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Di Jan Vermeer (1632-1675), olandese di Delft, le notizie biografiche sono piuttosto scarse, così come le opere di attribuzione certa. Iscritto alla gilda dei pittori di Delft dal 1653, egli si accostò in un primo tempo ai caravaggisti di Utrecht, rivolgendo quindi il suo interesse all’arte di Rembrandt. Le donne di Vermeer.
A casa Vermeer
Vermeer è considerato il maggior esponente della pittura di genere del Seicento olandese. Nei suoi piccoli quadri d’interni, egli seppe cogliere come pochi gli aspetti più intimi e quotidiani della vita borghese; attraverso la meditata costruzione delle forme e un uso magistrale della luce, pervenne a immagini pervase da una grande ricchezza emotiva. Le sue opere sono tutte famosissime e di eccezionale qualità. Vermeer amò dipingere soprattutto ciò che lo circondava, variando e accostando liberamente i personaggi, gli abiti, gli oggetti, gli spazi che facevano parte del suo universo domestico.
Il ritrovamento negli inventari di beni ed effetti personali appartenuti alla famiglia di Vermeer ha consentito agli studiosi di riconoscere, nelle opere dell’artista, molti frammenti del suo mondo privato: per esempio, una giacca di seta gialla bordata di pelliccia, indossata da molte sue figure femminili, e poi gioielli, sedie, tavoli, quadri, carte geografiche. Sappiamo che il pittore lavorava in casa, in uno studio ricavato nel piano più alto della sua abitazione. Qui aveva allestito una sorta di set cinematografico dove, sempre nel medesimo angolo, spostava mobili, posizionava oggetti e faceva posare le sue modelle, generalmente la moglie e la figlia maggiore, forse alcune domestiche. Con piccole varianti, in quasi tutte le sue opere riconosciamo, per esempio, la grande finestra sulla sinistra che inonda di luce la camera.
Vermeer era un metodico. Non gli interessava la varietà, in fondo lui dipinse per tutta la vita varie declinazioni del medesimo soggetto. In questo, a ben pensarci, fu modernissimo, anticipando una consuetudine che fu propria soprattutto degli artisti, anche informali, del Novecento.
Senza dubbio, aprendoci le porte della propria casa, Vermeer «ha voluto consentirci di giungere più vicini al suo universo espressivo e di cogliere la fragranza del suo mondo interiore: il sereno equilibrio che spira da ogni oggetto è quello della grande tradizione fiamminga, recuperata senza ostentazione» (S. Danesi Squarzina). Una tradizione, tuttavia, che riesce magistralmente a varcare i confini del contesto storico e culturale. Nelle protagoniste delle serene scene domestiche di Vermeer possiamo riconoscere gli adulti della nostra infanzia, come le mamme e le nonne, che quei gesti compivano allo stesso modo, o, al limite, perfino noi stessi. A dimostrazione che spesso la pittura punta a raccontare il cuore dell’uomo, indipendentemente dagli abiti e dagli arredi passati oramai di moda.
Donne che si ingioiellano
Attento conoscitore dell’animo femminile, Vermeer amò rappresentare soprattutto giovani donne colte nell’intimità della propria casa. Donne che si ingioiellano, che scrivono o leggono una lettera, che suonano uno strumento musicale. Donne di cui, evidentemente, Vermeer esalta l’autonomia intellettuale, liberandole dal ruolo esclusivo di mogli, madri e angeli del focolare domestico. E anche quando sono mostrate mentre svolgono faccende di casa, le donne di Vermeer non sembrano patirne il peso. Emerge, dai loro gesti, il piacere dell’accudimento o il compiacimento per la qualità del lavoro svolto.
