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Le conseguenze della guerra di Rubens
Un’allegoria pagana della guerra.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in Il Seicento – Data: Agosto 23, 2022 3 commenti 5 minuti
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La grande tela con Le conseguenze della guerra fu dipinta nel 1638 dal pittore fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640). Si tratta di un’opera tarda dell’artista, essendo stata realizzata solo due anni prima della morte. L’opera venne donata dallo stesso autore al pittore fiammingo e collezionista d’arte Giusto Sustermans, artista di corte dei Medici.

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Il quadro fu quindi inviato a Firenze con una lettera di accompagnamento, che descriveva il soggetto. Gli eredi di Sustermans vendettero il quadro, nel 1691, a Ferdinando dei Medici, che lo incluse nella sua collezione, e ancora oggi lo si può ammirare nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, nella Sala di Marte.

Pieter Paul Rubens, Le conseguenze della guerra, 1638. Olio su tela, 2,06 x 3,45 m. Firenze, Palazzo Pitti.

Un’allegoria pagana sulla guerra

Al centro della composizione riconosciamo Marte, dio della guerra, che avanza in preda a una volontà distruttrice, armato di spada e con l’intento di seminare morte e distruzione. Venere, sua amante, cerca invano di trattenerlo, aiutata da Eros e da una serie di amorini, mentre la Discordia, impersonata dalla furia Aletto, antica divinità della vendetta, lo incita all’odio e lo attira a sé.

Pieter Paul Rubens, Le conseguenze della guerra, 1638. Particolare con Venere, Marte, Cupido ed Europa.

Altri due mostri a fianco di Aletto (confusi fra le nubi di fumo) simboleggiano la Peste e la Carestia, flagelli che accompagnano ogni guerra. Marte, nel suo incedere, calpesta un libro aperto (la cultura) e travolge una donna con un liuto rotto in mano (la musica), un uomo con un compasso (l’architettura e quindi l’arte in generale), e una donna abbracciata a un bambino (la carità).

Pieter Paul Rubens, Le conseguenze della guerra, 1638. Particolare con la Carità e le Arti calpestate.

La giovane disperata e dalle vesti nere e strappate, che piange con le braccia al cielo alle spalle di Venere, è l’Europa, la quale, come scrisse lo stesso Rubens, «per tanti anni ha sofferto saccheggi, oltraggi e miserie». Alle spalle di Europa, il Tempio di Giano, che gli antichi Romani usavano tener chiuso in tempo di pace, mostra le sue porte drammaticamente spalancate.

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Il significato dell’opera è palese. La guerra, che l’amore non riesce a scongiurare, porta con sé ogni sorta di calamità, distrugge tutte le forme di espressione artistica e culturale, non risparmia gli inermi e gli innocenti, che anzi sono le sue vittime principali. L’Europa era sconvolta in quegli anni da un grave conflitto, la Guerra dei Trent’anni (1618-48), scoppiata in Boemia (in seguito a contrasti religiosi tra l’impero cattolico e i prìncipi protestanti) e trasformatasi in uno scontro tra le case regnanti dei Borbone e degli Asburgo, per il predominio sul continente.

Pieter Paul Rubens, Le conseguenze della guerra, 1638. Particolare con la Discordia che trascina Marte.

Rubens e il Barocco

La composizione del quadro traduce con grande efficacia il senso della furia devastatrice. Una forza dinamica, generata dalla figura di Aletto che trascina Marte, investe tutti i personaggi, obbligandoli a una forte inclinazione verso destra; le direzioni parallele delle braccia di Europa, del braccio sinistro di Marte e del braccio destro di Aletto, accompagnano con un moto cadenzato questo andamento orizzontale.

La violenza del soggetto è amplificata non solo dai gesti e dagli atteggiamenti dei protagonisti ma anche da forti contrasti cromatici e luministici, che esaltano, infatti, il significato della scena. Il corpo bianco e morbido di Venere e il cielo azzurro dietro di lei a sinistra contrastano nettamente con le membra scure e livide di Marte e Aletto e i colori foschi del cielo di quella parte che fa loro da sfondo, a destra.

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Il mantello di Marte prosegue idealmente nella veste di Venere e il rosso vivo della stoffa attraversa la tela in diagonale come un rivo di sangue. Attraverso questi espedienti artistici, così connotativi del suo stile, unitamente allo straordinario dinamismo, alla complessità della composizione, all’articolazione delle pose, Rubens elaborò un maturo modello per il linguaggio pittorico barocco che proprio in quegli anni si stava affermando.

Pieter Paul Rubens, Le conseguenze della guerra, 1638. Particolare del corpo di Venere.

Rubens e il nudo

La pittura di Rubens è particolarmente caratterizzata dai nudi femminili, in questo caso da quello di Venere. I nudi rubensiani sono caratteristici e inconfondibili, perché ben lontani dall’idealizzazione di stampo classico che l’arte rinascimentale aveva previsto per il corpo della donna. Le donne nude di Rubens sono sempre bionde e opulente e ostentano morbide forme. L’artista si compiacque nel rendere la consistenza della loro carne, la grana della loro pelle liscia e cangiante, che non è bianca né rosa perché assorbe la luce e a un tempo la riflette. Si dice che Guido Reni, pittore contemporaneo di Rubens, ammirando i nudi del collega abbia esclamato: «E che macina sangue costui ne’ suoi colori?».

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In questo dipinto, Venere ha una folta capigliatura ramata, il seno prosperoso, i fianchi larghi, caratteristiche che facevano della sua nudità un trionfo dell’abbondanza naturale e al tempo stesso un’espressione della generosità divina. Rubens fu a lungo criticato per aver dipinto donne di questo tipo; invece, esse possono essere considerate l’espressione più alta della sua arte esuberante e vitale.


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  1. Ottima recensione del famoso dipinto ..oggi più che mai attuale….ottima descrizione di Rubens…i miei complimenti all’autore

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