delle città venne trascurato a favore di uno nuovo, ad esso tangente: possiamo citare gli esempi di Bonn, Spira, Magonza in Germania o di Modena in Italia. Molte città, giudicate indifese o indifendibili, vennero invece del tutto abbandonate, ma con lo scopo di fondare nuovi centri, piuttosto piccoli, in posizioni più sicure o convenienti.

La storia della città altomedievale è insomma tutt’altro che priva di eventi e di sviluppi. È bene sottolineare che i fenomeni che condussero, nel corso dell’Alto Medioevo, alla nascita o alla crescita di un centro urbano non furono “spontanei” ma seguirono dei parametri molto precisi. Certo non è possibile stabilire se fosse o meno tenuto in conto quello che oggi chiameremmo il “piano regolatore”: probabilmente no. Infatti, la regolarità o l’irregolarità delle piante di questi centri urbani rispondono unicamente a princìpi estetici e criteri di opportunità propri della cultura del tempo.

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Città lineari o con una generatrice

Possiamo, molto schematicamente, individuare alcune tipologie urbanistiche molto diffuse in Europa, e soprattutto in Italia, già durante l’Alto Medioevo e destinate a grande fortuna almeno fino all’esordio del XV secolo. La prima, più semplice e maggiormente diffusa, è quella “lineare”, così chiamata perché la generatrice urbana è rappresentata da una strada. In pratica, la città, che in questo caso è sempre di piccole dimensioni, si è formata a seguito dell’allineamento di case e altre strutture architettoniche più importanti lungo un asse stradale, evidentemente in una posizione geograficamente strategica, per esempio presso un ponte o nell’ansa di un fiume. Isernia è un tipico esempio.

Schema di città lineare Isernia (ricostruzione di Alessandro Cimmino).

Non di rado, come nel caso della cittadina toscana di Stia (oggi Pratovecchio Stia), in provincia di Arezzo, al centro dell’insediamento la strada si allargava, in modo da formare una sorta di piazza cittadina.

Veduta della strada principale di Stia.

Talvolta, città lineari un po’ più grandi presentavano alcune strade secondarie parallele alla generatrice principale. È il caso di Montagnana, oggi in provincia di Padova, cittadina rettangolare fortificata attraversata da una grande arteria centrale (su cui si apriva la grande piazza con il Duomo), e alla quale si affiancavano due strade minori.

Montagnana, veduta aerea.

Poteva capitare, e ciò è molto frequente in Francia, che le strade secondarie fossero perpendicolari alla generatrice oppure parallele fra di loro ma leggermente inclinate rispetto all’asse viario principale. Questa tipologia è detta “a lisca di pesce” e ne abbiamo un chiarissimo esempio in Francavilla a Mare, cittadina abruzzese, in provincia di Chieti, di origine longobarda.

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Città a fuso e a ventaglio

Un’interessante variante della tipologia lineare è quella cosiddetta “a fuso”, nella quale, come riscontriamo nel caso di Montevarchi (Arezzo), le strade secondarie (parallele, nel centro città, alla generatrice) si congiungevano poi in prossimità delle mura, conferendo alla pianta cittadina una caratteristica forma ovaleggiante.

Montevarchi, veduta aerea.

Tale forma a fuso si ritrovava anche in alcuni centri di nuova formazione, fondati in genere su colline di forma allungata e per questo motivo detti “a fuso di acropoli”. A Chianciano, in provincia di Siena, mancò la generatrice lineare: difatti, le strade si congiungevano, da un capo all’altro del perimetro urbano, nelle due piazze principali, una con il Duomo e l’altra con il palazzo comunale, veri e propri poli cittadini con funzione dominante. Poteva invece succedere che le due dominanti architettoniche, che in questo caso diventavano generatrici del disegno urbano al posto della strada, non erano antipolari rispetto al perimetro urbano ma affiancate e che tutte le vie cittadine convergevano verso di esse “a ventaglio”. Lo verifichiamo a Cisterna di Latina, antichissimo centro laziale in provincia di Latina.

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Città a scacchiera

Quando le generatrici erano due, di uguale importanza e ortogonali fra loro, come nel caso di Castel Bolognese, in provincia di Ravenna, si originava la tipologia urbanistica “a scacchiera”, giacché le strade secondarie, parallele alle generatrici, dividevano poi lo spazio cittadino in lotti abbastanza regolari e di forma generalmente rettangolare.

Castel Bolognese, veduta aerea.

