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Il Romanticismo italiano presentò caratteristiche molto diverse da quelle dei movimenti sviluppatisi in Francia, Germania e Inghilterra. In Italia, infatti, il Romanticismo s’identificò con il Risorgimento, il movimento dei patrioti che lottavano per la formazione di uno Stato unitario e indipendente dallo straniero. Questa circostanza coincise nelle arti figurative soprattutto con l’affermazione della pittura di storia, che peraltro era già ampiamente riconosciuta come genere dominante con il Neoclassicismo. Romanticismo e Scapigliatura in Italia.
I pittori romantici cambiarono tuttavia la loro fonte d’ispirazione: sostituirono la storia di Roma con quella medievale, i cui episodi potevano offrire stimolanti allegorie della lotta risorgimentale per la libertà; il Medioevo, inoltre, fu inteso come l’età gloriosa della religiosità e dell’affermazione di una coscienza nazionale. Sul fronte stilistico, i pittori del Romanticismo italiano si presentarono come continuatori del Neoclassicismo: nella loro pittura predominò il disegno, mentre la compiutezza e la levigatezza delle forme furono considerate requisiti fondamentali dell’arte.
A Roma, i primi segni di un passaggio dalla sensibilità neoclassica a quella romantica si avvertirono nel 1810, a opera del gruppo dei Nazareni, una confraternita artistica di pittori tedeschi guidati da Friedrich Overbeck (1789-1869). Questi artisti praticavano una vita ascetica e comunitaria, fondata su ideali di eguaglianza, fede e patriottismo. Risiedevano nel Convento di Sant’Isidoro, sul Pincio; vestivano con ampi mantelli e giubbe di velluto nero, dai polsini e dai colletti di merletto bianco; portavano barbe folte e lunghe chiome: per questo furono soprannominati “i Nazareni”. Ispirati programmaticamente alla pittura di Raffaello e di altri maestri rinascimentali, tra cui Michelangelo, Bronzino e Pontormo, i Nazareni si fecero promotori di un’arte devozionale e arcaicizzante.
Overbeck caratterizzò le sue opere con un’intensa spiritualità; ridusse le sue figure all’essenziale e adottò colori tenui e delicati, come si può vedere nel suo capolavoro Italia e Germania. In quest’opera, l’autore presenta una visione idealizzata del Medioevo: due ragazze, allegorie dei due paesi, si stringono le mani delicatamente, in segno di affettuosa amicizia. Alle loro spalle, si distende un paesaggio concepito in chiave simbolica: alle spalle della bruna Italia si apre la campagna laziale con una pieve romanica; alle spalle della bionda Germania, contro un paesaggio di bellezza ideale, svetta un turrito bastione gotico tedesco.
Negli anni successivi, ancora nella città di Roma, si sviluppò un altro movimento artistico volto al recupero del passato, il cosiddetto Purismo. Nato negli anni Quaranta dell’Ottocento, il movimento si proponeva un recupero dell’arte dei cosiddetti “primitivi”, cioè dei pittori del Trecento e Quattrocento italiano, da Cimabue a Raffaello. I Puristi destinarono particolare attenzione a Beato Angelico, Benozzo Gozzoli e Perugino, il cui stile si offriva come modello insuperato per una pittura moderna semplice nelle forme e a un tempo espressiva di altissimi contenuti etici e religiosi.
L’artista Tommaso Minardi (1787-1871) fu tra i firmatari del manifesto purista. Formatosi nel clima neoclassico dell’Accademia di San Luca a Roma, entrò in contatto col gruppo dei Nazareni. Il giovanile Autoritratto in soffitta, del 1813, normalmente considerato il suo capolavoro, è un quadro denso di suggestioni romantiche. La mansarda, descritta dettagliatamente, era del tutto adeguata alla vita di un bohémien. Il teschio presso il materasso allude alle solitarie meditazioni del pittore sul tema della morte.
Nella sua produzione successiva al 1825, ispirata alla pittura quattrocentesca umbra e toscana, Minardi lascia prevalere un morbido linearismo. Eseguì molti dipinti sacri, per alcune chiese di Roma e di Spoleto; ricordiamo la sua Madonna del Rosario, con tutta evidenza ispirata dalle opere giovanili di Raffaello.
La Scapigliatura fu un movimento culturale cui si rifecero soprattutto gli artisti lombardi e piemontesi negli anni 1860-70. Il termine fu impiegato per la prima volta dallo scrittore milanese Cletto Arrighi (1828-1906), nel suo romanzo La scapigliatura e il 6 febbraio (1862), come corrispondente italiano del sostantivo bohème, usato in Francia per indicare gli zingari e, per esteso, uno stile di vita libero, disordinato e anticonformista. Gli scapigliati contrapposero polemicamente l’esaltazione del vizio e dell’anarchia alla morale e ai costumi borghesi.
