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Nell’antica Roma, nell’ambito dell’ambizioso programma di promozione dell’immagine imperiale, la ritrattistica ufficiale assunse un ruolo a dir poco determinante, rientrando in una vera e propria strategia di comunicazione politica. In epoca romana, infatti, i ritratti di uomini di Stato, e soprattutto degli imperatori, rispettavano specifiche indicazioni stilistiche, rientrando in una “campagna di comunicazione” a tutti gli effetti. Ritratto romano imperiale.
Abbiamo ritrovato oltre 120 ritratti di Cesare Ottaviano Augusto e certamente furono molti di più quelli diffusi, ai suoi tempi, in ogni angolo dell’impero, al chiuso come all’aperto, in statue di bronzo e marmo, su monete, camei, gemme preziose, tavole lignee, vasi, armi e utensili. L’imperatore era e doveva essere onnipresente. Sono talmente tanti, questi ritratti di Augusto, che gli studiosi hanno cercato di classificarli in vari modi, basandosi, per esempio, sul cambiamento della fisionomia del volto oppure sull’evoluzione della capigliatura e sulla disposizione dei riccioli.
I busti marmorei di Augusto, realizzati prima che questi diventasse imperatore, ancora rappresentano l’immagine di un uomo vitale e ambizioso, dal volto scarno e magro, i tratti irregolari, gli occhi piccoli, il mento stretto e appuntito, i capelli ricci e spettinati spostati su un lato, imbronciato e dall’aria inquieta. La mascella contratta, la fronte leggermente aggrottata, così come le sopracciglia, indicano tutta la tensione nervosa nel giovane. Questi ritratti, molto probabilmente, mostrano ancora il suo vero aspetto, quello di un ragazzo che voleva cambiare la Storia, come Augusto medesimo ricorda: «A 19 anni, di mia iniziativa e con spesa privata, misi insieme un esercito, con il quale vendicai la Repubblica oppressa nella libertà dalla dominazione di una fazione» (Res Gestae Divi Augusti I,1). Ritratto romano imperiale.
Questa rappresentazione è ben diversa da quella del mite e saggio imperatore che i ritratti ufficiali avrebbero propagandato di lì a poco nei territori dell’impero. I ritratti di Augusto sono infatti il risultato di un’operazione d’immagine assai accorta. Grazie all’aria distaccata, autorevole, idealizzata, eroica della sua figura, Augusto si identificò con la forza, la stabilità e l’efficacia militare di Roma stessa. D’altro canto, la maggior parte del popolo romano conobbe l’imperatore soltanto attraverso tali ritratti ufficiali.
L’Augusto loricato (vestito della lorìca, la ‘corazza’) più noto come Augusto di Prima Porta dal luogo del ritrovamento, è un emblematico esempio d’immagine del sovrano adeguata al nuovo ruolo che l’imperatore si era costruito. Il braccio destro è alzato nel tipico gesto dell’adlocutio, mentre arringa i suoi soldati; la mano sinistra invece manteneva il bastone, simbolo di regalità.
Il modello di riferimento per questo ritratto è palesemente il Dorìforo di Policleto, sebbene Augusto sia presentato frontalmente, in una posizione più consona a rappresentare il potere imperiale. Ritratto romano imperiale.
Augusto appare come un uomo calmo e sereno, sicuro di sé ma senza esagerazione, anzi saggio e riflessivo. Un uomo forte, deciso e consapevole, che sembra portare sulle sue spalle tutte le preoccupazioni del mondo. Il volto, intenso e solenne, è ancora somigliante ma idealizzato ad arte, in modo da far apparire l’imperatore senza età, nonostante i suoi 36 anni, con tratti somatici che rasentano la perfezione.
La corazza, decorata con raffinate immagini simboliche e allegoriche, esalta la bellezza di un corpo muscoloso. La statua, un tempo, era molto diversa da come ci appare oggi: i particolari del viso erano sottolineati da vivaci colori, i capelli e i personaggi a rilievo sulla corazza bianca erano dipinti di azzurro e rosso, mentre il manto era una cascata di rosso porpora.
In un’altra celebre scultura, Augusto è ritratto nelle sue vesti di Pontefice Massimo, la più alta carica religiosa dello Stato, con gli attributi specifici della sua mansione tenuti nelle mani (oggi andati perduti). I tratti più senili del volto e un’aria di pacata sofferenza sembrano voler accentuare la gravità e la mitezza della persona. Ritratto romano imperiale.
