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Il Duomo di Siena, dedicato a Santa Maria Assunta, è uno dei più compiuti capolavori di architettura gotica in Italia. Tuttavia, presenta forme ancora romaniche. Nel 1226 la Repubblica di Siena inizia a registrare presso gli uffici delle uscite i costi e i contratti relativi alla costruzione della nuova cattedrale, su un precedente impianto del XII secolo. I lavori ebbero inizio poco dopo (forse intorno al 1238) e si conclusero soltanto nel Trecento. Si ipotizza che lo scultore Nicola Pisano (1223-1281), attivo a Siena fra il 1245 e il 1268, abbia contribuito alla progettazione di questa chiesa.
Nel 1339, il Consiglio Generale della Campana deliberò che la chiesa, non ancora ultimata, fosse troppo piccola per una città importante come Siena; pesava, soprattutto, la competizione con la vicina città di Firenze, che si stava dotando di una cattedrale molto più grande. Si decise dunque di ampliare l’edificio, trasformando la parte già eretta nel transetto di una nuova chiesa, con la facciata orientata a sud. Il progetto, denominato Duomo Nuovo, fu affidato a Lando di Pietro e a Giovanni di Agostino, ma il cedimento del terreno e le difficoltà legate alla peste del 1348 costrinsero il Comune a rinunciare all’impresa architettonica del secolo.
Nel 1357, il progetto di ampliamento fu definitivamente abbandonato. Non restava che ultimare i lavori del precedente cantiere, il Duomo Vecchio, sotto la direzione di Domenico di Agostino, fratello di Giovanni: nel 1382 si costruirono le volte della navata centrale e il duomo acquistò l’aspetto che ancora oggi conserva. Entro il 1370, i lavori potevano dirsi terminati. Restano a testimonianza della smisurata ambizione della città, ma anche del fallimento dell’impresa, alcune parti di questo corpo mutilo: la navata destra del corpo nuovo, oggi trasformata in Museo dell’Opera del Duomo, e la nuova facciata incompiuta, detta “facciatone”. Lo spazio della navata centrale e della navata sinistra, mai costruite, è l’attuale piazza Iacopo della Quercia.
La magnifica facciata del Duomo Vecchio, realizzata con marmo bianco, rosso di Siena e serpentino di Prato, fu iniziata secondo il progetto di Giovanni Pisano (1248-1315 ca.). Sotto la direzione di questo celebre scultore-architetto, fra il 1284 e il 1298 fu innalzata la parte inferiore, arricchita da un’ornamentazione scultorea assai movimentata sull’esempio dei modelli francesi, con tre grandi portali (quello centrale a tutto sesto, i laterali lievemente ogivali), fortemente strombati e sormontati da ghimberghe triangolari. Due torrioni laterali, bassi e robusti, sono alleggeriti da finestre slanciate, aperte negli incassi, e da edicole cuspidate, con sculture decorative e doccioni.
Giovanni Pisano, portali del Duomo di Siena, 1284-98.Giovanni si era fatto carico anche della decorazione scultorea della facciata. Realizzò, pertanto, una serie di quattordici statue: Profeti, Patriarchi, Filosofi pagani e Profetesse, tutte figure che annunciano la Venuta di Cristo sulla Terra; appoggiati sull’architrave, i Quattro Evangelisti.
Le figure di Giovanni si agitano inquiete sui piedistalli loro assegnati, sporgendosi, ruotando il busto, volgendo la testa, schiudendo le labbra, agitando i cartigli che tengono nelle mani. Tutti i personaggi presentano uno spiccato carattere individuale: Platone apre la bocca sdegnata con atteggiamento fiero e solenne. Abacuc, dai grandi occhi fissi nel vuoto, è pensoso e assente. Simeone, con una criniera leonina di barba e capelli arruffati, è burbero e scontroso. Maria di Mosè è protesa in uno scatto di ardore passionale e la sua intensità espressiva è quasi dolorosa. Profeti e profetesse stringono fra di loro un dialogo serrato di sguardi e di gesti, mentre la tensione che pervade i loro corpi è la chiara, esplicita espressione di una spiritualità ardente.
Alla morte di Giovanni, sopraggiunta intorno al 1315, il prospetto era ancora incompiuto. I lavori ripresero su ispirazione del Duomo di Orvieto, di cui vennero ripresi i pinnacoli, le guglie e le tre grandi cuspidi triangolari (i cui mosaici sono però ottocenteschi). Da sempre attribuita allo scultore Giovanni di Cecco, oggi questa parte della facciata è invece da molti assegnata a Camaino di Crescentino, capomastro del Duomo dal 1310 fino alla morte. Il risultato di questo completamento non è particolarmente felice, in parte perché si percepisce un innesto un po’ forzato della parte nuova alla preesistente realizzata da Pisano (i pilastri ai lati del rosone non coincidono con quelli ai lati del portale centrale) e in parte per la maggiore esuberanza dell’ornamentazione plastica, che ne appesantisce le superfici.
