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Domenico di Bartolomeo di Venezia (1405/10-1461), noto come Domenico Veneziano, nacque probabilmente a Venezia, se prendiamo per buono l’appellativo “veneziano” con cui si firmava. Della sua vita e della sua formazione, certamente avviatasi nel contesto della pittura tardogotica, conosciamo ben poco. Tra il 1422 e il 1423, giunse a Firenze da Venezia, al seguito di Gentile da Fabriano.
Lì, conobbe Masaccio e divenne aiuto di Masolino. L’esperienza toscana fu sicuramente determinante per lo sviluppo della sua arte. Trasferitosi a Roma, lavorò con Pisanello, fino al 1430/32, data dopo la quale tornò a Firenze. Veneziano riuscì a conciliare la preziosità della pittura tardogotica con la concretezza prospettica della nuova pittura rinascimentale. Egli intuì che esisteva una compenetrazione profonda tra luce e colore, colore e forma, colore e spazio prospettico, tanto che la sua pittura è stata recentemente definita “pittura di luce”: sintesi di luce e colore, secondo la celebre definizione dello storico novecentesco Roberto Longhi. Un insegnamento che, all’epoca, ben comprese il più importante allievo del Veneziano, Piero della Francesca.
Domenico fu autore di delicate e aggraziate Madonne, oltre che di eleganti pale d’altare. Tra queste, la Pala di Santa Lucia, del 1445-47, destinata all’altar maggiore della Chiesa di Santa Lucia de’ Magnoli a Firenze e oggi agli Uffizi: l’opera che più di tutte documenta questa concezione luministica della sua arte. Il dipinto, firmato, è costituito da un grande pannello unico, privo di scomparti e di fondo oro: una testimonianza che tali consuetudini medievali erano state già del tutto abbandonate. La scena raffigura una Sacra Conversazione, con al centro la Vergine e il Bambino in braccio.
Maria è seduta su un trono, posto sopra una pedana a gradini, ed è affiancata da due santi per lato: da sinistra, san Francesco, san Giovanni Battista, san Zanobi (protovescovo di Firenze) e santa Lucia, che ha dato il nome alla pala.
Tutti i personaggi sono raccolti in un ambiente aperto con logge, prospetticamente definito in modo da creare l’effetto di un trittico, con l’architettura e il pavimento impreziositi da incrostazioni marmoree dai delicati toni pastello. Sullo sfondo, si intravedono i rami di tre aranci contro un cielo azzurro. La luce, primaverile e mattutina, proviene da destra e, attraverso le gradazioni di tono, definisce lo spazio non meno della prospettiva.
La pala era un tempo integrata da una bella predella, in basso, riportante episodi significativi relativi alla vita dei personaggi soprastanti. Da sinistra: San Francesco riceve le stimmate, San Giovanni Battista nel deserto, l’Annunciazione, il Miracolo di san Zanobi e il Martirio di santa Lucia. Le tavolette che componevano la predella sono oggi conservate in differenti musei.
molto bella l’opera dovrei rivederla