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«Quello che non ho ancora potuto ottenere, che sento che non otterrò mai nella figura o nel ritratto, l’ho forse toccato là, in quelle nature morte»: è quanto scrisse, alla fine della sua vita, il pittore Paul Cézanne (1839-1906), il più autorevole esponente del cosiddetto Postimpressionismo, l’ultimo grande maestro dell’Ottocento, il precursore del Cubismo. Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
L’interesse maturato da Cézanne per i problemi legati allo studio della composizione si tradusse subito in un amore viscerale per il genere della natura morta, che l’artista praticò nell’arco di tutta la sua carriera. Egli era consapevole che proprio le nature morte, meglio di ogni altro soggetto affrontato, potevano rendere visibile la sua poetica artistica.
La frutta e gli oggetti rappresentati in questi quadri erano quelli che il pittore si trovava in casa, nel suo studio in Provenza, dove l’artista, che aveva un’indole schiva e riservata, usava rifugiarsi e lavorare. Nonostante il loro carattere profondamente intellettuale e quasi filosofico, le nature morte di Cézanne, solo all’apparenza semplici se non addirittura banali, riescono comunque a parlarci di quotidianità, a rimandare a un contesto intimo e domestico, tranquillo e rassicurante. Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
Cézanne scrisse all’amico e collega Émile Bernard: «Permettetemi di ripetere quello che vi dicevo qui: trattare la natura secondo il cilindro, la sfera, il cono». Egli lo esortava, in pratica, a controllare e ordinare la realtà ricorrendo alla geometria, geometrizzando la natura. E proprio la frutta, e in particolare le mele e le arance, che sono sferiche, così come gli oggetti che si possono trovare su un tavolo, per esempio bottiglie, vasi e brocche, sono facilmente assimilabili alle forme del «cilindro, sfera e cono». Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
Nelle sue nature morte, inoltre, Cézanne scelse di alterare la prospettiva e di ribaltare i piani, come aveva già fatto con i suoi paesaggi, sia durante il cosiddetto “periodo costruttivo” (1878-87) sia durante il “periodo sintetico” (1888-1906). Nelle creazioni di queste composizioni, i cambiamenti di punti di vista per le singole parti sono a volte evidenti, altre volte minimi e appena percepibili, a un primo sguardo, ma sempre presenti.
In un’opera del 1889, ossia la natura morta intitolata Tavolo da cucina, dove un piccolo tavolo coperto da una tovaglia bianca spiegazzata sorregge una grande canestra di frutta e degli oggetti da cucina, si nota che la canestra e il piano della tavola sono ridotti a puri volumi mostrati da punti di osservazione differenti. Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
Le due parti del tavolo, divise dalla tovaglia, sono collocate ad un’altezza diversa. La pera a destra è sproporzionata, come se fosse vista più da vicino. I riferimenti ai dati reali appaiono, insomma, puramente occasionali: la forma che prevale è infatti quella della sfera, cui si riconducono i volumi del vaso e quelli della frutta disposta sul tavolo e dentro il cesto; anche i recipienti di ceramica hanno un aspetto tondeggiante e geometrizzante.
Rappresentando gli oggetti da diversi punti di vista, girandovi idealmente attorno, Cézanne intendeva accentuarne la consistenza volumetrica. Quella che si percepisce come una distorsione dell’immagine era, a parere dell’autore, una necessità imposta dalla volontà di liberare e rivelare l’energia vitale delle cose. Un insegnamento che ben avrebbero appreso Picasso e Braque e che sarebbe stato ereditato dal Cubismo.
In una serie di sei nature morte realizzate nel 1899, nella sua bottega parigina, tra cui Natura morta con mele e arance, Cézanne raffigura sostanzialmente gli stessi oggetti e propone il medesimo principio compositivo. Ancora una volta, la scelta delle mele e delle arance è legata alla loro forma sferica e la costruzione spaziale, davvero assai complessa, si serve di molti punti di vista. Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
Il colore conferisce solidità alle forme, come d’altro canto in tutte le nature morte dell’artista, dove i frutti sono colorati prevalentemente con giallo, rosso e verde, così come i fiori che talvolta decorano i vasi o le brocche. I tavoli sono generalmente color ocra. Stoffe, tende, pareti e stoviglie contengono, invece, varie sfumature di grigio, che creano un forte contrasto con la frutta.