Sua modella prediletta fu la moglie, Catharina Bolnes, da cui l’artista ebbe undici figli. È lei, quasi certamente, la donna vestita di giallo che riconosciamo in alcuni dipinti come Donna con collana di perle. Una bella signora elegantemente abbigliata si sta allacciando una collana di perle al collo, aiutandosi con un piccolo specchio appeso davanti a lei, accanto alla finestra che le illumina il viso. La donna, soddisfatta della sua vita agiata e di cui si coglie l’evidente compiacimento, indossa anche due vistosi orecchini di perla, gli stessi che ritroviamo alle orecchie di una misteriosa ragazza, la protagonista de La ragazza con l’orecchino di perla, che forse è diventato il dipinto più famoso dell’artista. Per la cronaca, qualcuno sostiene che quelle degli orecchini non sono perle, sarebbero troppo grosse e costose, ma grossi ciondoli di vetro. Insomma, si tratterebbe di precoci esempi di bigiotteria. Ma poco importa.
La casacca bordata di ermellino, che la luce del giorno illumina creando suggestivi effetti cromatici, ricompare nella Suonatrice di liuto e nella Donna che scrive una lettera. Sul tavolo in primo piano notiamo oggetti per la toeletta, tra cui un piumino da cipria e un catino di porcellana. Il pesante drappo scuro buttato lì quasi a caso e il grande vaso cinese con coperchio rendono la scena otticamente equilibrata ed esaltano, per contrasto, la figura illuminata della donna. Originalissimo il taglio della sedia a destra, che oggi definiremmo fotografico ma il pittore non poteva saperlo. O in parte sì, dato che faceva uso della camera ottica, che della macchina fotografica è considerata la remota antenata. Certo è che composizioni di questo tipo le ritroveremo duecento anni dopo, con gli impressionisti.
La Donna che pesa le perle (o Pesatrice di perle o Donna con una bilancia) è mostrata nello stesso angolo e quasi nella stessa posizione. Lo specchio è sempre lì, come il tavolo e il drappo. Anche la tenda gialla alla finestra, che stavolta è accostata. La parete sul fondo è invece arricchita da un grande quadro, con un Giudizio Universale. La donna, in piedi accanto al tavolo, tiene in equilibrio un bilancino e pesa qualcosa. Siccome sul tavolo scorgiamo un cofanetto aperto da cui fuoriescono alcuni fili di perle, immaginiamo che stia pesando proprio delle perle. In verità, il dettaglio non è, in questo senso, inequivocabile. Anzi, i due piattini del bilancino sembrano proprio vuoti. Forse, la donna si sta solo accingendo a pesare i suoi gioielli. Le donne di Vermeer.
La signora è vestita di giallo e indossa una casacca blu bordata di pelliccia bianca. Il ventre prominente lascia intendere che sia in dolce attesa. Anche in questo caso reputiamo che il personaggio ritratto sia la moglie dell’artista, regolarmente incinta.
Si è soliti cercare significati allegorici in dipinti come questo: quello, ad esempio, della Vanitas. A che serve compiacersi dei beni terreni (i gioielli) quando c’è poi il Giudizio di Dio pronto a valutare le nostre azioni sulla terra? Anche la bilancia, in fondo, è simbolo di giudizio. Tuttavia, benché non si possa affatto escludere che, per rendere le sue opere più commerciabili, Vermeer usasse nobilitarle con rimandi allegorici, è abbastanza improbabile che l’artista si ponesse come scopo primario quello di affrontare temi di natura etica.
Donne che leggono o scrivono
Un tema privilegiato da Vermeer fu quello della donna che scrive o legge una lettera. Non è esplicito, eppure non si hanno dubbi nell’interpretare quei gesti come profondamente privati. Talvolta, percepiamo che quelle missive sono messaggi d’amore e fanno da legante psicologico dell’intera composizione. «Come sempre, Vermeer esprime molto, proprio in quanto dice il meno possibile: i suoi personaggi sono come i volti dei grandi attori, distesi, senza smorfie, senza compiacimenti; la recitazione è solo apparentemente naturalistica, in realtà epica; il gesto semplice e sicuro» (S. Danesi Squarzina).
Nella Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica, la protagonista è seduta a un tavolo coperto da un pesante tappeto orientale, come si usava all’epoca nelle case eleganti. Accanto a lei, una domestica attende che la signora finisca di scrivere la sua missiva, per poi consegnarla al destinatario, e nel frattempo, presa dai suoi pensieri, sbircia sorridente fuori dalla finestra. La padrona invece è nervosa, ha già buttato una brutta copia per terra e si accinge a riscrivere con fare risoluto.
