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Il fenomeno ottocentesco della pittura del vero, genericamente identificata con il termine Realismo, interessò, nelle sua varie declinazioni, soprattutto l’arte francese e italiana. Tuttavia, troviamo esempi molto interessanti di pittura realista anche in altri paesi europei e soprattutto in Russia. Il Realismo europeo.
Grande successo ebbe, in Inghilterra, il pittore Ford Madox Brown (1821- 1893), nato in Francia ma naturalizzato inglese dal 1844. La formazione di Brown avvenne in ambito romantico; grande ammiratore di Delacroix, frequentò il gruppo dei Nazareni in Italia (i quali influenzarono profondamente il suo stile) e quello dei Preraffaelliti in Inghilterra. Nonostante l’amicizia stretta con Dante Gabriel Rossetti, non volle mai aderire alla sua confraternita. Nell’arco della sua carriera, Brown dipinse preferibilmente soggetti storici o ispirati alla vita contemporanea.
Il suo capolavoro è Il lavoro. È un’opera d’impostazione realista che tuttavia affronta il tema della rivoluzione industriale e dell’evoluzione della società con un linguaggio fortemente allegorico. L’intento dell’artista, infatti, era quello di esaltare il valore morale del lavoro in sé. La scena è ambientata nella strada principale del sobborgo londinese di Hampstead, dove abitava l’artista. I vari personaggi rappresentano le diverse classi sociali. Gli sterratori, riconoscibili al centro della tela, sono operai specializzati nella costruzione di strade e ferrovie: nel contempo, potrebbero rappresentare la rottura delle vecchie gerarchie del tessuto sociale.
I due borghesi che compaiono sulla destra sono il socialista Thomas Carlyle e il filantropo John Frederick Denison, fondatore del Queen’s College per l’istruzione delle donne. Essi rappresentano il ceto intellettuale illuminato, impegnato a tutelare i ceti sociali meno abbienti (i trovatelli al centro della scena, la fioraia vestita di stracci a sinistra) e contrapposto alla ricca borghesia egoista (rappresentata dalle donne elegantemente vestite sul fondo).
Una forma di pittura del vero comparve anche in Germania, seppure senza particolare successo. In questo paese, infatti, il Romanticismo misticheggiante e carico di connotazioni simboliche, tipico di Friedrich, si era affermato in modo così profondo da contrastare, per tutto il XIX secolo, la diffusione di altre forme d’arte, improntate al naturalismo e alla schietta rappresentazione della realtà.
Adolph von Menzel (1815-1905) può essere considerato, per certi versi, un esponente realista, sebbene sia stato prioritariamente un illustratore (mestiere per il quale raggiunse una grande notorietà nel suo paese) e un pittore legato all’ambiente di corte. Dipinse soprattutto paesaggi e quadri a soggetto storico. Nell’ambito della sua produzione privata, tuttavia, egli realizzò altre opere, perlopiù disegni e acquerelli, che sarebbero risultate inaccettabili se fossero state rese pubbliche, e difatti l’artista preferì tenerle nascoste. Si tratta di raffigurazioni di soldati della guerra austro-prussiana raffigurati morti o morenti. Sono scene, queste, di un realismo quasi brutale, una documentazione spietata e lucidissima degli orrori della guerra.
A questo filone realistico di Menzel appartiene anche La fonderia, dipinta tra il 1872 e il 1875. In una fabbrica che sembra l’antro dell’inferno, gli operai sono impegnati in un lavoro massacrante. I loro volti praticamente non sono visibili, giacché questi uomini sono come macchine fra le macchine. Menzel, evidentemente, non aveva la stessa concezione etica del lavoro di altri artisti del suo tempo (pensiamo a Millet): per lui gli operai erano come schiavi disumanizzati, le loro condizioni di vita gli apparivano alienanti e mortificanti.
Un movimento pittorico schiettamente realista si affermò in Russia, dove emerse il pittore Il’ja Repin (1844-1930). Questo artista fu un grande innovatore, e non a caso è considerato come una delle figure di spicco dell’Ottocento russo. Esordì con dipinti a soggetto storico. I Cosacchi dello Zaporož’e scrivono una lettera al Sultano Mehmet IV di Turchia, realizzato in vent’anni di lavoro, fu acquistato dallo zar Alessandro III per una cifra esorbitante: 35.000 rubli. Mai, in Russia, una singola tela era stata pagata così tanto. Se questo quadro consentì a Repin di guadagnare fama e soldi, è per altri suoi capolavori che l’artista merita di essere ricordato: quelli in cui raccontò la vita della sua gente, con una lucidità critica che lo pone sullo stesso livello di grandi pittori europei come Courbet e Millet.
Il dipinto dei Trasportatori di chiatte sul Volga, del 1873, ha la forza comunicativa di quadri come Gli spaccapietre o Le spigolatrici, e non a caso attirò l’attenzione del grande scrittore Dostoevskij, che lo lodò pubblicamente. Un gruppo di poveracci, alcuni dei quali anziani, legati come bestie da soma a grandi cinghie di cuoio, trascinano controcorrente una imbarcazione lungo il fiume Volga, camminando sulla riva. L’espressione affaticata, affranta, disincantata dei loro volti è resa in modo magistrale. D’altro canto, Repin fu anche un eccezionale ritrattista.
In Russia si affermò il gruppo degli Itineranti, artisti legati al Realismo che organizzarono mostre di pittura in giro per il paese. Polemici nei confronti dell’Accademia Russa di Belle Arti, vollero portare l’arte nelle campagne e nelle piccole città, sottraendola al controllo dei professori accademici. Leader del gruppo fu Ivan Nicolaevič Kramskoj (1837-1887), pittore di talento che dipinse diversi ritratti di famosi scrittori, scienziati, artisti e personaggi pubblici russi, tra cui il grande scrittore Tolstoj.
Uno dei suoi quadri più importanti è Cristo nel deserto del 1872. Benché si tratti di un soggetto religioso (non così diffuso nella pittura dell’Ottocento), la scena è riprodotta con un linguaggio quasi fotografico. Il volto di Gesù, umanissimo, è intenso, affaticato, stanco e chiaramente provato dal caldo e dal digiuno. Il paesaggio pietroso è reso con assoluta padronanza della tecnica.
I pittori russi furono anche eccellenti paesaggisti. Ricordiamo Ivan Ajvazovskij (1817-1900), famoso per i suoi paesaggi marini. Lo scrittore Anton Cecov usava dire «degno del pennello di Aivazovskij» per indicare qualcosa di straordinariamente bello. Aleksej Savrasov (1830-1897) amò dipingere paesaggi invernali di struggente lirismo. Egli fece parte del gruppo degli Itineranti, così come Ivan Šiškin (1832-1898), celebre per i suoi paesaggi con foreste, piene di animali. Isaac Levitan (1860-1900) fu molto amico di Anton Cecov. I suoi paesaggi tristi e malinconici, soprattutto quelli degli anni 1885-90 sono equiparati ai capolavori dell’Impressionismo francese.