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Il Duomo di Modena
Un capolavoro del Romanico italiano.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in L’età romanica – Data: Maggio 11, 2020 2 commenti 9 minuti
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L’architettura romanica del Nord Italia, comprendente i territori di Lombardia ed Emilia, mostrò, fin dalle prime battute, caratteristiche che la avvicinavano al Romanico europeo più puro e tipico. Essa infatti presenta costruzioni massicce, con volte a crociera a costoloni piatti su robusti pilastri, capaci di articolare lo spazio e spezzare l’unità volumetrica delle precedenti architetture paleocristiane. Troviamo, all’interno delle chiese, matronei e absidi con gallerie. Le facciate sono monumentali. I muri esterni vengono spesso impreziositi da arcatelle pensili o scanditi da lesene verticali e arcate cieche, che rompono con il loro disegno la monotona uniformità delle superfici. Il Duomo di Modena.

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Non si tratta di lesene classiche ma di una loro ideale eredità: sono motivi formali costituiti da semplici fasce verticali astratte che ingentiliscono strutture murarie orgogliosamente compatte. I due esempi più significativi di questo Romanico cosiddetto “lombardo” sono costituiti dalla Basilica di Sant’Ambrogio a Milano e, soprattutto, dal Duomo di Modena, dichiarato, nel 1997 dall’Unesco, Patrimonio dell’Umanità, assieme alla torre Ghirlandina e l’adiacente Piazza Grande.

L’architetto Lanfranco dirige gli operai, inizio XIII sec. Miniatura dalla Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani, Ms. O.II.11, c. 1v., part., Modena, Biblioteca Capitolare.

Lanfranco architetto del Duomo

La Cattedrale modenese di Santa Maria Assunta e San Geminiano, meglio nota come Duomo di Modena, fu edificata all’inizio del XII secolo sopra il sepolcro di san Geminiano, patrono della città; in quel sito, a partire dal V secolo, erano state erette già due chiese. Secondo i documenti, questa cattedrale fu voluta fortemente dalla popolazione modenese, benché la precedente chiesa fosse stata terminata appena trent’anni prima. Sostenne tale impresa anche la contessa Matilde di Canossa, che a quell’epoca comandava su un vasto territorio comprendente Lombardia, Emilia e Romagna. Il progetto venne affidato all’architetto lombardo (forse comasco) Lanfranco, uno dei pochissimi artisti di epoca medievale di cui ci è giunto il nome.

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A quell’epoca, infatti, le maestranze lavoravano nell’anonimato. Lanfranco, tuttavia, seppe compiere una grande impresa: costruire questa chiesa in soli sette anni, dal 1099 al 1106. Già nell’ottobre del 1106, infatti, giunse da Roma papa Pasquale II, chiamato da Matilde per officiare la traslazione dei resti di san Geminiano e consacrare l’altare. L’intero edificio venne tuttavia consacrato solo più tardi, nel 1184, da Papa Lucio III.

La città di Modena espresse la sua riconoscenza a Lanfranco, celebrandolo in un famoso documento del canonico Aimone di Modena – la Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani, manoscritto conservato presso l’Archivio Capitolare della città – come mirabile artifex, mirificus aedificator e, in una lapide murata all’esterno dell’abside maggiore, come maestro ingenio clarurirus […] domactus et actaptus […] operis princeps huius rectorque magister (“famoso per ingegno, sapiente e esperto, direttore e maestro di questa costruzione”). Nelle miniature della Relatio, Lanfranco viene anche raffigurato mentre dirige il cantiere, con gli operai prima al lavoro sulle fondamenta e poi sull’innalzamento delle pareti.

L’architetto Lanfranco dirige gli operai, inizio XIII sec. Miniatura dalla Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani, Ms. O.II.11, c. 1v., part., Modena, Biblioteca Capitolare.

Wiligelmo

Accanto a Lanfranco lavorò lo scultore Wiligelmo, ricordato da un’altra lapide, che si trova sulla facciata della chiesa. Questo secondo artista si occupò certamente della decorazione scultorea; alcuni studiosi ritengono che si possa ricondurre a lui il progetto dell’intero prospetto.

Lapide dedicatoria a Wiligelmo. Duomo di Modena, facciata.

Una curiosità: i lavori vennero condotti partendo contemporaneamente dalle absidi e dalla facciata; tuttavia, a causa di un errore di calcolo, l’incontro al centro delle due parti della chiesa non fu perfetto: sul fianco meridionale verso la Piazza si vede bene che la serie di loggette s’interrompe con l’introduzione di una bifora, sormontata da un arco cieco più basso e stretto.

Duomo di Modena, XI-XII sec. Facciata.

La facciata e l’esterno

La facciata del duomo è idealmente inscrivibile in un quadrato, è a salienti, con tetti a spioventi di altezze diverse che disegnano la forma interna delle navate. Due alti pilastri, coronati da torrette poligonali, marcano la larghezza e l’altezza della navata centrale. Una cintura di loggette ad arcate con trifore circonda tutto l’esterno della chiesa, dalla facciata all’abside, senza interruzione. Un tempo, quattro celebri pannelli di Wiligelmo con le Storie della Genesi erano allineati sullo stesso livello, come un grande fregio. Risale infatti al XIII secolo la trasformazione della facciata, con l’apertura di due nuovi ingressi ai lati del portale maggiore e del grande rosone gotico in alto. Il portale maggiore è enfatizzato da un protiro monumentale che presenta, in alto, una grande edicola voltata a botte.