«Grazie a questi ritratti prese forma il mito dell’impero augusteo, in una dimensione che andava al di là della realtà effettiva. Il programma di comunicazione di Augusto fu di una modernità che sorprende ancora, soprattutto oggi che la dimensione estetica della politica è essenziale a tal punto da far parlare di una vera e propria “personalizzazione della politica”. Secondo ben calibrate regole di comunicazione, come abbiamo visto antichissime, ugualmente gli uomini politici di oggi si sforzano di costruire un’immagine idealizzata e composita di sé, studiata per farsi amare dal proprio elettorato».
«Ogni leader sceglie uno stile preciso, cura la propria immagine e costruisce il proprio personaggio e la sua rappresentazione. Oggi il linguaggio diretto dei media (radio, televisione, Rete e social network) ha spostato l’attenzione dall’ideologia e dal programma politico all’immagine del politico, che in molti casi è l’unico aspetto su cui l’elettore formula il suo giudizio» (V.Polito).
I ritratti degli imperatori che seguirono, Tiberio, Caligola e Claudio, mantennero i caratteri classicheggianti dello stile augusteo. Già le effigi di Nerone, invece, abbandonarono la semplicità del classicismo imperiale. Gaio Svetonio Tranquillo, storico e biografo romano dell’età imperiale, descrisse impietosamente l’aspetto fisico di Nerone, ricordandolo come un uomo sgradevole: «statura giusta, corpo macchiato e fetido, capelli biondicci, volto bello, occhi azzurri, collo obeso, ventre prominente, gambe gracilissime». Anche Plinio il Vecchio, contemporaneo di Nerone, descrive queste macchie della sua pelle, probabilmente lentiggini. Ritratto romano imperiale.
L’imperatore, quindi, doveva avere i capelli rossi o rossicci. In effetti, i ritratti di Nerone, anche quelli ufficiali, tendono a confermare tali descrizioni ed evidenziano il sovrappeso del giovane imperatore, dovuto alla sua ben nota propensione alla buona tavola. Ritratto romano imperiale.
In età flavia (69-96 d.C.), l’apparente incompatibilità fra la forte tradizione del ritratto veristico di stampo repubblicano e la tendenza neoellenistica di idealizzare il soggetto raffigurato si risolse nella convivenza di due stili diversi. I ritratti privati di Vespasiano, per esempio, ci mostrano un vecchio plebeo dai tratti un po’ grossolani, con occhi piccoli e ravvicinati che sembrano concentrati nello sforzo di comprendere un ideale interlocutore. Anche Svetonio, d’altro canto, lo ricorda come un uomo dalla figura tarchiata, dalle membra robuste, dalla pelle cotta dal sole e dal volto perennemente contratto. I ritratti pubblici di Vespasiano, invece, rappresentano l’imperatore come un intellettuale, nobile d’aspetto e assorto nei suoi pensieri. Ritratto romano imperiale.
I ritratti dell’imperatore Tito, figlio di Vespasiano, vogliono comunicare i caratteri di mitezza e di gentilezza per cui questo principe era conosciuto e ricordato. Domiziano, che di Tito era fratello e che gli succedette, è invece noto per la sua dissolutezza e crudeltà. I busti che lo ritraggono evidenziano il collo grosso, tipico dei flavi (sebbene più lungo di quello del padre e del fratello), il naso importante e ricurvo, il mento sporgente, l’evidente stempiatura.
Ai flavi seguì la serie dei cosiddetti “imperatori adottivi”. Il realismo con il quale sono resi i tratti del volto di Nerva indicano un ritorno alla tradizione iconografica repubblicana. Tuttavia, mentre la precedente ritrattistica di età flavia, soprattutto quella privata, aveva spesso ricercato una certa immediatezza espressiva e popolaresca, il volto lungo e magro di Nerva, dall’espressione assorta, intende proporre un’immagine austera e dignitosa dell’imperatore. Ritratto romano imperiale.
Con Traiano, l’immagine dell’imperatore appare sempre caratterizzata, nei ritratti pubblici come in quelli privati, da un solido realismo monumentale, che trasmette l’immagine di un uomo (e non di un semidio) il cui volto è segnato dall’intensa determinazione del condottiero. Uno dei busti più celebri, conservato a Venezia, lo mostra con la caratteristica chioma liscia sulla fronte bassa: il naso è dritto e largo, le labbra sono sottili, il mento è pronunciato. Nonostante il marcato realismo e la scarsa propensione all’idealizzazione di stampo ellenistico dei ritratti traianei, le immagini dell’imperatore puntano a presentarlo come un leader uso al comando e dotato di grande capacità di controllo.