Il quadro appeso alla parete di fondo illustra il Ritrovamento di Mosé e probabilmente apparteneva all’artista, dato che lo ritroviamo (ma più piccolo) in un altro suo dipinto, L’astronomo. Una grande sedia imbottita e foderata di velluto verde è posta in primo piano e tagliata in parte dal bordo della tela.
Nella Donna che scrive una lettera di Washington, invece, la donna è sola, e decisamente più di buon umore. In questo caso si tratta esplicitamente di Catharina, perché è presente tutto il repertorio dei suoi privati attributi iconografici: la casacca gialla con il bordo di ermellino, la collana di perle, gli orecchini di perla. Catharina sospende la scrittura e guarda verso di noi, quasi l’avessimo distratta con una domanda. In realtà, possiamo anche immaginare il marito presente nella stanza, oppure che, semplicemente, il suo sguardo sia perso nel vuoto, come per mettere meglio a fuoco un pensiero sospeso. Le donne di Vermeer.
Nella Donna che legge una lettera davanti alla finestra, la protagonista è, questa volta, intenta a leggere una missiva. In piedi, davanti alla finestra aperta che fa entrare la luce del mattino, è totalmente concentrata sulle parole del foglio. Il suo volto si riflette debolmente sui vetri dell’infisso. Compare, in questo dipinto, la soluzione inedita di una grande tenda verde ad anelli, tenuta da un’asta. È simile a un sipario appena aperto. Abbiamo quasi la sensazione di essere stati noi a compiere il gesto di aprirla, per sbirciare in modo inopportuno e disturbare quel suo momento di intimità.
Il tavolo è, come di consueto, coperto da un pesante tappeto orientale di lana, non del tutto disteso, tanto che il bacile di metallo si inclina e ne cade parte della frutta. La sedia nell’angolo, con lo schienale rivestito di cuoio, le borchie e gli elementi leonini intagliati, è la stessa della Donna che scrive una lettera di Washington.
Una delicata variante è Donna in azzurro che legge una lettera. Qui la donna è in uno stato avanzato di gravidanza e indossa una giacca azzurra. Anche le sedie sono foderate di blu e perfino le ombre sulla parete bianca creano effetti azzurrognoli. Vermeer anticipa ancora una volta soluzioni che poi sarebbero state adottate degli impressionisti, mentre l’atmosfera di malinconica sospensione, resa percepibile e concreta dalle molte sfumature di blu presenti nel dipinto, fa venire alla mente alcuni capolavori del primo Picasso.
L’inquadratura, rispetto ai canoni di Vermeer, è lievemente spostata verso destra. La finestra, infatti, non è visibile ma se ne intuisce la presenza per la direzione della luce. Notiamo sul tavolo l’immancabile collana di perle, accanto a un libro. Alla parete è appesa una grande carta geografica dell’Olanda, che riproduce fedelmente un manufatto realmente esistito e di cui Vermeer era in possesso.
Donne che suonano uno strumento
In molti dipinti di Vermeer, le donne protagoniste sono colte mentre suonano uno strumento (spinetta, liuto, chitarra), da sole oppure accompagnate da uno o più gentiluomini.
Nella Lezione di musica (o Gentiluomo e dama alla spinetta), la scena protagonista del dipinto è spinta in fondo all’ambiente, mirabilmente rappresentato in prospettiva. Sicché, possiamo scorgere un’ampia porzione di parete, a sinistra, con ben due finestre, una parte del pavimento a scacchiera e del soffitto con le travi in legno. In primo piano, il tavolo coperto dal tappeto viene tagliato dal bordo della tela. La brocca in ceramica bianca smaltata, posata sul vassoio metallico, crea un formidabile punto di luce.
