menu Menu
Il Cristo in trono di Santa Pudenziana a Roma
Un prezioso capolavoro paleocristiano.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in L’età altomedievale – Data: Marzo 20, 2020 1 commento 6 minuti
Da Filippo Lippi a Botticelli: la fortuna della “lippina” Articolo precedente Van Gogh, passione e tormento Prossimo articolo

Versione audio:

La Chiesa di Santa Pudenziana si trova in prossimità della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma e risale al IV secolo, anche se oggi non ha più l’aspetto originario. Secondo la tradizione, fu edificata sulla domus, ossia la casa, di Pudente, il quale avrebbe ospitato san Pietro durante la sua permanenza a Roma. Le due figlie di Pudente, Pudenziana e Prassede (sulla cui reale esistenza gli storici avanzano qualche dubbio), sarebbero state poi martirizzate al tempo delle persecuzioni di Antonino Pio, a metà del II secolo.

Cristo in trono, fine IV sec. Mosaico. Roma, Basilica di Santa Pudenziana, catino absidale.

Un antico mosaico

Il mosaico absidale con Cristo in trono è uno dei più antichi dell’intero periodo paleocristiano: l’opera, infatti, risale al 390 circa. Rappresenta Cristo, circondato dagli apostoli (un tempo a figura intera) e da due donne che tengono una corona in mano. Una parte del mosaico fu distrutta nel XVI secolo: due apostoli furono cancellati (infatti ne sono rimasti solo dieci) e anche un agnello, che si trovava proprio sotto al Cristo, fu eliminato. Alcune figure di apostoli che si trovavano nella parte destra furono intaccate e il mosaico caduto fu sostituito da un affresco che riproduceva quanto era andato perso. La rimosaicazione attuale risale al XIX secolo ed è frutto dell’intervento di Vincenzo Camuccini.

Leggi anche:  Il Cristo Pantocratore
Cristo in trono di Santa Pudenziana, fine IV sec. Particolare con il Cristo e la Gerusalemme Celeste sullo sfondo.

Il Cristo

Cristo, vestito di tunica e pallio dorati, è seduto al centro della composizione. Il trono su cui è assiso trova un probabile riscontro nei primi esempi di cattedra vescovile (il sedile destinato al vescovo); è in pietra, riccamente decorato, imbottito di cuscini e stoffe preziose color porpora e conferisce al Redentore una dignità imperiale. Gesù ha i capelli sciolti sulle spalle, una folta barba e ha il capo circondato dall’aureola (l’unico fra tutti i personaggi); in mano, tiene un libro aperto sul quale si legge «dominus conservator ecclesiae pudentianae». Questa particolare figura di Cristo in trono circondato dagli apostoli sembrerebbe sommare in una sola le tre più diffuse iconografie paleocristiane di Gesù: quella del Cristo-docente, quella del Cristo-filosofo e quella del Cristo-re.

Cristo in trono di Santa Pudenziana, fine IV sec. Particolare del Cristo.

Gli altri personaggi

Alle spalle di Gesù campeggia il Golgota, la collina in cui fu crocifisso, con una grande croce splendente e gemmata, sullo sfondo di un cielo azzurro al tramonto, carico di nuvole. Tutte le figure appaiono distribuite davanti a un portico curvilineo, rappresentato in prospettiva elementare, che nasconde in parte i monumenti della Gerusalemme Celeste. Controversa è l’identificazione delle due figure femminili, che secondo alcuni studiosi sarebbero Pudenziana e sua sorella Prassede, le due figlie di Pudente.

Più verosimilmente, potrebbero essere le allegorie della Chiesa nata dall’ebraismo (ecclesia ex circomcisione) e di quella nata dal paganesimo (ecclesia ex gentibus), che difatti incoronano, rispettivamente, Pietro e Paolo. Si noti come i due apostoli più importanti presentino caratteri fisionomici ben definiti e destinati a rimanere sostanzialmente invariati: Pietro è brizzolato e porta barba e capelli corti; Paolo è bruno e quasi calvo e ha una lunga barba nera.

Leggi anche:  L’importanza dei gesti nell'arte
Cristo in trono di Santa Pudenziana, fine IV sec. Particolare con la Chiesa ex gentibus che incorona San Paolo.
Cristo in trono di Santa Pudenziana, fine IV sec. Particolare con la Chiesa ex circomcisione che incorona San Pietro.

