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Mia madre di Gianfranco Ferroni
Uno straziante ritratto contemporaneo.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in Il Novecento: gli anni Cinquanta e Sessanta – Data: Settembre 3, 2021 0 commenti 2 minuti
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La figura della madre è stata oggetto di innumerevoli dipinti nel lungo corso della storia dell’arte: madri amorevoli, madri angelicate, madri affettuose e accuditive, perfino madri malvagie. È assai più raro trovare raffigurazioni di madri che mostrano senza veli la loro debolezza, la loro fragilità.

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Ferroni

È il caso di una intensa e dolente madre contemporanea, quella di Gianfranco Ferroni (1927-2001), pittore italiano figurativo, giunto alla notorietà verso la fine degli anni Settanta con il suo gruppo artistico della Metacosa. Legato, negli anni Cinquanta, ai pittori del cosiddetto realismo esistenziale, all’inizio degli anni Sessanta Ferroni divenne esponente di punta della Nuova Figurazione europea, un filone artistico che ebbe in Francis Bacon e Alberto Giacometti due insuperati capiscuola. In questa fase della sua carriera, attraverso immagini intensamente espressioniste, Ferroni riversò sulla tela ansie, preoccupazioni, angosce personali.

Gianfranco Ferroni, Mia madre, 1958. Olio su tela, 120 x 60 cm. Monza, Galleria Montrasio Arte.

Mia madre

Mia madre è un quadro del 1958, dipinto una decina d’anni dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, mentre l’Italia, l’Europa e il mondo stavano ancora facendo i conti con gli esiti e le conseguenze della barbarie. Non erano anni di certezze; i rifugi rassicuranti, anche quelli dell’anima, soprattutto quelli dell’anima, erano stati tutti violati. La disillusione aveva sostituito la paura. La madre di Ferroni incarna dolorosamente questa condizione dell’esistenza, che è propria dell’artista ma così diffusa da diventare collettiva. Ella ha il volto smagrito, scavato, allungato, appena illuminato da bave sinistre di luce.

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Sembra un fantasma, anzi il fantasma stesso dell’umanità, risucchiato dal buio dell’abisso alle sue spalle. Eppure, questa madre suscita tenerezza, perché in fondo è pure una madre vera. «Anche i momenti più “arrabbiati” della mia pittura – ricorda l’artista – rivelano una componente autobiografica di malinconia e di pietà verso l’uomo, di religiosità cosmica che nasce dal senso del mistero dell’esistenza».

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La madre di Ferroni, infatti, non è solo simbolo universale. Ella riesce, con triste concretezza, a farsi immagine ineluttabile di vecchiaia e malattia, a causa delle quali le madri reali (sospese con lo sguardo dolente, un tempo vivo e attento, sul precipizio della morte) progressivamente sbiadiscono, fino a svanire.


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