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La tela Impression, soleil levant, ossia Impressione, levar del sole, fu dipinta dal pittore francese Claude Monet (1840-1926) nel 1872 ma venne presentata al pubblico solo due anni più tardi, nel 1874, in occasione di una mostra collettiva tenutasi presso lo studio del fotografo Nadar, nella quale vennero esposte oltre 160 opere dello stesso Monet e di un gruppo di suoi amici pittori.
Conosciamo la genesi del titolo assegnato a questo quadro. A Edmond Renoir, fratello del pittore Pierre-Auguste Renoir, era stato affidato il compito di curare il catalogo della mostra. Pare che Monet, in particolare, gli avesse procurato non pochi problemi, perché aveva mandato troppi quadri e perché lo esasperava con la monotonia dei titoli: Entrata nel villaggio, Uscita dal vilaggio, Mattino al villaggio… E quando Edmond protestò, il pittore replicò: «E lei metta Impressione». Fu poi il fratello di Monet, Leon a integrare il titolo facendolo diventare Impressione, levar del sole.
Fu grazie a questo dipinto che venne coniata anche la parola Impressionismo. La usò per la prima volta, in senso dispregiativo, Louis Leroy, un critico del giornale «Charivari», che scrisse un pezzo assai sarcastico sulla mostra collettiva allestita nello studio di Nadar. Con questo termine, il giornalista si riferiva proprio al quadro di Monet che giudicò incolto e rozzamente sommario, laddove l’intero gruppo fu descritto come «ostile alle buone maniere, alla devozione per la forma e al rispetto per i maestri».
Leggiamo un passaggio dell’articolo, in cui Leroy finge di commentare i quadri della mostra dialogando con Joseph Vincent, un pluripremiato paesaggista: «è raschiatura di tavolozza distribuita uniformemente su di una tela sporca. Non c’è capo né coda, né alto né basso, né davanti né didietro. […] Qui c’è dell’impressione, se ben me ne intendo… soltanto, mi dica, che cosa rappresentano quelle innumerevoli linguette nere, là in basso? […] Quelle macchie sono quelle degli imbianchini che dipingono il finto marmo: pif paf, plic plac!».
Il termine “impressione” non era nuovo: faceva già parte del vocabolario tecnico usato per distinguere i vari stati preparatori di un’opera. In particolare, denominava il primo strato di colore applicato alla tela: dunque, esso indicava i bozzetti di rapida esecuzione, che servivano a fissare l’immediata reazione dell’artista a un soggetto. È però vero che impression era, come nel nostro linguaggio corrente, un sinonimo di sensation, ‘sensazione’, e che Monet, scegliendo quel titolo così particolare, aveva chiaramente voluto giocare con il doppio significato della parola.
Un altro critico, Jules-Antoine Castagnary (1830-1888), colse questa finezza e accettando il neologismo scrisse che i pittori che avevano esposto le proprie opere da Nadar, «sono impressionisti nella misura in cui non rappresentano tanto il paesaggio quanto la sensazione in loro evocata dal paesaggio stesso». Il gruppo accettò il termine “Impressionismo”, che a suo parere ben si adattava al nuovo stile.
Il dipinto di Monet, Impressione, levar del sole, mostra un paesaggio marino: il porto di Le Havre immerso nella foschia dell’alba. In primo piano, due barche con i pescatori emergono dalla luce diffusa come ombre scure dal disegno estremamente semplificato. Sullo sfondo, la banchina del porto, il veliero, le gru, le ciminiere fumanti sono appena accennate con poche pennellate grigiastre. La luce del sole, presentato come un cerchio di colore puro, si diffonde su tutto il quadro, unendo acqua e cielo e rendendo il paesaggio difficile da decifrare. I riflessi del sole, delle barche e degli edifici sul mare sono ottenuti con tratti rettangolari netti e marcati. Il soggetto dell’opera non è dunque l’alba in sé stessa ma, come indica correttamente il titolo scelto da Monet, l’impressione dell’alba.
Monet era soprattutto interessato a quanto avveniva nella retina, non a quello che si sviluppava nella mente umana: voleva indagare il processo percettivo, non quello concettuale. Questo quadro non imitava più la realtà, il soggetto aveva perso il suo intrinseco valore e traeva ispirazione dalla realtà, mobile e inafferrabile, non imprigionabile entro forme delineate e contorni definiti.
Impressione, levar del sole è, prima di tutto, una suggestiva composizione di vibrazioni luminose, ottenuta attraverso l’adozione di una tavolozza molto semplificata. I brillanti colori dello spettro solare sono usati puri, stesi a piccole pennellate, non mescolati ma giustapposti: è infatti l’occhio di chi osserva da un’adeguata distanza, a compiere la sintesi necessaria.
Nell’applicare questa tecnica così rivoluzionaria, Monet era confortato dai risultati della contemporanea ricerca scientifica nel campo della visione, che stava sconfessando la comune percezione del reale e minando alla base i concetti ormai secolari di materia e forma. Si può, dunque, parlare legittimamente di scienza del colore in riferimento all’Impressionismo e alla pittura di Monet in particolare? Non propriamente.
Infatti, le leggi ottiche dei colori complementari sono applicate nella pittura di Monet in modo del tutto intuitivo ed empirico, senza il rigore scientifico che avrebbe caratterizzato il successivo Neoimpressionismo; i quadri di Monet erano infatti concepiti come giochi di luci e di ombre, dotate di colori propri e dunque capaci di attribuire profondità agli spazi e qualità tridimensionali agli oggetti. Non stentiamo a credere che il pubblico e la critica del tempo abbiano giudicato questo quadro un abbozzo scombinato, davvero troppo lontano da quello che l’accademia era solita apprezzare; ugualmente si comprende perché Monet sarebbe diventato l’uomo-simbolo dell’Impressionismo.
Bella descrizione complimenti
Grazie mille!