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Durante i primi secoli della civiltà egizia, i faraoni e i loro familiari, i nobili e i sacerdoti vennero sepolti nelle mastabe, particolari edifici di forma troncopiramidale, nelle cui stanze, spesso riccamente decorate con sculture e dipinti murali, si celebravano i riti funebri. La mastaba era attraversata, verticalmente, da un pozzo centrale che conduceva al vero e proprio sepolcro, ossia una infrastruttura sotterranea dotata di una camera dove si trovava il sarcofago. Talvolta, alcune stanze adiacenti erano destinate a contenere gli oggetti del corredo funebre. Necropoli di El-Giza.
Successivamente, per i faraoni, si costruirono le piramidi a gradoni, formate in pratica da più mastabe sovrapposte. La più antica, e una delle meglio conservate, è la Piramide di Zoser (2630-2611 a.C.) o di Djoser a Saqqara, progettata da Imhotep, gran sacerdote e primo architetto conosciuto della storia. È costituita da sei mastabe di dimensioni decrescenti, edificate una sopra l’altra. L’edificio originale aveva un’altezza di 62 metri ed una base di 109 × 125 metri.
Assai singolare, per la sua forma, è la Piramide di Snefru a Dahshur, detta romboidale o anche ottusa per il suo profilo a doppia pendenza. Costruita intorno al 2600 a.C. per volere del re Snefru, padre di Cheope, presenta due camere funerarie, una al di sopra del livello del terreno e una sotterranea, con due entrate indipendenti, poste rispettivamente sul lato nord e sul lato ovest. Il corridoio di 79 metri che conduce ai 23 metri di profondità della camera sotterranea è ancora oggi accessibile. Gli studiosi hanno forse chiarito la causa della sua singolare struttura: in corso d’opera, il terreno iniziò a cedere (come vari elementi tendono a dimostrare), sicché si valutò di ridurre l’altezza della piramide da 133 metri a 105 metri.
Snefru, non soddisfatto degli esiti di questa costruzione, si fece edificare un altro monumento sepolcrale a Dahshur, dove in effetti venne poi sepolto: la cosiddetta Piramide rossa, che misura 220 metri di lato ed è alta 105 metri. Contiene tre stanze collegate tra loro: due al livello del terreno e la terza rialzata, una soluzione che anticipa quella della piramide di Cheope, figlio e successore di Snefru, costruita subito dopo.
Tra il 2600 e il 2500 a.C. gli Egizi eressero, sull’altopiano di El-Giza, le tre piramidi di Cheope, Chefren e Micerino che costituiscono l’esempio perfetto del tipo di piramide a parete liscia, nella quale i gradoni risultavano nascosti da un rivestimento di pietra calcarea.
La Necropoli di El-Giza, o di Giza, è situata a 8 chilometri dall’omonima città egizia e a 25 circa dal centro del Cairo. Si tratta di uno dei complessi archeologici più famosi al mondo (una delle Sette meraviglie dell’antichità) e comprende la Grande Piramide di Cheope, cui si affiancano quelle di Chefren e di Micerino, la Sfinge, altre piccole piramidi note come “piramidi delle regine” e alcuni templi funerari destinati al culto dei faraoni deceduti. A questi monumenti reali, la cui costruzione risale al XXV secolo a.C., si aggiungono tombe di alti ufficiali risalenti però al Nuovo Regno.
Proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1979, l’intero complesso monumentale di El-Giza è da sempre considerato eccezionale per imponenza e autorevolezza. Gli archeologi di Napoleone calcolarono che i massi che costituiscono le tre grandi piramidi basterebbero per circondare tutta la Francia con un muro ininterrotto alto tre metri!
Nessuna delle tre piramidi di El-Giza ha restituito le mummie dei sovrani per i quali furono costruite. Non sappiamo se i corpi dei re furono trafugati e dispersi dai tombaroli oppure se, in tempi remoti, essi vennero trasferiti in sepolcri meno appariscenti e come tali più sicuri.