Adriano amò farsi ritrarre pensieroso e distaccato e con la barba lunga dei filosofi greci. Adriano fu, infatti, il primo imperatore romano a portare la barba. In una celebre testa, un tempo parte di un busto, conservata a Roma, presenta il capo lievemente ruotato verso la propria sinistra: ciò gli conferisce una certa naturalezza ma anche un atteggiamento deciso e fermo. L’immagine, nel suo complesso, appare nuovamente idealizzata, con un certo abbandono del realismo traianeo, e ciò a causa del filo-ellenismo dell’imperatore.
Costituisce un caso iconografico particolare di età adrianea la rappresentazione di Antinoo, un giovane greco originario della Bitinia (nell’attuale Turchia) di cui l’imperatore si innamorò perdutamente. Nel 130 d.C., il ragazzo, appena diciottenne, morì in circostanze misteriose in Egitto, durante una navigazione sul Nilo. L’imperatore, che secondo lo storico latino Elio Sparziano «lo pianse con accenti femminili», pretese la sua divinizzazione e volle che il culto dell’amato fosse praticato in tutti gli angoli dell’Impero, soprattutto in Egitto e nelle terre di lingua greca. Per questo motivo, sono numerosi i ritratti di Antinoo, sotto forma di busti, statue e bassorilievi. La sua più tipica iconografia lo mostra in tutta la sua bellezza e nel fiore degli anni, completamente nudo e con il corpo efebico, secondo la tradizione classica ellenica.
Anche l’imperatore filosofo Marco Aurelio appare sempre caratterizzato da un atteggiamento grave e solenne. Il suo Monumento equestre lo rappresenta in groppa al cavallo, con il braccio destro levato nell’atto di arringare la folla. La statua riesce a rendere con efficacia la personalità del principe, costretto dalle ragioni di Stato a portare avanti una guerra che non amava. Egli è infatti mostrato senza armatura, con lo sguardo distante, come immerso in profondi pensieri, tanto da comunicare un senso di solenne pacatezza che suggerisce una superiorità morale.
Delle numerose statue equestri che decoravano i fori di Roma, questa di Marco Aurelio è l’unico esempio pervenuto fino a noi: nell’Alto Medioevo, infatti, questa figura a cavallo fu erroneamente identificata con Costantino, l’imperatore che aveva concesso libertà di culto ai cristiani, e per questo non fu distrutta come le altre che rappresentavano imperatori pagani.
Con il successore di Marco Aurelio, Commodo, la tendenza alla divinizzazione si concretizzò in forme di pura irrazionalità. I preziosi ritratti in marmo del giovane imperatore ci mostrano come l’eleganza e la perfezione raggiunte dalla tecnica potessero testimoniare gli eccessi di un potere deviato.
Il Ritratto di Commodo come Ercole, per esempio, presenta i tratti del volto del giovane imperatore in modo realistico, come possiamo ricavare da un confronto con altri busti: il volto allungato, gli occhi sporgenti e un po’ socchiusi, il naso affilato, la bocca carnosa, la barba e la capigliatura molto folte. Tuttavia, la presenza dei tipici attributi di Ercole, ossia la pelle di leone sul capo e i pomi delle Esperidi tenuti nella mano sinistra, testimoniano la volontà di Commodo di essere venerato come un essere superiore. D’altro canto, pare che il giovane imperatore, ricordato come poco intelligente, instabile di mente e fanatico dello sport, credesse veramente di essere una reincarnazione del dio.
Un commento interessante e ben illustrato della ritrattistica romana imperiale. Né prolisso né noioso legando la politica all’arte dalla sua espressione.
Grazie, mi fa molto piacere.
Ben fatto, semplice e chiaro il testo, molto interessanti le ricostruzioni computerizzate dei volti degli imperatori!
Grazie mille!
Complimenti, un articolo ben fatto ed interessante. Vespasiano ricorda molto Lyndon Johnson. Comunque l’ espressione di Tiberio è tutto un programma, mentre in Augusto vedo un mix di Craig e Putin.
Grazie mille per l’apprezzamento!
Appagante di molte inespresse curiosità e ritratti più vicini alle nostre conoscenze
Grazie. Tutto molto interesante. Antonio Ienco
Ottima e chiara sintesi