Al movimento letterario parteciparono anche alcuni artisti, accomunati agli scrittori dalla condotta di una vita sregolata, dalla ribellione alle convenzioni sociali, dal rifiuto per le regole accademiche. Fautori di una pittura d’effetto e d’atmosfera, i pittori rinunciarono all’uso del disegno; attraverso un uso suggestivo dello sfumato, dissolsero le forme in macchie luminose di colore, in impasti palpitanti ed evanescenti. Se questa tecnica “non finita” si presentò come chiaramente rivoluzionaria, i temi scelti, evocando gli slanci malinconici di una vita interiore inquieta, risentirono tuttavia del sentimentalismo romantico.
Federico Faruffini (1831-1869), pittore e incisore attivo a Milano e a Parigi (dove soggiornò tra il 1865 e il 1867), può essere considerato un precursore della Scapigliatura. Abbandonata la tradizionale pittura di storia, con la quale vinse anche alcuni premi, raggiunse uno stile del tutto personale, contribuendo al rinnovamento pittorico poi attuato dagli scapigliati.
La sua grande sensibilità cromatico-luministica è pienamente rivelata nel quadro La lettrice (1864), suo indiscusso capolavoro. Questo dipinto raffigura un momento silenzioso di vita domestica, cercando di coglierne l’intima atmosfera.
Una giovane donna è raffigurata mentre legge un romanzo, comodamente seduta su un divano rosso, con una sigaretta accesa nella mano. Sul tavolo di fronte a lei sono sparsi alcuni oggetti: qualche libro, una viola nel bicchiere, una penna, una candela spenta e una bottiglia. Una luce suggestiva segue percorsi immaginari. Illumina il braccio in primo piano della donna e le pagine del libro che questa legge ma lascia in penombra il suo volto, di cui s’intravede appena il profilo delicato.
La pittura sfrangiata della veste e della pagina colpita dalla luce si contrappone a quella più netta e definita dei libri scuri sulla sinistra; è come se l’artista avesse voluto mettere improvvisamente a fuoco un piccolo frammento di realtà quotidiana, a contrastare ed esaltare insieme quella malinconica atmosfera da sogno.
Anche Tranquillo Cremona (1837-1878), uno dei principali esponenti della Scapigliatura, esordì con soggetti storici. Il suo nuovo modo di concepire la pittura, che non rispettava il dato naturale ma plasmava il colore su valenze luminescenti e simboliche, sovvertì completamente le regole accademiche. I contorni sfumati e gli effetti chiaroscurali dei suoi dipinti rendono il suo stile assolutamente inconfondibile.
L’edera, del 1878, è considerato il suo capolavoro. L’opera esprime una grande tensione sentimentale, che culmina nell’abbraccio dei due amanti, nell’espressione dei loro volti e negli sguardi ardenti di desiderio. L’insistenza su questi temi ricchi di implicazioni emotive costituì l’aspetto dominante e,nel contempo, il limite della sua opera.
Daniele Ranzoni (1843-1889), grande amico di Tranquillo Cremona, studiò all’Accademia di Brera di Milano e all’Albertina di Torino, che lasciò per avvicinarsi al movimento della Scapigliatura lombarda. Nei suoi magnifici paesaggi creò immagini di grande fascino, grazie a una luminosità morbida e soffusa, ricca di suggestive vibrazioni cromatiche. Nei suoi ritratti femminili e infantili, tra cui I figli dei principi Troubetzkoi(1873-74), caratterizzati da una sottile penetrazione psicologica, l’artista riecheggiò i modi della pittura veneta del Settecento.Tuttavia, seppe trasfondervi i caratteri della sua sofferta malinconia, segnata da una dolce interiorità e priva di ostentazione romantica.
I capolavori del Ranzoni, ricchi di vibranti atmosfere, animati da luci diffuse e rarefatte, stilisticamente caratterizzati da tratti filamentosi e sfrangiati, si distaccano da quelli del Cremona perché rifuggono ogni gratuito virtuosismo e sentimentalismo lezioso. Le sue figure, infatti, sono rese indefinite da un morbidissimo sfumato e dall’assenza di contorno lineare e appaiono dolcemente fuse con l’atmosfera dell’ambiente che le circonda; tuttavia, sono anche sostenute da un più accentuato senso plastico.