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La Primavera di Botticelli
Un quadro meraviglioso per celebrare la primavera della vita.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in L’età rinascimentale: il Quattrocento – Data: Febbraio 25, 2020 6 commenti 5 minuti
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Il grande capolavoro di Sandro Botticelli, la Primavera, si distingue per fama e bellezza nella produzione dell’artista legata al cosiddetto “periodo profano” e dedicata a soggetti mitologici. Diventato l’emblema della pittura fiorentina di età laurenziana, questo dipinto è considerato una delle più importanti allegorie pagane della storia dell’arte postclassica. Primavera di Botticelli

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L’opera è datata, secondo gli studi più aggiornati, tra il 1482 e il 1485 e fu eseguita per Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici (1463-1503), cugino in secondo grado del Magnifico. Rimasta a lungo nelle collezioni medicee, fu poi trasferita presso la Galleria dell’Accademia di Firenze e, nel 1919, agli Uffizi.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Tempera su tavola, 2,03 x 3,14 m. Firenze, Uffizi.

Una scena mitologica

La Primavera presenta nove personaggi, evidentemente ispirati alla mitologia classica: due figure maschili ai lati, sei figure femminili al centro, di cui una posta in particolare risalto, e un putto alato. Secondo l’interpretazione più accreditata, la figura al centro è Venere, dea dell’amore, sovrastata dal figlio Cupido, il quale scaglia i suoi dardi infuocati che fanno innamorare gli uomini. Più di recente, in questa figura è stata invece riconosciuta Giunone incinta di Marte.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare con Venere/Giunone e Cupido.

A destra, Zefiro, personificazione del vento primaverile, agguanta la ninfa Cloris, che inizia a emettere fiori dalla bocca; a causa della loro unione, la ninfa si trasforma in Flora, cioè nella Primavera, qui mostrata mentre sparge le rose raccolte sul grembo.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare di Zefiro e Cloris.
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Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare di Flora.

A sinistra, le tre figure femminili che danzano tenendosi per mano potrebbero essere le Grazie, dee della bellezza e della grazia nonché compagne di Venere, di Apollo e delle muse, oppure le Ore, divinità al seguito di Venere; coperte di veli trasparenti, esse indossano gioielli raffinatissimi, che richiamano la formazione da orafo di Botticelli.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare con le tre Grazie e Mercurio.
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Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare di una delle tre Grazie.

All’estrema sinistra della composizione, Mercurio difende la magica perfezione di quel giardino, allontanando le nubi con il caduceo, il suo bastone alato.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare con Mercurio.

Lo spazio alle spalle dei personaggi è dominato da un fitto boschetto di aranci, fioriti e carichi di frutti. Dietro la figura di Venere si riconosce una pianta di mirto. Gli alberi sono collocati in fila e quasi tutti sullo stesso piano. In basso, si distende un ampio prato dove gli studiosi hanno contato 190 diverse piante fiorite, identificandone 138. Si tratta, in generale, di fiori tipici della campagna fiorentina che sbocciano fra marzo e maggio.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare del prato fiorito.

Un contesto idealizzato

Botticelli non era interessato a proporre una scena dal sapore realistico. Così, se i particolari sono resi attentamente, sull’esempio della pittura fiamminga, l’insieme appare idealizzato. Tutti i personaggi presentano forme allungate e flessuose, si atteggiano con pose eleganti e aristocratiche e camminano o danzano sul prato leggeri e incorporei, apparentemente senza calpestare l’erba e i fiori.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare di Flora.

Lo spazio è privo di profondità. Il prato non è segnato da ombre riportate: la luce infatti è astratta, non ha una precisa fonte di provenienza e vuole solo far risaltare figure e dettagli. L’evidenza del disegno, la prevalenza della linea, la mancata accentuazione dei volumi, la riduzione dei chiaroscuri, l’assenza di prospettiva servono a chiarire che la pittura non deve riprodurre la natura in modo illusionistico ma deve saper creare una realtà perfetta.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare di Cloris.

Un misterioso significato

La Primavera è un quadro complesso, denso di riferimenti letterari e filosofici, chiaramente destinato a un pubblico elitario e coltissimo. Nel corso del XX secolo, approfondite indagini iconografiche hanno cercato di svelarne il significato, formulando molte ipotesi interpretative; tuttavia, ancora oggi, nessuna proposta è considerata risolutiva.

Secondo alcuni storici, il soggetto è fortemente debitore dell’ambiente letterario fiorentino, dominato dalla figura del poeta Agnolo Poliziano, e si configura come un’allegoria della giovinezza, l’età dell’amore e della riproduzione, la stagione della vita più felice ma che passa più in fretta. Le tre Grazie (o le Ore) che danzano sarebbero dunque un’allegoria del tempo che scorre.

Secondo altri studiosi, invece, il quadro ha un significato ben più meditativo e di tutt’altro tenore, legato al contesto filosofico neoplatonico di Marsilio Ficino. Il dipinto rappresenterebbe l’avvento del Regno di Venere, inteso come momento di fioritura intellettuale e spirituale. Venere sarebbe l’allegoria delle virtuose attività intellettuali che elevano l’uomo dai sensi (rappresentati da Zefiro-Cloris-Flora), attraverso la ragione (le Grazie/Ore), sino alla contemplazione (Mercurio). Ma di questo difficile argomento torneremo a trattare in un prossimo articolo.

Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare della veste di Flora.
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Botticelli, Primavera, 1482-85. Particolare del prato fiorito.

Botticelli Galleria degli Uffizi Tempera


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