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Nel corso del XV secolo, il pittore francese Jean Fouquet (1420 ca.-1480 ca.) occupò in Europa una posizione di primo piano, soprattutto grazie ai suoi rapporti con l’arte italiana e con quella fiamminga, che lo caratterizzarono come importante mediatore fra le due culture.
Fondendo la prospettiva italiana, il chiaroscuro nordico e il metodo fiammingo che permetteva di modellare spazio e volume attraverso la luce, Fouquet propose una sintesi originale fra le diverse tradizioni stilistiche, conciliandole attraverso una raffinata sensibilità di chiara matrice francese. Fouquet fu anche uno stimato e abile miniatore rinascimentale, come testimoniano le sue molte miniature conservate in numerosi musei.
Fouquet nacque a Tours e risiedette in Italia fra il 1442 e il 1447, conquistandosi evidentemente una certa fama se lo scultore e architetto Filarete volle citarlo fra gli artisti che avrebbero dovuto lavorare nella sua città ideale, Sforzinda. Filarete definì Fouquet un «buono maestro, maxime de ritrarre del naturale. Il quale fe a Roma papa Eugenio e due altri de’ suoi appresso di lui; che veramente parevano vivi proprio». Abitò probabilmente a Roma, a Napoli e a Firenze, dove in quel periodo operavano l’Angelico, Domenico Veneziano e il giovane Piero della Francesca. Tornato a Tours, divenne artista di corte per Carlo VII ed è ancora citato nel 1475 come “pittore del re”.
Fouquet realizzò alcuni magnifici dipinti su tavola; tra questi va ricordato soprattutto il Dittico di Melun, dipinto intorno al 1455 per la collegiata di Notre-Dame della città omonima, a cinquanta chilometri da Parigi. Le due parti del dittico, oggi conservate in due differenti musei, erano collegate da una rispondenza geometrica: le figure sono infatti idealmente racchiuse in un semicerchio. Tuttavia, al confronto diretto, risultano talmente differenti nella concezione da apparire come opere totalmente autonome.
Il pannello sinistro mostra il committente, Étienne Chevalier, ministro e tesoriere di re Carlo VII, presentato alla Vergine da Santo Stefano, il primo martire della Cristianità. Il santo poggia la mano destra sulla spalla del devoto, dimostrando di voler intercedere per lui, mentre con la mano sinistra tiene un libro, sul quale è posata una grossa pietra aguzza, simbolo del suo martirio per lapidazione (si noti la ferita ancora sanguinante sulla testa).
Chevalier, d’altro canto, è inginocchiato di fronte alla Vergine con le mani giunte, nel gesto classico di chi sta pregando. Il solido plasticismo delle due figure rimanda apertamente a modelli italiani; anche l’architettura che fa da sfondo ai due uomini, con i pilastri e le specchiature marmoree mostrate in prospettiva, si ispira alla pittura italiana del Quattrocento.
Nel pannello destro, la Vergine è seduta su un ricchissimo trono di marmo magnificamente ornato, con i pomelli di onice tempestati di perle, su cui si riflette una finestra lontana. Maria, che ha il capo coperto da un sottilissimo velo, è incoronata da un prezioso diadema; tiene in braccio il Bambino ed è circondata da angeli rossi e azzurri.
L’immagine di questa Madonna nordica, così metafisica, è un mirabile esempio di stilizzazione fiamminga, per certi versi estraneo al naturalismo umanistico del Rinascimento italiano, ben testimoniato dai personaggi terreni del pannello sinistro.
Le figure sacre appaiono infatti irreali: la Madre ed il Bambino sembrano intagliati nell’avorio, il seno scoperto della Vergine, pronta ad allattare il figlio, è trattato geometricamente come una sfera; gli angeli rossi e turchini, simboli del giorno e della notte, sono pure presenze spirituali che riempiono lo sfondo, intessendo, come in un arazzo, una ricca superficie policroma.
È stato ipotizzato che questa algida ma sensuale Madonna abbia le sembianze di Agnès Sorel, amatissima amante del re Carlo VII, morta assai giovane, a soli 28 anni, nel 1450. Agnès, celebre per la sua bellezza, era stata una donna molto ricercata ed elegante, capace perfino di influenzare la moda dell’epoca, grazie ai suoi capelli rasati sulla fronte e agli abiti del suo ricco guardaroba, segnati dalle ampie scollature.