La Piramide destinata al faraone Cheope, detta anche la Grande Piramide, fu costruita intorno al 2570 a.C. su progetto dell’architetto e gran visir Hemiunu e per circa 3800 anni è rimasta l’edificio più alto del mondo. La base quadrata della piramide misura circa 230,34 metri per lato e copre oltre 5 ettari di superficie. I lati del quadrato sono allineati lungo le direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest, con un errore minimo. Quando fu costruita, la piramide era alta circa 146,6 metri. La sua altezza attuale è tuttavia di soli 138 metri in quanto l’edificio è stato privato del suo originario rivestimento in pietra calcarea. I blocchi di pietra che la costituiscono pesano dagli 800 chili alle 4 tonnellate ciascuno, per un peso complessivo di 7 milioni di tonnellate.
L’ingresso della Piramide di Cheope si trova a un’altezza di 17 metri dal suolo; da qui parte un passaggio discendente che porta a una prima Camera mortuaria, scavata a 30 metri di profondità e apparentemente non terminata. È stato ipotizzato che tale ambiente fosse in origine destinato a camera sepolcrale ma che, in corso d’opera, Cheope e il suo architetto abbiano deciso di collocare il sarcofago nel cuore della piramide. Secondo altri studiosi, invece, questa piccola stanza potrebbe simboleggiare la dimora del dio dei morti.
Dal passaggio discendente parte un secondo cunicolo, detto passaggio ascendente, che porta alla Grande Galleria e, attraverso un terzo passaggio orizzontale, alla cosiddetta Camera centrale o Camera della Regina, sormontata da un tetto a due falde, in realtà destinata a ospitare la statua di Cheope.
Al termine della Grande Galleria si trova, finalmente, la Camera del sarcofago o Camera del Re. Si tratta di un piccolo ambiente interamente rivestito di granito, con un soffitto piano formato da nove lastre di pietra sopra le quali si susseguono cinque vani chiamati camere di scarico. Tali ambienti, sicuramente, impediscono al soffitto di crollare sotto il peso della muratura sovrastante. La Camera del Re è stata trovata desolatamente spoglia e vuota: nessun oggetto era presente al momento della sua scoperta, tranne il sarcofago monolitico di granito.
La Piramide di Chefren è la seconda per grandezza dopo quella di Cheope. È l’unica a conservare, sulla sommità, una parte dell’originario rivestimento in calcare bianco, che un tempo ricopriva interamente tutte e tre le piramidi. La camera funeraria, scavata nella pietra, si trova sotto l’imponente struttura e contiene un sarcofago di granito rosso completamente privo di iscrizioni. La Piramide di Chefren era integrata da due templi funerari. Il primo, adibito al culto del sovrano, era situato in prossimità della tomba; l’altro, si trovava invece a valle, a 500 metri di distanza. I due edifici erano collegati da una rampa processionale.
La Piramide di Micerino, figlio di Chefren, la più recente e la più piccola delle tre, fu costruita con minore perizia tecnica delle precedenti e terminata in fretta, forse per la morte prematura del faraone che doveva ospitare. Presenta due camere funerarie, una delle quali conserva un sarcofago di basalto.
Le piramidi di El-Giza non avevano, un tempo, l’aspetto attuale. Esse erano infatti rivestite da lucidi e bianchissimi blocchi di calcare perfettamente sagomati, che rendevano le loro facce lisce, bianche e luminose alla luce del Sole. Non a caso, gli antichi egizi chiamavano la Grande Piramide di Cheope “Ikhet”, che significa “luce gloriosa”. La realizzazione di tali rivestimenti richiedeva un lavoro molto complesso, perché i blocchi sagomati dovevano combaciare perfettamente fra loro e con quelli della struttura sottostante.