Il Tetramorfo

In alto, nel cielo, si scorge una delle più antiche rappresentazioni del Tetramorfo, una particolare raffigurazione iconografica cristiana composta da quattro figure, ossia i quattro Viventi dell’Apocalisse (l’angelo, il leone, il bue e l’aquila) associati agli evangelisti, ossia agli autori dei quattro Vangeli canonici: Matteo, Marco, Luca e Giovanni (così chiamati perché evangelista, in greco, significa ‘colui che porta la buona notizia’). I “quattro esseri viventi” dotati di ali che costituiscono il Tetramorfo sono citati nell’Apocalisse accanto al trono dell’Altissimo: «il primo di essi è simile a un leone, il secondo è simile a un vitello, il terzo ha la faccia che sembra quella di un uomo e il quarto è simile ad aquila che vola» (Apocalisse 4, 7-8).

Cristo in trono di Santa Pudenziana, fine IV sec. Veduta laterale con le figure dell’angelo, del leone e del bue.

I simboli

Fu Ireneo di Lione nel 180 d.C. a osservare che queste figure richiamano aspetti che caratterizzano la figura di Cristo. In particolare, l’angelo è simbolo di incarnazione ed è associato a Matteo, il cui Vangelo inizia con l’apparizione di un angelo. Il leone è simbolo di regalità ed è associato a Marco, perché il suo racconto inizia con la predicazione del Battista, la cui voce risuonava nel deserto come un ruggito. Il bue, simbolo di sacrificio, è associato a Luca, che inizia il suo Vangelo dall’annuncio a Zaccaria nel tempio, dove si sacrificavano buoi e pecore. Infine, l’aquila, simbolo dello Spirito che sorregge la Chiesa, è associata a Giovanni, il cui Vangelo ha una visione maggiormente teologica e contiene parole dalla forte carica trascendentale.

Leggi anche:  Edifici e mosaici Arabo-normanni in Sicilia
Cristo in trono di Santa Pudenziana, fine IV sec. Particolare della croce gemmata con il leone e il bue.

La presenza del Tetramorfo e il riferimento all’Apocalisse potrebbero indicare che il contesto della scena raffigurata dal mosaico è posteriore alla fine del mondo e che quindi Gesù assumerebbe anche il ruolo di giudice finale in Paradiso. L’opera, insomma, simboleggia il traguardo di un percorso salvifico e non a caso è stata concepita per decorare proprio l’abside, posta nella parte terminale della chiesa-edificio (che va intesa come simbolo del mondo terreno).

La vivacità della scena

Il mosaico di Santa Pudenziana, risalendo al IV secolo, presenta dei caratteri stilistici ancora legati al naturalismo di stampo classico. La scena, nonostante sia di natura celebrativa, è infatti dotata di una certa vivacità, la sua composizione è articolata e di concezione prospettica, le varie figure hanno volti e pose un po’ differenziati e mostrano consistenza volumetrica. Di lì a pochi anni, questo residuo naturalismo sarebbe stato abbandonato. Già nel V secolo, le figure sacre avrebbero assunto una valenza rigorosamente simbolica e sarebbero state presentate ai fedeli come entità spirituali, mostrate frontalmente contro uno sfondo uniforme e dorato. Nelle rare presentazioni di ambienti architettonici o urbani, invece, la prospettiva sarebbe stata ignorata.

Chiesa di Santa Pudenziana a Roma. Veduta della zona absidale con il mosaico del Cristo in trono.

Basilica di Santa Pudenziana L’età paleocristiana e bizantina Mosaico


Articolo precedente Prossimo articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Annulla Invia commento

  1. Le due donne potrebbero essere sì le martiri Pudenziana e Prassede, le figlie di Pudende, e le corone che portano in mano sono le corone che si assegnavano ai martiri (cf. la Basilica dei Santi Quattro Coronati). Dietro c’è Golgota, con la croce gemmata messa lì dall’Imperatore Teodosio nel 385. Alle spalle di Cristo si riesce ad individuare due elementi della Chiesa del Santo Sepolcro fatta costruire da Costantino, consacrata nel 335: a sinistra l’Anastasis e a destra il Martyrium.

keyboard_arrow_up