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L’Efebo di Crizio e lo Stile Severo
L’esordio dell’età classica.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in La civiltà greca – Data: Marzo 29, 2021 0 commenti 7 minuti
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L’arte sviluppatasi fra il 480 e il 450 a.C., dunque nei primi trent’anni dell’età classica, è comunemente nota come Stile severo. L’origine del termine è legata all’espressione apparentemente seria, malinconica e concentrata che caratterizzava le statue di questo periodo. Tale definizione risale all’epoca romana: furono difatti alcuni letterati latini, come Cicerone, Quintiliano e Plinio, a suggerirla indirettamente, qualificando le opere del primo V secolo a.C. con gli aggettivi rigidus, austerus, durus, poi liberamente tradotti con l’italiano ‘severo’. L’Efebo di Crizio e lo Stile Severo.

Efebo biondo, 480 a.C. ca. Marmo a tutto tondo, 24,5 cm. Atene, Museo dell’acropoli.

Lo Stile severo possiede caratteri stilistici originali e ben definiti, che lo distinguono sia dall’arte arcaica che lo precedette sia dalla piena espressione dell’arte classica che lo avrebbe seguito; per questo motivo è stato a lungo considerato un periodo a sé stante e di transizione. È bene tuttavia chiarire che lo Stile severo non è qualcosa a sé rispetto all’arte classica ma solo un suo aspetto particolare.

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L’Efebo di Crizio

Già nella scultura di età arcaica, la figura umana maschile era stata considerata la forma della natura più vicina alla perfezione ideale. Ma fu all’inizio dell’arte classica che gli artisti greci decisero di non costruire più la struttura del corpo in maniera sintetica, cioè attraverso l’adozione di un linguaggio stilizzato: l’immagine dell’uomo vero era perfetta in sé, si poneva come “misura di tutte le cose” e andava dunque rappresentata in modo verosimile. Già gli ultimi koùroi denunciano questa tendenza: la resa della muscolatura, e in particolare degli addominali, è già molto più attenta al dato reale, con alcuni dettagli che mostrano una esplicita ricerca di naturalismo.

Crizio, Efebo, 480 a.C. ca. Marmo, altezza 86 cm. Atene, Museo dell’Acropoli.
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Kroisos (Koùros di Anavysson), 550-520 a.C. ca. Marmo, altezza 1,94 m. Atene, Museo Archeologico Nazionale.
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Questa conquista appare evidente considerando, in particolare, una scultura nota come l’Efebo, datata, non a caso, al 480 a.C. Il suo autore, lo scultore Crizio, fu tra i primi ad abbandonare il sorriso arcaico. Il suo efebo, ossia un adolescente giunto alla soglia della pubertà, dunque in un’età compresa tra i 12 e i 17 anni, è serio e ci appare quasi pensieroso e triste. In realtà, è solo imperturbato, come chi sa rimanere tranquillo e sereno, o mostrarsi tale, anche di fronte a fatti o situazioni che potrebbero o dovrebbero turbarlo. Benché sia rappresentato eretto, come i koùroi arcaici, la posa di questo giovane è sciolta, del tutto naturale.

Crizio, Efebo, 480 a.C. ca. Marmo, altezza 86 cm. Atene, Museo dell’Acropoli.

Un nuovo naturalismo

Crizio si pose il problema di mostrare in modo credibile l’equilibrio di un corpo umano in piedi: nella sua scultura, il giovane poggia il peso del corpo sulla gamba sinistra, sollevando lievemente il bacino dalla stessa parte, mentre la testa ruota leggermente dalla parte opposta. La gamba destra è mancante, purtroppo, ma la posizione del ginocchio ci lascia intuire che l’arto era leggermente flesso. Niente a che vedere, insomma, con la posa rigida e innaturale delle sculture precedenti. Anche l’anatomia del giovane corpo di adolescente è priva di spigoli e i trapassi chiaroscurali sono morbidi e delicati: la resa delle spalle arrotondate, dei pettorali e degli addominali è ben lontana dalle soluzioni grafiche dell’arcaismo.

Crizio, Efebo, 480 a.C. ca. Marmo, altezza 86 cm. Atene, Museo dell’Acropoli.