Nella natura morta intitolata Il canestro di mele, la frutta è contenuta all’interno di un grande cesto in vimini appoggiato ad un rialzo e inclinato. Una bottiglia scura è posta al centro del piano mentre a destra, su di un piatto bianco, si presentano alcuni biscotti impilati a strati. Altre mele sono sparse sul tavolo, sopra a un panno bianco. Lo spigolo di destra del tavolo suggerisce il senso della profondità. Tuttavia, appare chiaro che l’unica, vera preoccupazione di Cézanne era quella di creare una composizione armonica ed equilibrata rispetto alla verticale centrale della bottiglia e alla superficie rettangolare e bidimensionale del dipinto. Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
Questa attitudine e volontà, propria dell’arte di Cézanne, di trasferire la semplice visione fisica a una dimensione “altra”, rimanda in modo inequivocabile al pensiero del filosofo austriaco Edmund Husserl (1859-1938), contemporaneo di Cézanne, considerato il fondatore della fenomenologia, un orientamento filosofico secondo il quale i fenomeni non sono che punti di partenza per ricavare, dalla realtà, caratteristiche essenziali dell’esperienza. Secondo Husserl, gli oggetti che noi vediamo sono solo “adombramenti” che dobbiamo collegare in un qualcosa di unitario, il quale a sua volta sussiste indipendentemente da noi e dalla nostra attività conoscitiva: ciò che Cézanne avrebbe definito “l’essenza del reale”.
Husserl spiega molto bene che cosa significhi veramente vedere un oggetto, e fa l’esempio di una tavola: «Vedendo questa tavola, girandole attorno, cambiando la mia posizione nello spazio, io ho costantemente la coscienza dell’esistere di questa sola e medesima tavola, che rimane in se stessa assolutamente immutata. Invece la percezione della tavola è costantemente mutevole, anzi, è una continuità di percezioni mutevoli». Noi, insomma, conosciamo attraverso una pluralità di percezioni, operando una sintesi tra vari adombramenti, riannodando ogni «nuova percezione con il ricordo» della precedente. Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
Ogni oggetto con cui ci rapportiamo è prima di tutto una “costruzione” della nostra mente. Husserl distingue, conseguentemente, due forme di conoscenza. La prima è quella scientifica, ingenua e acritica perché accetta come vera solo la realtà esterna, senza porsi il problema della «possibilità della conoscenza in assoluto». Vi è poi la conoscenza filosofica (e noi potremmo dire anche “artistica”), la quale indaga anche fenomeni del tutto slegati dall’esistenza contingente (alcuni critici definiscono questo pensiero come “platonismo husserliano”).
Secondo il filosofo francese Morìs Merlò Pontì Maurice Merleau-Ponty (1908-1961), esponente novecentesco della fenomenologia, Cézanne fu in grado, con la sua pittura, di accedere alla trama invisibile dell’essere. Lo leggiamo in un suo saggio, Il dubbio di Cézanne, del 1945: «Cézanne non ha creduto di dover scegliere tra sensazione e pensiero come caos e ordine. Non vuole separare le cose fisse che appaiono sotto il nostro sguardo e la loro labile maniera di apparire, vuole dipingere la materia che si sta dando una forma, l’ordine nascente attraverso un’organizzazione spontanea». Dalle nature morte di Cezanne a Edmund Husserl.
L’arte, per Merleau-Ponty non è imitazione ma ricerca, attraverso la quale «il pittore riprende e converte in oggetto visibile ciò che senza di lui resta rinchiuso nella vita separata da ogni coscienza: la vibrazione delle apparenze che è la genesi delle cose».
Trovo da sempre che l’arte e la filosofia siano proprio le due attività umane più attente e capaci di condurre l’umanità alla vita ‘vera’, profondamente consapevole del fatto di esserci nell’esistenza.
Grazie per questo articolo
Grazie, mi hai aiutato a capire perché le nature morte di Cézanne sono uniche e ineguagliabili nella pittura.
Arte come fenomenologia ovvero studio dei fenomeni. Solo che la scienza studia il divenire o temporalità dei fenomeni mentre l’ arte ne riproduce l’ immagine estemporanea ovvero del momento. Così contempla l’ immagine e ne estrae l’assoluto ovvero l’ in sé, il pensiero. Tuttavia la scienza ora non guarda più il fenomeno coi sensi ma lo contempla nel suo infinitamente piccolo e infinitamente grande con strumenti adeguati e questo è naturalmente precluso all’artista. Quindi, il fenomeno della scienza non è più il fenomeno dell’ arte. Conseguenze? La scienza schiaccerà l’ arte perché il campo visivo della prima sarà infinito e quello della seconda semplicemente mediocre.