A Castel Bolognese, le generatrici prevalsero nel disegno del tessuto urbano: ma in altri contesti, come per esempio nella pugliese Manfredonia, in provincia di Foggia (che tuttavia è di un paio di secoli posteriore), ogni asse stradale ebbe la funzione di generatrice. Ne conseguì un disegno della città molto più regolare e le piazze furono ricavate semplicemente sopprimendo uno o due isolati. Interessante è il caso di Cittadella, costruita dai Padovani nel 1210-11, in cui i due assi generatori, perpendicolari fra loro, hanno uguale valore e dominano completamente il disegno urbano, creando una perfetta scacchiera che tuttavia è racchiusa all’interno di mura circolari.

Cittadella, veduta aerea.

Città radiocentriche

Lo schema urbanistico medievale sicuramente più complesso è quello radiocentrico, i cui primi esempi risalgono al IX secolo. In questo caso, un nucleo centrale, che spesso ospita una sola dominante architettonica, come il Duomo o il palazzo comunale o il castello, è circondato da cerchi di strade, piuttosto irregolari e concentrici, e conseguentemente da anelli edilizi, collegati tra loro da un dedalo di viuzze poco ordinate. Esemplifica benissimo questa particolare tipologia la cittadina pugliese di Sansevero, ancora in provincia di Foggia. Più ordinato, e verrebbe da dire controllato, era il disegno del borgo toscano di Lucignano, in provincia di Arezzo, dove il centro cittadino, che ospitava un doppio sistema di piazze con il Duomo e il palazzo comunale, presentava tre anelli edilizi concentrici di forma tendenzialmente ellittica.

Lucignano, veduta aerea.

Le repubbliche marinare

A seguito della ripresa economica, in Italia rifiorirono alcuni tra i centri marittimi più antichi, come Reggio, Bari, Trani, Brindisi, Gaeta, Napoli, Ancona, tutte città portuali che si distinsero nello scenario commerciale del Mediterraneo. Fra questi attivi centri mercantili, assunsero un ruolo di primo piano le città di Amalfi, Venezia, Pisa e Genova, le quali, grazie a una florida attività commerciale marittima, si erano rese autonome acquisendo uno straordinario prestigio.

Esse, nel tempo, vennero fregiate del titolo di Repubbliche marinare. Queste città, come i comuni, avevano un governo – repubblica oligarchica, retta dalle principali famiglie mercantili – autonomo rispetto a quelli centrali degli imperi tedesco o bizantino o del regno longobardo di cui territorialmente facevano parte; possedevano importanti flotte di navi; battevano moneta propria, accettata in tutto il Mediterraneo.

Il ruolo culturale esercitato dalle Repubbliche marinare fu importantissimo: nei loro porti arrivarono, assieme alle merci rare e preziose (introvabili in Europa), anche notizie, idee, testimonianze artistiche di altri continenti, l’Africa e soprattutto l’Asia, come non accadeva più dei tempi in cui l’Impero romano di Occidente era ancora in vita. Non a caso, sono state tutte dichiarate patrimonio dell’Unesco.

Amalfi, Venezia, Pisa e Genova

Amalfi, divenuta autonoma nel IX secolo, fu a lungo uno scalo fondamentale per le merci provenienti dall’Oriente e dirette fino a Roma. Nel X secolo era l’unica a poter competere con le grandi metropoli arabe, per grandezza, ricchezza e potenza.

Veduta zenitale di Venezia.
Un canale di Venezia.

Venezia (indipendente di fatto dall’VIII secolo, di diritto dal XII), detta la Serenissima, fu crocevia di rotte commerciali provenienti da Costantinopoli e dirette verso i paesi europei, tanto da diventare, alla fine del XIV secolo, uno degli Stati più ricchi del continente. Città lagunare di sfolgorante e suggestiva bellezza, ebbe con la capitale dell’Impero romano d’Oriente un rapporto privilegiato (e allo stesso tempo conflittuale), tanto da rimanere, in piena età romanica, un baluardo della cultura artistica bizantina sia in Italia sia in Europa.

Il Duomo di Pisa con la sua Torre.

Pisa e Genova si resero autonome dall’impero tra il X e l’XI secolo. Pisa divenne una delle città più sontuose e ricche d’Italia. Anche Genova divenne potentissima (“la Superba”, sarebbe stata nominata) e godette di una espansione urbana eccezionale. Il suo centro storico medievale, un tempo difeso da una poderosa cinta di mura (ne resta a testimonianza la magnifica Porta Soprana) è ancora oggi uno dei più grandi d’Europa ed è segnato da un vero e proprio reticolo di vicoli e stradine (dette “caruggi”).

Porta Soprana a Genova.
Un caruggio del centro storico di Genova.
Un caruggio del centro storico di Genova.


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