Puoi ascoltare il mio podcast su: Apple Podcasts | Google Podcasts | Spotify | Cos'è?
Il Ritratto dei coniugi Arnolfini, datato 1434 e firmato («Johannes de Eyck fuit hic»), è probabilmente l’opera più celebre del pittore fiammingo Jan Van Eyck (1390 ca.-1441). Si tratta del doppio ritratto di Giovanni Arnolfini, ricco mercante di Lucca trasferitosi nelle Fiandre per curare gli affari di famiglia, e di sua moglie, la cui identità non è stata ancora chiarita. I due sposi facevano parte della comunità di mercanti e banchieri italiani residenti a Bruges. Il dipinto appartenne per un certo periodo agli Arnolfini, poi entrò a far parte della collezione reale spagnola e intorno alla metà del XIX secolo fu acquistato dalla National Gallery di Londra, che ancora oggi lo espone.
L’uomo e la donna, riccamente abbigliati, sono mostrati nella loro camera da letto, descritta in ogni minuto dettaglio, mentre si rivolgono allo spettatore tenendosi per mano. Giovanni Arnolfini, dall’aspetto assai severo, sta compiendo un gesto cerimonioso con la sua mano destra, che può essere interpretato sia come saluto sia come giuramento. È assai probabile che i due stiano pronunciando la loro promessa di fedeltà matrimoniale alla presenza di testimoni.
Gli Arnolfini, infatti, non sono soli nella stanza. Un grande specchio convesso alle loro spalle riflette l’ambiente nella sua totalità e ci rivela che sono presenti altre due figure, una delle quali sarebbe lo stesso Van Eyck (che difatti si firmò asserendo di “essere stato lì”). Tale espediente geniale coinvolge l’osservatore nell’evento che si sta svolgendo, attraverso una finzione illusoria ma del tutto verosimile.
L’opera, magistrale per la sua eleganza e la minuzia di ogni particolare, ci propone una delle più belle rappresentazioni di ambiente domestico del Nord Europa. Osserviamo il muro screpolato, le tavole del bel pavimento ligneo, piuttosto larghe e poste con una connessione geometrica che serve a dare l’indicazione di una prospettiva centrale. Anche il solaio è in legno, con travi dallo stretto intervallo, disposte in senso longitudinale. Lo splendido lampadario che domina al centro ha un corpo centrale tornito e i bracci riccamente sagomati.
Il letto è a baldacchino; la tappezzeria, di un bel rosso acceso, è la stessa che fodera i cuscini sulla panchetta. L’ambiente è come ovattato, pervaso da una certa calda atmosfera familiare. A sinistra, sotto la finestra, s’intravede un mobile basso sul quale è stata posata la frutta.
La luce filtra dalla grande finestra a croce, tipica del Rinascimento del Nord, i cui vetri sono a fondo di bottiglia, connessi a piombo; i portelli inferiori lasciano intravedere il paesaggio esterno. Si osservi che, per motivi di economia, solo la parte superiore della finestra è munita di vetri; le imposte, però, si possono chiudere anche solo parzialmente, per riparare dal freddo nei giorni invernali senza lasciare la camera nella completa oscurità.
L’immagine, nonostante sia permeata da un profondo senso di quotidianità, è ricca di simboli che rimandano al vero tema affrontato dall’artista, quello del matrimonio. La donna, che ha un atteggiamento di sottomissione nei confronti del marito, raccoglie sul ventre un lembo del suo ampio vestito: gesto di buon auspicio che allude alle sue future gravidanze. Anche il colore verde dell’abito simboleggia la fertilità.
Il cane raffigurato ai suoi piedi, ben più espressivo dei due padroni, è simbolo di fedeltà coniugale. Persino la frutta simboleggia il frutto del matrimonio, dunque i figli che verranno.
L’unica candela accesa nel lampadario indicherebbe che i due sposi sono diventati una cosa sola, ma potrebbe anche essere un simbolo di Dio, presente nella vita dei due coniugi.
Perfino i semplici zoccoli di legno del marito, dalle stringhette di cuoio invecchiato, e le pantofole rosse della moglie ricordano che quel luogo è reso sacro dalla promessa coniugale: per questo gli sposi stanno umilmente a piedi nudi.