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L’Orazione nell’orto della National Gallery è una celebre tempera su tavola del pittore rinascimentale Andrea Mantegna (1431-1506), datata dalla critica al 1459 circa (secondo alcuni, di qualche anno precedente). È una delle sue migliori prove giovanili, caratterizzata da un ampio respiro prospettico e da una solenne monumentalità. Fu realizzata quasi in contemporanea con altri due dipinti di analogo soggetto: il pannello mantegnesco della predella della Pala di San Zeno (1456-1459), oggi conservato nel Musée des Beaux-Arts di Tours, di cui si presenta come una variante, e l’Orazione nell’orto del veneziano Giovanni Bellini (1459-60). Non è possibile stabilire l’esatta cronologia delle tre opere. L’ordine più plausibile è: versione mantegnesca di Tours, versione mantegnesca di Londra e versione belliniana.
L’Orazione nell’orto di Tours era affiancata, nella predella della Pala di San Zeno, alla Resurrezione, oggi nello stesso museo, e alla Crocifissione, oggi al Louvre. Realizzata nella bottega padovana dell’artista, fu commissionata da Gregorio Correr, abate della basilica di San Zeno a Verona, prima del 1457. La tavola presenta Cristo inginocchiato in preghiera di fronte a uno sperone roccioso, simile ad un altare. Il suo sguardo è rivolto a un angelo, che a destra si materializza da una nuvola (soluzione, questa, ispirata da Giotto). Gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni dormono vicino a lui. Sullo sfondo, si dispiega un vastissimo paesaggio, minuziosamente dettagliato alla maniera fiamminga. Delizioso il dettaglio, in basso a sinistra, del ponticello con la lepre. La città in alto a sinistra dovrebbe essere Gerusalemme ma sembra piuttosto una Roma un po’ decadente. Riconosciamo il drappello dei soldati, guidati da Giuda, che si avvicinano per arrestarlo.
Non si conoscono le circostanze che portarono alla realizzazione della piccola tavola londinese con l’Orazione nell’orto di Mantegna. Anche in questo caso, la scena è dominata dalla figura del Cristo, raffigurato in preghiera nella parte centrale, stavolta rivolto a sinistra verso un gruppo di putti che gli mostrano i simboli della Passione: la colonna della flagellazione, la croce, l’asta con la spugna imbevuta di aceto, la lancia con cui gli sarebbe stato squarciato il costato.
Gli apostoli, più in basso, come nella versione di Tours, sono rappresentati di scorcio e dormono pesantemente. Se Gesù è vestito di scuro, quasi a voler prefigurare il drammatico martirio cui sta andando incontro, gli apostoli presentano vesti dai colori sgargianti.
Sullo sfondo, il paesaggio è brullo e roccioso, e amplifica il sapore classicheggiante e l’effetto drammatico dell’episodio evangelico. L’ideale Gerusalemme venne ricostruita dal Mantegna assemblando monumenti della Roma antica (come il Colosseo), di Venezia e di Verona.
Anche in questo caso, si scorgono i soldati che giungono per arrestare Cristo, guidati da Giuda che sta indicando loro la via con il braccio teso.
Molti i simboli presenti nell’opera: il pellicano rimanda al sacrificio di Cristo e all’eucarestia (un tempo, si credeva che il pellicano nutrisse i cuccioli con le proprie carni); l’albero secco e l’avvoltoio presagiscono la sua morte imminente, i germogli e l’ibis bianco preannunciano la sua resurrezione.
I conigli alludono alla vita che continua attraverso la creazione di nuove generazioni; fanno, tuttavia, riferimento alla doppia natura, umana e divina del Cristo, giacché questi animali presentano il pelo bruno in estate e bianco in inverno. L’albero caduto a destra simboleggia il peccato.
In entrambe le due Orazioni, appare emblematica la sintesi suprema, realizzata dall’artista, tra osservazione del dato naturale e recupero delle radici storiche della classicità. In questi dipinti, si possono però cogliere altri aspetti, che sono tipici dello stile mantegnesco. Prima di tutto l’uso di linee dure e intense, di colori accesi e contrastanti e di una luce nitida e tagliente, che nelle opere del maestro concorrono a creare atmosfere sospese e suggestivamente emozionali; il vigore monumentale dei corpi e le muscolature aspre e secche (che ritroviamo frequentemente anche nelle sue figure di nudi); l’espressività, talvolta quasi violenta, dei volti, desunta da Donatello; le stupefacenti vedute prospettiche e la verità dei paesaggi; la definizione dei dettagli, che accolse dalla pittura fiamminga senza però contraddire il suo profondo credo classicistico; la profonda cultura antiquaria, che sempre guidò la sua fantasia.
La composizione dell’Orazione nell’orto del Bellini ricalca molto fedelmente quella dell’Orazione di Tours del Mantegna, solo che in questo caso al Cristo appare un piccolo angelo che gli mostra il calice, simbolo eucaristico della Passione. La scena è ambientata in un paesaggio decisamente molto più naturale, e le due città che si scorgono sullo sfondo, una a destra e l’altra a sinistra, non sono più presentate come erudite rievocazioni dell’antichità romana ma presentano reali costruzioni del tempo. Inoltre, Gesù è privo di aureola, come a voler evidenziare la condizione di prostrazione, profondamente umana, che il Cristo stava vivendo in quel drammatico momento della sua vita.
Pur subendo l’influenza del Mantegna, che peraltro fu suo cognato, il Bellini non dipese mai passivamente dal grande pittore padovano; anzi, con il tempo andò progressivamente distaccandosi dallo stile mantegnesco. In questo processo di liberazione del colore dal disegno, che dette vita alla cosiddetta pittura tonale, fondamento dell’arte veneta, si dimostrò fondamentale l’incontro di Bellini con Antonello da Messina, dal quale imparò a definire le forme senza l’intervento della linea, a modellarle solo con la luce, attraverso sottili gradazioni di tono.
Ancora una volta, però, egli seppe conferire nuovi significati a quanto aveva potuto assorbire da altri pittori: per Antonello da Messina, infatti, come per Piero della Francesca, la luce serviva a esaltare il senso della forma pura; per Giovanni, invece, essa era il tramite della grazia e della bellezza, rifletteva la presenza di Dio, esaltandone il mistero.
complimenti
Grazie mille!
Grazie, molto interessante il confronto.