Puoi ascoltare il mio podcast su: Apple Podcasts | Google Podcasts | Spotify | Cos'è?
Nel corso degli anni Trenta e Quaranta del Novecento, si affermò, nell’America gravata dalla Grande Depressione, un movimento artistico denominato Realismo americano, di stampo marcatamente figurativo e contrapposto a quel fortunato fenomeno del Nuovo Astrattismo che aveva trovato in Pollock e in Rothko i più stimati capiscuola. Questo Realismo, in cui spiccò la figura di Hopper, raccontò la vita della gente qualunque, descrivendone, in genere, la povertà, la solitudine, la tristezza di una vita gravata da un senso di dolente abbandono.
In tale contesto emerse la figura di Andrew Wyeth (19172009), uno dei più noti artisti americani del XX secolo. Nel corso della sua lunga carriera, Wyeth dipinse soprattutto paesaggi e paesani della Pennsylvania e del Maine, gli Stati americani in cui risiedette. Egli spesso affermò: «Io dipingo la mia vita». In verità, la vita, nella sua quotidianità, costituì per Wyeth solo un pretesto, una occasione per costruire immagini cariche di mistero: sottilmente malinconiche, apparentemente familiari e tangibili eppure, a ben guardare, tratte dal mondo del sogno e della fantasia.
Il protagonista di Turkey Pond, per esempio, secondo quanto raccontato dall’artista è un suo amico. Turkey Pond è invece una zona dello Stato americano del New Hampshire. Ma guardando questo quadro, dipinto da Wyeth nel 1944, non pensiamo certo a un ritratto e nemmeno a un paesaggio. Quel signore che vaga solitario in mezzo alla campagna, apparentemente senza meta, dandoci le spalle, sembra molto più una metafora dell’uomo in cammino, dell’uomo alla ricerca del suo destino.
L’indiscusso capolavoro di Wyeth, Christina’s World, è ambientato in una cittadina del Maine dove l’artista risiedeva d’estate. Realizzato nel 1948, il quadro è ispirato alla figura di Christina Olson, una vicina di casa del pittore rimasta paralizzata alle gambe sin dall’infanzia, a causa di una poliomielite spinale. Nel dipinto, la donna è ritratta distesa tra i campi, senza sedia a rotelle, senza stampelle, protesa verso la sua abitazione, vicina ma irraggiungibile. Christina viveva praticamente chiusa in casa: l’artista la immaginò lontana dal suo rifugio, che tanto la rassicurava: sola, vulnerabile, smarrita.
Rockwell
Rientra nel contesto del Realismo americano anche l’opera del pittoreillustratore Norman Rockwell (18941978), conosciutissimo e molto amato dal pubblico per aver illustrato un gran numero di libri e aver disegnato 321 copertine per il magazine «The Saturday Evening Post». Rockwell, il cui stile è stato definito “realistaromantico”, ha influenzato generazioni di illustratori nel corso del XX secolo. Nel corso della sua lunga carriera ha raccontato la vita della piccola provincia americana, adottando come modelli gli abitanti delle cittadine in cui visse: le famiglie, i bambini, gli anziani. La rassicurante celebrazione dell’ambiente domestico fu la sua poetica forma di protesta agli orrori della Seconda guerra mondiale.
Negli anni Sessanta si impegnò per la difesa dei diritti civili nella lotta alla povertà. Nel 1964, realizzò una delle sue opere pittoriche più significative: Il problema con cui tutti noi viviamo. Il quadro ritrae Ruby Bridges, una bambina di colore di sei anni che sta andando a scuola: una scuola pubblica per soli bianchi di New Orleans. La piccola, oggetto continuo di insulti e minacce, viene scortata da quattro poliziotti. Sul muro leggiamo un insulto razzista, nigger, “negra”, e le lettere KKK, riferimento al Ku Klux Klan, la confraternita razzista che propugna la superiorità della razza bianca. Per terra, un pomodoro spiaccicato che evidentemente qualcuno ha gettato addosso a Ruby.
Ho scoperto solo oggi questo sito, e non smetto di leggere e cercare. Complimenti per tutto, per gli argomenti, le descrizioni affascinanti, L indicazione puntuale di contesti e dettagli. Lavoro prezioso. Grazie
Grazie di cuore per l’apprezzamento!