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Nel 1508, il pittore urbinate Raffaello Sanzio si trasferì a Roma da Firenze. Era stato chiamato da papa Giulio II che aveva appena avviato i lavori per la decorazione dei suoi nuovi appartamenti, al secondo piano del Palazzo Vaticano. Il pontefice incaricò Raffaello di affrescare un ambiente destinato a diventare biblioteca e studio privato, poi chiamato Stanza della Segnatura perché ospitò la Signatura gratiae et Iustitiae, una sezione del supremo Tribunale della Curia.
L’assetto iconografico complessivo della Stanza della Segnatura (che Raffaello realizzò interamente in due anni, terminandola nel 1511) è legato alla sua originaria funzione di biblioteca. L’artista vi propose una difficile sintesi fra il pensiero antico e quello cristiano moderno, attraverso l’esaltazione di concetti quali il “vero spirituale” (Disputa del Sacramento), il “vero razionale” (Scuola di Atene), il “bello” (Il Parnaso) e il “bene” (Le Pandette di Giustiniano e i Decretali di Gregorio IX).
Si trattava dunque delle allegorie delle quattro facoltà universitarie del Medioevo ossia la Teologia, la Filosofia, la Poesia e la Giurisprudenza.
La Disputa del Sacramento fu il primo degli affreschi realizzati da Raffaello per la Stanza della Segnatura. Questo particolare soggetto illustra il mistero essenziale della fede cristiana, ossia la presenza concreta e totale di Cristo nell’ostia consacrata, traducendo un complesso concetto teologico in forme immediatamente comprensibili.
Il titolo dell’opera deriva da una errata interpretazione della descrizione di Vasari, secondo il quale i personaggi della scena “disputano” (cioè discutono) intorno al mistero della presenza di Dio nella materia, cercando di comprenderlo e di spiegarlo. In realtà, i santi e i dottori della Chiesa non stanno realmente disputando: al contrario, essi accolgono, con la loro gestualità ampia e sicura, l’evidenza del dogma (l’eucarestia, appunto), che avevano accettato con un atto di fede e teorizzato nei loro scritti. Per questo motivo, il titolo più appropriato per l’affresco sarebbe Il Trionfo dell’Eucarestia.
Nella Disputa del Sacramento, la scena, dall’impianto monumentale, si svolge su due livelli sovrapposti: la Chiesa trionfante, in alto, e la Chiesa militante, in basso. Le figure, presentate a grandezza quasi naturale, occupano l’ampia parete distribuendosi in modo da creare un potente effetto tridimensionale. Poiché a destra una porta interrompeva l’uniformità della superficie a disposizione, l’artista, per mantenere la simmetria della composizione, introdusse a sinistra una balaustra in pietra, cui si appoggiano alcune figure. La zoccolatura ad affresco fu realizzata successivamente, nel XVI secolo su incarico di papa Paolo III, in sostituzione dell’arredo originale in legno che risaliva ai tempi di Giulio II. Questa nuova decorazione cinquecentesca alterna alcuni riquadri in finto legno a figure a finto rilievo.
In alto, la Chiesa trionfante vede protagonista la Trinità, accompagnata da angeli, profeti e santi seduti su scranni. Dio Padre è circondato da una vastissima ruota di raggi dorati con due gruppi di tre grandi angeli e uno sciame di angioletti. Cristo siede al centro di un emiciclo di nuvole, circondato da una grande aureola luminosa con serafini e cherubini, ed è affiancato dalla Vergine, da san Giovanni Battista e da altre figure del Vecchio e del Nuovo Testamento: da sinistra san Pietro, Adamo, Giovanni Evangelista, David, santo Stefano e il profeta Geremia.
Continuando, a destra, riconosciamo Giuda Maccabeo, eroe della ribellione ebraica contro l’oppressione siriana, san Lorenzo, Mosè, con le tavole della Legge, un apostolo, che gli studiosi non hanno ancora identificato con sicurezza, Abramo e san Paolo. Ai piedi di Gesù vola lo Spirito Santo, in forma di colomba, fra quattro angeli che tengono i Vangeli.
Nella Chiesa militante, alcuni personaggi hanno le fattezze di uomini contemporanei all’artista che “interpretano” un altro ruolo: è il caso dell’architetto Bramante e di Francesco Maria della Rovere. Riconosciamo san Gregorio Magno e san Gerolamo. Il Beato Angelico, accovacciato a sinistra dell’altare, è certamente presente per la sua riconosciuta devozione.
A destra dell’altare troviamo sant’Ambrogio, con lo sguardo rivolto verso l’alto, san Tommaso d’Aquino, che si volta alla sua sinistra, san Bonaventura, intento a leggere. Il pontefice in piedi, in primo piano, potrebbe essere Sisto IV, committente della Cappella Sistina. Anche a Dante Alighieri, autore della Divina Commedia, è riservato un posto tra i teologi.
Alle spalle del gruppo si apre un disteso paesaggio. Una grande chiesa in costruzione potrebbe alludere alla ricostruzione della nuova Basilica di San Pietro. Il grosso blocco marmoreo potrebbe essere la “pietra angolare” su cui Cristo edificò la sua Chiesa.
Il centro della scena è segnato da un asse ideale verticale, che poi è anche asse di simmetria dei due emicicli formati dalla Chiesa trionfante e dalla Chiesa militante. Lungo l’asse verticale si allineano, dall’alto, Dio, Cristo, lo Spirito Santo e l’ostia consacrata, simbolo della presenza di Cristo sulla Terra. L’ostia è contenuta in un ostensorio e la sua forma circolare è ripresa e amplificata prima dalla luce dello Spirito, quindi da quella di Cristo e infine da quella di Dio Padre. L’ostia costituisce, inoltre, il vero e proprio punto focale della scena, giacché verso di essa convergono tutte le linee prospettiche del pavimento e delle scale.