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Nel corso della sua lunga carriera, Giotto (1267-1336), il più importante pittore del Trecento italiano, ebbe modo di affrontare in più occasioni il soggetto del Cristo crocifisso. Lo fece sia dipingendo alcune magnifiche croci lignee, come ad esempio il Crocifisso di Santa Maria Novella a Firenze, sia orchestrando scene più articolate, con Gesù in croce e altri personaggi che circondano il patibolo. Le Crocifissioni giottesche, alcune certamente di sua mano, altre solo attribuite, vennero dipinte sia ad affresco, a Padova e ad Assisi nei primi anni del Trecento, sia su tavola nella fase tarda della sua vita. Le Crocifissioni di Giotto.
La Crocifissione degli Scrovegni è un affresco che Giotto dipinse a Padova, fra il 1303 e il 1305, nella Cappella degli Scrovegni. Fa parte del ciclo della Vita di Cristo e si trova nel registro centrale inferiore della parete sinistra, guardando verso l’altare.
Cristo, inchiodato alla croce, occupa il centro della scena e si staglia contro lo sfondo uniforme del cielo blu oltremare, conservatosi in discrete condizioni. Il suo corpo, come già nel Crocifisso di Santa Maria Novella, di alcuni anni precedente, è credibile sia nelle proporzioni, sia nell’anatomia, sia nella posizione, e appare come un nudo quasi integrale, per effetto della trasparenza del panno che gli cinge i fianchi. Le Crocifissioni di Giotto.
Giotto oramai aveva definitivamente e irreversibilmente abbandonato l’iconografia duecentesca del Christus Patiens, cui ancora il suo maestro Cimabue si era mantenuto legato, scegliendo di rappresentare un vero uomo che sta subendo il supplizio del patibolo.
In alto, un gruppo di dieci piccoli angeli disperati volteggia come uno stormo di uccelli impazziti, esprimendosi in una variegata casistica di gesti: alcuni si stracciano le vesti, altri sollevano le braccia, altri ancora raccolgono dentro calici il sangue che sgorga dalle ferite di Cristo (le mani inchiodate e il costato trafitto).
In basso, Maria Maddalena dai lunghi capelli sciolti, devotamente inginocchiata, bacia i piedi del Redentore e con una ciocca bionda gli deterge il sangue. A sinistra, Giovanni e una donna sostengono la Madonna, ammantata di blu cielo, prossima a svenire perché schiacciata dal dolore.
A destra, i soldati si stanno contendendo la veste di Cristo, rossa e bordata d’oro. Quest’ultima scena, secondo i Vangeli, si svolse mentre Gesù era ancora vivo ma era consuetudine consolidata renderla contemporanea alla morte di Cristo. Il centurione, già dotato di aureola perché aveva riconosciuto Dio, indica agli altri il corpo del Crocifisso e pare pronunciare le parole di Luca: «Veramente quest’uomo era giusto». Le Crocifissioni di Giotto.
«Destra e sinistra, buoni e cattivi; ma fra questi ultimi c’è uno che Lo riconosce e Lo annuncia: non dualismo manicheo, non fatalistica predestinazione, ma sempre libertà di tradire (il Bacio di Giuda, lì di fronte) e libertà di riconoscere e cambiare (come qui il centurione)» (R.Filippetti).
La croce è piantata sul monte Calvario, mostrato come una piccola cresta rocciosa, aperta da una fenditura in cui si intravedono un piccolo teschio e alcune ossa. Questo particolare iconografico, presente anche nelle sue croci dipinte, vuole sia ricordare che Calvario (Golgota in aramaico) vuol dire “luogo del cranio” sia richiamare un’antica leggenda secondo la quale la croce di Cristo venne piantata proprio sul luogo di sepoltura di Adamo. Poiché Adamo era stato il primo uomo nonché l’artefice del Peccato Originale, Cristo, Nuovo Adamo, bagnando con il suo sangue quelle ossa compie la propria missione salvifica, per la quale si è incarnato ed è morto.
Dopo aver ultimato gli affreschi di Padova, Giotto tornò, intorno al 1306, ad Assisi, per lavorare, con la sua bottega, nella Basilica inferiore: prima alla Cappella della Maddalena, poi alle Allegorie francescane – nella volta a crociera sopra l’altare maggiore – e infine alle Storie dell’infanzia di Cristo e alla Crocifissione con santi francescani (posta a sinistra della Maestà di Cimabue), sulla volta a botte del transetto destro.
