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Il Ritratto di Innocenzo X di Francis Bacon
Un simbolo dell’angoscia contemporanea.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in Il Novecento: gli anni Cinquanta e Sessanta – Data: Marzo 29, 2021 1 commento 5 minuti
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Francis Bacon (1909­1992), pittore irlandese naturalizzato inglese, è stato certamente uno degli artisti più interessanti del secondo XX secolo. “Pittore maledetto” per i cliché più consolidati dell’arte, in quanto nevrotico, alcolizzato e per di più omosessuale dichiarato, in un’epoca in cui tale condizione era considerata inaccettabile, si fece interprete del disagio e dell’angoscia esistenziale che gravavano sulla società europea post-bellica. Il Ritratto di Innocenzo X di Bacon.

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Non a caso, egli è considerato un esponente di fatto dell’Esistenzialismo novecentesco, quello stesso che aveva prodotto capolavori letterari come La nausea di JeanPaul Sartre. Bacon produsse figure isolate contro un fondo buio e ostile, ingabbiate, urlanti e deformi, sempre profondamente tragiche. I protagonisti dei suoi quadri sono la più alta espressione del mal di vivere contemporaneo, incarnano un’umanità disperata, sconfitta, incapace di riscattarsi.

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Della vasta produzione di Bacon, sono famose le rielaborazioni in chiave espressionista di quadri del passato, tra cui le molte versioni del celebre Ritratto di Innocenzo X di Velázquez.

Diego Velázquez, Ritratto di Innocenzo X, 1650. Olio su tela, 1,4 x 1,2 m. Roma, Galleria Doria Pamphilj.

Screaming Pope

Bacon non ebbe mai modo di vedere, e non volle mai farlo, l’originale seicentesco, conservato a Roma. Si limitò ad analizzarlo attraverso le riproduzioni fotografiche: «ritengo che sia uno dei più grandi ritratti mai realizzati, e per me è diventato una vera ossessione. Compro un libro dopo l’altro con dentro la riproduzione del papa di Velázquez, semplicemente perché mi assilla e apre in me ogni sorta di sensazioni e persino campi di… stavo per dire… immaginazione». Bacon cominciò a studiare il quadro di Velázquez a partire dal 1949, partendo dalla testa del papa, che sin da questa prima fase sperimentale viene presentata urlante.

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Francis Bacon, Head VI, 1949. Olio su tela, 93,2 × 76,5 cm. Londra, Hayward Gallery, Arts Council collection.

Senza dubbio, altra fonte di ispirazione fu per l’artista un fotogramma del celebre film espressionista, La corazzata Potëmkin di Ėjzenštejn, capolavoro del 1925. Della protagonista di quella celebre scena, una anziana bambinaia ferita a morte, Bacon riportò, trasferendoli sul volto del pontefice, perfino gli occhiali storti.

Un fotogramma dal film La corazzata Potëmkin di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, 1925.

Un viaggio interiore

L’artista tornò su questo soggetto più e più volte, producendo una serie di circa quarantacinque quadri, che inquadrano la testa, il busto o la figura intera del papa. Attraverso questa serie, intitolata Screaming Pope, Bacon ha voluto affrontare un vero e proprio viaggio metaforico nell’interiorità dell’individuo e al tempo stesso, nell’Inferno dell’esistenza.

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Francis Bacon, Study for a Head, 1952. Olio su tela. Collezione privata.

I suoi volti urlanti di Innocenzo X, insomma, non sono più ritratti di un singolo individuo ma prestano il volto all’umanità intera. E quel grido diventa urlo interiore, capace di far emergere la verità, di smascherare la finta tranquillità, la finta gioia, il finto ottimismo di una società falsa e ipocrita che aveva sconvolto il mondo con una guerra mondiale. In tal senso, davvero Bacon può essere considerato il più degno erede di Munch.

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Edvard Munch, L’urlo, 1910. Tempera su pannello, 83 x 66 cm. Oslo, Munchmuseet.

La versione di New York

Nella versione dipinta nel 1953, e oggi conservata a New York, il papa è mostrato urlante, con la bocca spalancata e i denti sconnessi, mentre si tiene saldamente ai braccioli del suo trono. È privo di capelli e sembra indossare un buffo cappello. Il suo sedile è marcatamente stilizzato e reso attraverso poche linee gialle che lo trasformano in un recinto, in una trappola. Lo sfondo è nero, sicché la figura del pontefice sembra emergere (o venire inghiottita) da un buio fosco e profondo. Tutto il dipinto è infine ricoperto da pennellate verticali azzurre, che richiamano i tendaggi alle spalle di Innocenzo X nell’originale, qui trasformati in una sorta di flusso energetico che tende a cancellare la figura.

Francis Bacon, Ritratto di Innocenzo X di Velázquez, 1953. Olio su tela, 1,52 x 1,18 m. New York, Collezione Carten Burden.

Il pontefice dipinto dal grande maestro spagnolo era un uomo forte, risoluto, sicuro di sé, e come tale fu rappresentato. L’Innocenzo X di Bacon è un uomo completamente solo, disperato e terrorizzato, che non ce la fa più, che si ribella al peso della sua autorità ma che, prigioniero di una gabbia, del suo ruolo, non può scappare, giacché il potere lo intrappola. Urla a squarciagola, come se il suo trono si fosse trasformato in una sedia elettrica, investendolo di una energia distruttiva che lo consuma fra dolori atroci.

A sinistra: Diego Velázquez, Ritratto di Innocenzo X, 1650. Olio su tela, 1,4 x 1,2 m. Roma, Galleria Doria Pamphilj. A destra: Francis Bacon, Ritratto di Innocenzo X, 1953. Olio su tela, 1,52 x 1,18 m. New York, Collezione Carten Burden.

Il capolavoro seicentesco di Velázquez è un ritratto ufficiale e come tale mostra il pontefice infallibile, impegnato nel suo ruolo, consapevole della propria responsabilità. Bacon dipinge l’uomo che chiede aiuto, probabilmente invano, mostrandone l’identità più nascosta e le fragilità più recondite.

Francis Bacon nel suo studio, accanto a una delle versioni del Ritratto di Innocenzo X.


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