La donna volge le spalle all’osservatore, perché intenta a suonare una spinetta accostata al muro. Accanto a lei, un signore ben vestito e rigidamente atteggiato la sta ascoltando. Secondo un’antica interpretazione, le sta anche impartendo una lezione. Questa chiave di lettura sembra voler mettere in dubbio la superiorità culturale della ragazza o forse distogliere l’attenzione dello spettatore da un più probabile significato: che lei stia suonando per lui in un contesto amoroso, per quanto formale, o di reciproco corteggiamento. D’altro canto, osservando lo specchio appeso di fronte alla ragazza scopriamo che lei sta voltando la testa verso di lui. Anche la viola da gamba, posata per terra, trasporta il tema dell’armonia fra gli strumenti alla dimensione dell’amore felice. Le donne di Vermeer.
La spinetta, decorata a cavallucci marini e impreziosita dall’iscrizione “MVSICA · LETITIÆ · CO[ME]S / MEDICINA · DOLOR[IS]” (“La musica è compagna della gioia e balsamo per il dolore”), dovrebbe essere la copia fedele di un vero strumento musicale, di cui è stato perfino individuato il costruttore.
La sedia foderata di velluto azzurro, utile a creare una macchia di colore e ad agevolare la misurazione visiva dello spazio, è presente anche in Donna in azzurro che legge una lettera.
Il Concerto a tre è stato sciaguratamente rubato, nel 1990, assieme ad altre quattro tele olandesi e ad altri dipinti, non ancora ritrovati. È una perdita gravissima, non solo per l’altissima qualità dell’opera, ma anche in considerazione del ridotto numero di quadri che costituiscono il catalogo di Vermeer, pittore meticoloso e lento che nella vita dipinse pochi esemplari.
In quest’opera, i personaggi sono tre: una donna di profilo seduta al clavicembalo, una seconda donna in piedi che canta, un uomo seduto e visto di spalle che le ascolta. Ancora una volta, la scena si svolge in fondo a un ambiente domestico, con un bel pavimento a scacchiera. La finestra, o le finestre, a sinistra da cui entra la luce non sono visibili. In primo piano, il solito tavolo è coperto da un tappeto. Per terra, si nota una viola da gamba. Un secondo strumento ad arco, sembrerebbe una viola, si scorge sul tavolo. Appesi alla parete di fondo, notiamo un paesaggio e una scena con figure: si tratta della Mezzana di Dirck van Baburen, che Vermeer realmente possedeva e che oggi si trova a Boston.
In due dipinti, una donna suona la spinetta in solitudine. Donna in piedi alla spinetta mostra la protagonista accostata allo strumento. Elegantemente vestita, porta una preziosa collana di perle al collo e presenta una elaborata acconciatura. L’ambiente è sobriamente arredato. Si apprezzano il bel pavimento a scacchiera, l’elegante battiscopa a piastrelle di Delft, tipico decoro olandese del tempo (lo ritroviamo nella Lattaia), e i due dipinti appesi al muro: un paesaggio e un Cupido che mostra una carta. Quest’ultimo allude chiaramente alla stretta relazione che intercorre fra la musica e l’amore. D’altro canto, la donna guarda verso un immaginario interlocutore, cui sorride in modo confidenziale. La sedia imbottita e foderata di velluto azzurro è presente in altre opere dell’artista.
La protagonista di Donna seduta alla spinetta (conosciuta anche come Giovane donna seduta al virginale) è una signora più giovane, ornata di un immancabile giro di perle, che indossa una vistosa sopravveste blu sul vestito giallo. Anch’ella, come la Donna in piedi alla spinetta, guarda sorridente verso l’osservatore. L’inquadratura è più ravvicinata del solito, e include una viola da gamba appoggiata a sinistra, con l’arco infilato tra le corde. La grande tenda aperta, nello stesso lato, accentua la teatralità della scena e fa da repoussoir, come si dice in gergo, ossia si interpone tra il primissimo piano e il soggetto dell’opera in modo da aumentare il senso di profondità. Il grande quadro appeso sul muro è, nuovamente, una riproduzione della Mezzana di Dirck van Baburen, presente anche nel Concerto a tre. È stato ipotizzato che per questo dipinto, Vermeer abbia ritratto una delle sue figlie.