Gli studiosi sono concordi nel giudicare tutti questi affreschi prevalentemente opera di bottega, giacché Giotto, che aveva raggiunto dopo la Scrovegni l’apice della fama, tendeva a delegare ai propri collaboratori la fattiva realizzazione delle opere commissionategli. Tuttavia, è opinione diffusa che proprio nella Crocifissione, che è la scena più importante di questi nuovi cicli, l’artista sia intervenuto personalmente alla stesura dell’affresco, senza limitarsi a consegnare i disegni. Le Crocifissioni di Giotto.
La composizione è chiaramente derivata da quella padovana, presa a modello. Sullo sfondo blu oltremare si staglia il Cristo crocifisso, con la Maddalena inginocchiata ai suoi piedi, in adorazione. Otto angeli volteggiano nel cielo e anche in questo caso tre di loro raccolgono il sangue di Gesù.
Maria, vestita di bianco e assistita da alcune donne, è crollata per terra; Giovanni, in questo caso, non soccorre la Madre ma resta in piedi, con le mani strette, a contemplare piangente il corpo di Cristo. A destra, pagani ed ebrei mormorano fra loro voltando le spalle, anche fisicamente, al Messia.
Prendono parte alla scena, in modo anacronistico da un punto di vista storico e con intento puramente simbolico, alcuni francescani, tra cui San Francesco, dotato di aureola e prossimo alla croce, con le mani levate, e San Bonaventura, che di Francesco era stato il biografo ufficiale. Il frate al centro non è stato riconosciuto ma il suo volto è così caratterizzato, fisicamente, da trattarsi certamente di un ritratto.
Tre piccole tempere su tavola con scene di Crocifissione sono riconducibili a Giotto o quanto meno alla sua bottega.
La cosiddetta Crocifissione di Berlino, databile al 1320 circa e oggi conservata nella capitale tedesca, venne assegnata a Giotto dal grande storico dell’arte novecentesco Roberto Longhi e, data l’autorevolezza dello studioso, tale attribuzione è tendenzialmente accettata.
Un Cristo magrissimo, con la sua croce, si innalza al centro, contro uno sfondo oro uniforme. L’iconografia giottesca è oramai codificata. Ritroviamo, dei più grandi e autorevoli modelli degli affreschi, il motivo degli angeli in volo, la Maddalena vestita di rosso inginocchiata ad abbracciare la croce, la Madonna vestita di blu, semisvenuta e sorretta da Giovanni, gli ebrei sulla destra. Compaiono, sullo sfondo, i soldati romani che si accalcano. La folla è tagliata sia alla destra sia alla sinistra della tavola, uno stratagemma già utilizzato da Giotto, in modo da suggerire una espansione laterale della scena. Delizioso il dettaglio della bambina che guarda la Vergine con apprensione. Le Crocifissioni di Giotto.
La Crocifissione di Strasburgo è invece conservata nell’omonima città. Anche questa tavola venne attribuita al maestro da Roberto Longhi. Più essenziale della omologa di Berlino (e anche più piccola), presenta poche figure contro uno splendente fondo oro. Faceva probabilmente parte di un dittico. Cristo, filiforme come nella Crocifissione di Berlino, è circondato da soli sei angeli evanescenti, che punteggiano il fondo oro come farfalle colorate.
Maddalena abbraccia la croce. Maria sviene tra le braccia di due donne. Giovanni, in questo caso, è posto isolato sulla destra e porta la mano sulla guancia, nel tipico gesto del dolente. Alle sue spalle si trova la folla degli ebrei. Sullo sfondo, i cavalli dei soltati sono tratteggiati con grande efficacia e vivacità.
La Crocifissione di Monaco fa parte di un gruppo di Sette tavolette con storie di Gesù attribuite a Giotto e datate fra il 1320 e il 1325. Conservate in vari musei del mondo, erano probabilmente parte della predella di un polittico, poi smembrato, o forse facevano parte di un polittico costituito da un insieme di piccoli pannelli quasi quadrati che narravano le Storie della Vita di Cristo. La tavoletta con la Crocifissione è oggi conservata a Monaco.
La presenza, sotto la croce, di San Francesco, prostrato ai piedi di Gesù al posto della Maddalena (impegnata a sorreggere la Madonna), riporta chiaramente a un contesto francescano e difatti Longhi ipotizzò che il polittico smembrato potesse, in origine, trovarsi nella Basilica di Santa Croce a Firenze, dove Giotto e i suoi più stretti collaboratori lavorarono a lungo. Si notano, inginocchiati sotto la croce, un uomo e una donna in abiti civili del Trecento, da identificare con i committenti dell’opera. Le Crocifissioni di Giotto.
Complimenti per il vostro Blog. Interessante l’impostazione e le presentazioni brevi e precise.