Duomo di Modena, XI-XII sec. Veduta absidale.
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Duomo di Modena, XI-XII sec. Prospetto meridionale.

L’interno

L’interno del Duomo di Modena, tutto in laterizio, appare nella sua essenzialità magnifico e austero. Grandi archi a tutto sesto, poggianti su pilastri compositi alternati a colonne, separano le tre navate. Sulla navata centrale si affacciano due finti matronei (così chiamati perché privi di pavimento, quindi non percorribili) con arcate divise in trifore. È possibile che Lanfranco avesse inizialmente previsto di realizzare, a questo livello, una galleria praticabile, mettendo in opera un solaio ligneo sopra le navate laterali, e che poi, per qualche motivo, abbia rinunciato a tale soluzione.

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Il cleristorio è aperto da piccole finestre dalle quali filtra una debole luce. Sul fondo della navata principale, tre ampie arcate trasversali indicano che la bella cripta, luogo di sepoltura di san Geminiano, sbuca dal sottosuolo, rendendosi visibile ai fedeli. La tomba del santo diventa sostegno per il livello soprelevato del presbiterio, luogo sacro per eccellenza della chiesa, il quale si offre, in tal modo, come autorevole palcoscenico.

Duomo di Modena, XI-XII sec. Veduta dell’interno.

La navata centrale

La navata centrale, in principio, era coperta da un soffitto a travature lignee, sostenuto da grandi archi trasversali dal profilo acuto, ancora oggi visibili. Fra il 1437 e il 1455 si procedette a sostituire questo tetto con una serie di quattro volte a crociera, sicuri che la struttura di Lanfranco avrebbe saputo sostenere il peso della nuova copertura. D’altro canto, la presenza di pilastri e colonne alternati, già prevista dal progetto originario dell’architetto, è di per sé legato alla costruzione di un sistema di copertura voltato. Infatti, di solito, le volte della navata centrale poggiano sui pilastri, mentre quelle delle navate laterali vengono sostenute dalle colonne. La scelta di Lanfranco di coprire un sistema di sostegno complesso con un semplice tetto di legno fu guidata o da necessità economiche o da criteri puramente estetici (analoghe soluzioni furono adottate sia in Normandia sia in Lombardia).

Duomo di Modena, XI-XII sec. Veduta delle volte.

I maestri campionesi

A partire dal 1167, subentrarono a Lanfranco e Wiligelmo i cosiddetti Maestri campionesi, scultori attivi tra il XII e il XIV secolo nel nord Italia e così chiamati perché originari di Campione d’Italia, oggi in Svizzera e all’epoca parte della diocesi di Como. A questi artisti venne affidato il compito di completare la fabbrica della Cattedrale e di costruire la torre campanaria. Lavorando all’edificio fino alla metà del XIV secolo, i campionesi realizzarono buona parte delle decorazioni interne, incluso il magnifico pontile del presbiterio; inoltre, aprirono la grandiosa Porta Regia sulla Piazza Grande (conferendo al prospetto meridionale l’aspetto di una seconda facciata) nonché, sul prospetto principale, sia le due porte ai lati del portale maggiore, inizialmente non previste, sia il grande rosone.

Duomo di Modena, Porta Regia, inizi XIII secolo.

Il pontile del presbiterio

È stato attribuito al campionese Anselmo da Campione, attivo a Modena nella prima metà del XIII secolo, il progetto dello splendido pontile del presbiterio, sorretto da colonne poggianti alcune su telamoni (uomini di fede che sorreggono la chiesa), altre su leoni stilofori accucciati sulle loro prede (i peccatori). I bassorilievi rappresentano, nell’ambone curvilineo e aggettante, Cristo in maestà, gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa; a partire dall’ambone, e continuando sul parapetto rettilineo, si dispiegano alcune scene della Passione di Cristo. Queste ultime non sono di Anselmo ma di un suo allievo, rimasto anonimo e noto come Maestro campionese della Passione.

Anselmo da Campione, pontile del presbiterio, prima metà del XIII secolo. Duomo di Modena.
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Maestro campionese della Passione, decorazione del pontile del presbiterio, prima metà del XIII secolo. Duomo di Modena. A sinistra, i simboli degli evangelisti Luca (bue) e Giovanni (aquila); a destra, Gesù che risveglia gli apostoli nel Getsemani.
Maestro campionese della Passione, Bacio di Giuda, dalla decorazione del pontile del presbiterio, prima metà del XIII secolo. Duomo di Modena.
Maestro campionese della Passione, Ultima cena, dalla decorazione del pontile del presbiterio, prima metà del XIII secolo. Duomo di Modena.
Maestro campionese della Passione, Ultima cena, particolare. Dalla decorazione del pontile del presbiterio, prima metà del XIII secolo. Duomo di Modena.


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