Il campanile, alto 77 metri, fu completato nel 1313. Anch’esso è in stile romanico, come d’altro canto tutta la parte più antica del duomo. Decorato con fasce di marmo bianco e verde, come l’esterno dell’edificio, è aperto da sei ordini di finestre, che dal basso in alto da monofore diventano esafore: una soluzione unica, giacché le più grandi finestre dei campanili erano, solitamente, al massimo quadrifore. Il coronamento cuspidale è una piramide ottagonale.
La cattedrale è a pianta cruciforme. Il corpo principale è a tre navate di cinque campate ciascuna, quadrate nelle laterali e rettangolari in quella centrale, tutte coperte da volte a crociera su pilastri. Una cupola dodecagonale, fra le più grandi all’epoca della sua costruzione, è impostata su sei pilastroni posti ai vertici di un esagono. Al corpo principale segue un profondo coro, a tre navate di quattro campate ciascuna, sicché la cupola viene a trovarsi quasi in posizione centrale.
All’interno, l’edificio mostra grandi archi a tutto sesto e soprattutto una pesante decorazione a bande bianche e nere (d’ispirazione pisana) che, attraverso la vibrante e ossessiva alternanza di colore, domina su tutta la struttura e smorza ogni tensione verticale con la forza del suo motivo orizzontale. I capitelli istoriati dei pilastri sono oggi attribuiti a Nicola Pisano e ai suoi allievi.
Un tempo, il Duomo ospitava la grandiosa Maestà del Duomo di Duccio di Buoninsegna, collocata dietro all’altare maggiore, fulcro di un programma di celebrazione della Madonna avviato con la vetrata duccesca dell’abside e concluso con l’esecuzione di altre quattro pale, sempre a tema mariano, commissionate a Simone Martini (Annunciazione), Ambrogio Lorenzetti (Presentazione al tempio), Pietro Lorenzetti (Natività della Vergine) e Bartolomeo Bulgarini (Natività). Queste opere, oggi sparse in vari musei, ornavano gli altari dedicati ai santi protettori di Siena, posti ai quattro angoli della crociera, ossia all’intersezione della navata principale con il transetto. Con i loro soggetti, assieme al polittico di Duccio, celebravano la Madonna illustrando quattro momenti significativi della sua vita.
È invece ancora in situ il bellissimo Pulpito, capolavoro di Nicola Pisano, risalente agli anni 1265-69 e realizzato con Giovanni Pisano, figlio di Nicola, e Arnolfo di Cambio. Questo pulpito, avendo pianta ottagonale, presenta sette lastre decorate a bassorilievi, con le scene della Natività, dell’Adorazione dei Magi, della Presentazione al Tempio, della Strage degli Innocenti (attribuita a Giovanni), della Crocifissione (scolpita forse con Arnolfo) e del Giudizio Universale (opera probabile di Giovanni); a quest’ultimo soggetto sono destinate due intere lastre, divise dalla figura del Cristo giudice.
L’affollamento dei personaggi, il gioco tormentato dei panneggi, il vibrante chiaroscuro e il fluido pittoricismo riconducono questo pulpito senese nell’alveo della scultura gotica europea. Pesò, certamente, nella sua realizzazione l’influenza di Giovanni, molto attento allo sviluppo della cultura d’Oltralpe. È giusto comunque ricordare che a Siena il retaggio classico non era particolarmente apprezzato, e non si può escludere che siano stati proprio i committenti a richiedere ai tre scultori una rappresentazione patetica e sovraccarica.
Splendido è il pavimento, a graffito e tarsie marmoree, una delle più vaste e pregiate decorazioni d’Europa. I lavori per la sua realizzazione durarono seicento anni, dal Trecento all’Ottocento e videro coinvolti artisti di altissimo livello, quasi tutti senesi. Composto da oltre 60 scene, con soggetti di natura simbolica e teologica o tratti dall’Antico Testamento, fu definito da Vasari il «più bello […], grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto». Le immagini più antiche, quelle risalenti al XIV secolo, furono realizzate sopra lastre di marmo bianco eseguendo dei solchi con lo scalpello e il trapano, poi riempiti di stucco nero.