Altri capolavori severi

Le sculture severe furono realizzate soprattutto in bronzo, ma gran parte degli originali è andato perso. Il gruppo bronzeo dei Tirannicidi (477-476 a.C.) degli scultori Crizio e Nesiote, pervenutoci attraverso copie romane in marmo, rappresenta due eroi nell’atto di uccidere il tiranno. La studiata anatomia dei corpi e il turgore dei muscoli riescono a trasmettere un senso di fortissima tensione.

Crizio e Nesiote, Tirannicidi, copia antica da un originale in bronzo del 477-476 a.C. Marmo, altezza 1,95 m. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

L’Auriga di Delfi, scolpito nel 475 a.C. da Sotade, è vestito di un lungo chitone cinto in vita e alle spalle, solcato da profonde pieghe verticali; eretto, la testa leggermente ruotata, l’uomo presenta il busto lievemente incurvato all’indietro, per compensare la trazione dei cavalli. L’artista, un bronzista di grandissima levatura, ha saputo rendere i dettagli anatomici (come le mani e i piedi) con insuperata maestria.

Sotade, Auriga di Delfi, 475 a.C. Bronzo, altezza 1,80 m. Delfi, Museo Archeologico.
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Zeus dell’Artemìsion

Lo Zeus dell’Artemìsion (460-450 a.C.), attribuito allo scultore Calàmide, rappresenta Zeus che scaglia il fulmine. Le parti del corpo sono perfettamente coordinate, il peso ben distribuito sulle gambe, il braccio sinistro è teso in avanti per equilibrare il destro, che è piegato all’indietro.

Calamide, Zeus dell’Artemision, 480-470 o 460-450 a.C. Bronzo, altezza 2,09 m. Atene, Museo Archeologico Nazionale. Veduta anteriore.
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I due Guerrieri di Riace (455 a.C.), noti anche come i Bronzi, sono tra i pochi originali greci pervenutici in buone condizioni. Sono riconducibili al tardo Stile severo, per le proporzioni slanciate, per la resa delle potenti muscolature, per il trattamento delle barbe e dei capelli. Si è proposto di attribuirli ad Agelàda e Alcamène. Il cosiddetto Bronzo A, caratterizzato da un atteggiamento minaccioso e aggressivo, è carico di fortissime tensioni compositive.

Il Bronzo B stempera la tensione in una posa più pacata. L’importanza e la qualità di queste opere, la provenienza accertata, unite alle caratteristiche individuali dei personaggi rappresentati, fanno pensare a un celebre monumento che si trovava nell’Agorà di Argo, il Gruppo dei Sette.

Agelada e Alcamene, Bronzi di Riace, 455 a.C. Bronzo, altezza 1,98 m. Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale.
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Ceramica e pittura in età severa

In età severa comparvero nella ceramografia alcuni motivi compositivi nuovi rispetto alla tradizione pittorica vascolare. Il Cratere a calice del cosiddetto “Pittore dei Niobidi” mostra una serie di figure disposte su piani differenti. La resa anatomica dei nudi è ottenuta attraverso l’uso di un disegno lineare incisivo. Nella Coppa con Achille e Pentesilea, il “Pittore di Pentesilea” illustra una scena sintetica ma di grande tensione emotiva.

Pittore dei Niobidi, Cratere a calice, 465-450 a.C. Ceramica a figure rosse, altezza 54 cm. Parigi, Musée du Louvre.
Pittore di Pentesilea, Coppa con Achille e Pentesilea, 460 a.C. ca. Ceramica a figure rosse, diametro 45 cm. Monaco, Staatliche Antikensammlungen.
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La Tomba del tuffatore, infine, è la più antica testimonianza di pittura parietale greca. È una cassa composta da quattro lastre di pietra, dipinte internamente con alcune scene di un simposio, e da un coperchio, sul quale è raffigurato un giovane tuffatore nudo che dà il nome al sepolcro.

Disegno ricostruttivo della Tomba del Tuffatore.
Tomba del Tuffatore, 480-470 a.C., particolare. Lastra di un lato lungo. Paestum, Museo Nazionale.
Tomba del Tuffatore, 480-470 a.C., 98 x 194 cm. Coperchio. Paestum, Museo Nazionale.


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