La Suonatrice di liuto, purtroppo in cattivo stato di conservazione, mostra nuovamente Catharina, vestita della sua casacca gialla, adorna della sua collana e dei suoi orecchini di perle, intenta ad accordare lo strumento ma con lo sguardo distratto e rivolto oltre la finestra che si apre alla sua destra. Le sedie sono quelle rivestite di pelle con le borchie; la carta geografica sulla parete mostra l’Europa. Sul tavolo si scorgono dei libri, forse di musica. Altri libri sono per terra, così come una viola da gamba.
Assai vivace è la Suonatrice di chitarra, in cui la giovane donna suona lo strumento, una chitarra barocca assai preziosa, con intarsi decorativi, volgendo lo sguardo alla propria destra, verso un interlocutore che non possiamo vedere e a cui sorride civettuola. La ragazza non è la moglie dell’artista, ma, probabilmente, la sua primogenita, qui diciassettenne o diciottenne, che indossa la giacca e la collana di perle della madre. La composizione è insolita per Vermeer, l’angolo non è infatti il solito rappresentato. Anche la luce proviene, inconsuetamente, da destra.
Inoltre, la donna è spostata rispetto al centro, occupa la parte sinistra del dipinto, lasciando così l’altra visivamente vuota (non considerando il tavolo con i libri sullo sfondo). Ne consegue una composizione asimmetrica e come tale molto più dinamica. Il braccio destro della ragazza resta tagliato fuori dalla tela. Magistrale è la rappresentazione delle corde, alcune delle quali sono mostrate non “a fuoco” in quanto stanno vibrando. Le donne di Vermeer.
Donne che lavorano
Vermeer si accostò anche a temi più umili e rappresentò con grande poesia i gesti semplici e quotidiani di donne appartenenti a classi sociali più modeste. A questo gruppo va ricondotta La lattaia, incantevole capolavoro in cui l’artista, con poche pennellate, rende in modo prodigioso la densità del latte che la donna sta versando nella ciotola. Altrettanto può dirsi de La ragazza con l’orecchino di perla, diventato famoso grazie a un romanzo e al film che da questo è stato tratto.
La merlettaia è il ritratto di una fanciulla, non ricca ma di buona famiglia, concentrata nella difficile e delicata operazione del ricamo a merletto. Come sempre capita in questi suoi soggetti più popolari, l’ambiente è quasi assente, non si scorgono né mobili né quadri né oggetti di valore. Nel dipinto notiamo solo un tavolo con gli strumenti da lavoro. La figura occupa quasi interamente la tela. D’altro canto, il dipinto è piccolissimo (il più piccolo fra quelli di Vermeer, che già non sono mai di grandi dimensioni) e presenta la preziosità e l’accuratezza di una miniatura.
Sebbene non sia impegnata in attività intellettuali, poiché non scrive, non legge, non suona, l’azione della giovane merlettaia di Vermeer è tuttavia virtuosa, dignitosissima, certamente nobilitata dalla natura artistica, per quanto artigianale, del lavoro che sta compiendo. Non sfugge, inoltre, la presenza di un piccolo libro chiuso, posato sul tavolo tra i fili rossi e bianchi: un Vangelo, forse, o una raccolta di preghiere.
Bisogna tuttavia riconoscere che anche la lattaia, che dalle vesti modeste può identificarsi con una cuoca, è assolutamente amabile per quel suo gesto compìto e attento di preparare la colazione. È sempre e comunque del tutto assente, nelle opere di Vermeer, ogni aspetto grottesco, ogni inclinazione caricaturale che potrebbero sminuire o perfino mortificare la dignità di queste donne di casa.
La Donna che versa il latte e La merlettaia sono certamente riconducibili al filone della pittura di genere e avvicinano Vermeer a tanti altri pittori olandesi. Eppure, l’uso del colore e della luce, il senso di attesa emanato dalle figure, la percezione di un evento latente, che sembra voler interrompere all’improvviso la quiete domestica, fanno di queste sue opere capolavori incomparabili.