Del rivestimento che copriva le piramidi di El-Giza è rimasto soltanto quello della parte superiore della piramide di Chefren; il resto è in parte crollato in seguito a un devastante terremoto che colpì la zona del Cairo nel 1301 a.C., in parte venne staccato e riutilizzato per altri edifici, tra cui la cittadella e la Moschea del Cairo.
La piramide di Cheope, come forse anche le altre due, presentava in cima il pyramidion, oggi scomparso, ossia un vertice in altro materiale, che la tradizione vuole fosse d’oro, o in pietra coperta d’oro, tanto da potersi vedere da molto lontano, grazie al riflesso della luce solare.
Il complesso funerario di El-Giza è completato da una gigantesca scultura collocata a breve distanza dalla Piramide di Chefren: si tratta della grande Sfinge, un mostro dal corpo di leone e dalla testa umana. Era posta di fronte a un ulteriore tempio dedicato al dio solare Harmakhis. Benché fisicamente separati, Sfinge e tempio formavano un complesso architettonico unitario, finalizzato a celebrare l’origine divina e solare del faraone. La Sfinge rappresenta, infatti, la natura divina del sovrano ed è posta a guardia del suo sepolcro.
Le sue dimensioni sono veramente colossali: 73 metri di lunghezza, dalla coda alle zampe anteriori, 20 metri di altezza, dalla base alla punta della testa, e 6 metri di larghezza; la testa è alta 4 metri. Per realizzare questo gigante di pietra fu utilizzato un grande masso roccioso, che venne scolpito, integrato e rifinito con stucco colorato. Il volto riproduce, secondo gran parte degli studiosi, le fattezze del faraone Chefren.
Oggi appare, purtroppo, gravemente danneggiato. Artefici di tale danneggiamento non furono, come erroneamente ancora si crede, i soldati francesi di Napoleone ma i mamelucchi, che lo rovinarono nel 1378.
La costruzione di una piramide richiedeva una eccezionale organizzazione di cantiere. Ce lo racconta lo storico greco Erodoto (484-430 a.C.), le cui Storie, la prima opera storiografica scritta, costituiscono, per gli studiosi di oggi, una importantissima fonte di informazioni. Ricordando la costruzione della Piramide di Cheope, Erodoto, per esempio, scrive che il trasporto dei pesantissimi blocchi di calcare, dalle cave ai cantieri, avveniva su chiatte per via fluviale, utilizzando il Nilo e i suoi canali. I tratti via terra erano i più impegnativi; le pietre erano trascinate su slitte, che si muovevano sulla sabbia – compattata dall’acqua per diminuirne l’attrito – con l’aiuto di leve e traversine di legno. I blocchi erano poi trasportati, sino al punto di collocazione, grazie a rampe di mattoni, che venivano rimosse alla fine dei lavori.
Continua Erodoto: «le macchine erano in numero pari ai gradini, ma poteva anche esserci un unico macchinario, sempre lo stesso, facilmente trasportabile da un ripiano all’altro, ogni volta che la pietra fosse stata levata. Devo riferire entrambe le versioni perché entrambe vengono narrate. Dapprima fu ultimata la parte più alta della piramide, poi le altre in successione, per ultimi il piano sopra il livello del suolo e il gradino più basso».
Gli operai che costruirono le piramidi non furono schiavi, a differenza di quanto si crede e si vede nei molti film di ambientazione storica, ma lavoratori salariati. Tale equivoco venne alimentato proprio da Erodoto, che tuttavia, ricordiamolo, visse più di duemila anni dopo la costruzione delle piramidi. Lo storico greco stimò che alla costruzione della Piramide di Cheope «partecipavano sempre 100.000 uomini per volta in turni di tre mesi. In termini di tempo ci vollero dieci anni di duro lavoro collettivo per la costruzione della strada su cui trainare le pietre, opera a mio parere che ha poco da invidiare alla piramide stessa». Secondo gli storici contemporanei, invece, i lavoratori impegnati in questo cantiere furono “solo” 10.000.
è molto bello
Favoloso,grazie
Grazie per l’approfondimento.