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Il San Giorgio di Donatello
Il meraviglioso gesto di muoversi dentro a un sasso.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in L’età rinascimentale: il Quattrocento – Data: Novembre 14, 2020 0 commenti 6 minuti
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Lo scultore rinascimentale Donatello (1386 ca.-1466), indiscusso protagonista della storia dell’arte quattrocentesca, ancor giovane, lasciata da poco la bottega di Ghiberti, ebbe l’occasione di entrare a far parte di un gruppo di scultori attivi nei più importanti cantieri di Firenze. Uno di questi era rappresentato dalla Chiesa di San Michele in Orto, detta comunemente Orsanmichele. Il San Giorgio di Donatello.

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Questo edificio gotico era stato costruito nel XIV secolo e presentava all’esterno quattordici grandi nicchie, destinate a contenere le statue dei santi protettori delle Arti cittadine: nicchie che, alla fine del secolo, erano ancora vuote. Donatello fu incaricato di scolpire un San Marco e un San Giorgio.

Chiesa di Orsanmichele a Firenze, XIV secolo.
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Chiesa di Orsanmichele a Firenze, XIV secolo. Veduta angolare. Sulla sinistra, la nicchia con il San Giorgio di Donatello.

Il San Giorgio

Il San Giorgio venne commissionato a Donatello intorno al 1416 dall’Arte degli Spadai e dei Corazzai. Giorgio, infatti, era stato un guerriero e per questo i fabbricanti di armi lo avevano scelto come patrono. La statua è stata sempre considerata come la prima personificazione dell’eroe rinascimentale.

Il giovane santo, dalla postura eretta e fiera, è mostrato vestito di una bella armatura, parzialmente coperta da un corto mantello, e tiene di fronte a sé un grande scudo crociato. Un tempo, impugnava anche una spada. Il busto, leggermente ruotato verso la propria destra, fa perno sulle gambe, aperte saldamente a compasso. Nel suo insieme, l’atteggiamento del giovane esprime un’idea di fermezza morale.

Donatello, San Giorgio, 1416- 20. Marmo, 209 x 67 cm. Firenze, Orsanmichele. Copia in marmo dell’originale, oggi al Museo Nazionale del Bargello.

Giorgio è colto nell’atto di guardare verso la sua sinistra, con uno scatto della testa; il gesto, sottolineato anche dai tendini del collo e dalle sopracciglia aggrottate, indica che il giovane vede il nemico avvicinarsi e si prepara ad affrontarlo. La grande novità dell’opera risiede proprio in questo. Mentre le sculture medievali, dagli occhi fissi e sgranati, amavano rappresentante l’uomo che contempla passivo la trascendenza divina, il San Giorgio di Donatello volge uno sguardo intenso e concreto verso il mondo, ha l’atteggiamento attivo di chi, pur nella fede in Dio, conta sulle proprie forze e diventa artefice del proprio destino.

Donatello, San Giorgio, 1416- 20. Marmo, 209 x 67 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

Altrettanto originale è questo equilibrato contrasto fra stasi e movimento in atto: la posizione sicura è mossa dalla vitalità dell’espressione, mentre alla rigidezza dell’armatura si contrappone la morbidezza del mantello, allacciato sulla spalla destra. Questa contrapposizione fra la salda struttura e gli scarti dinamici improvvisi produce una straordinaria tensione psicologica.

Donatello, San Giorgio, 1416- 20. Particolare del busto.

Nella bellezza un poco astratta del volto giovanile e nella delicatezza aristocratica della mano sinistra si colgono i ricordi dell’educazione gotica, probabilmente apprezzata dai committenti; d’altro canto, il realismo dei particolari è assoluto. L’armatura del santo, ad esempio, è una replica esatta di un modello quattrocentesco, e viene da pensare che i membri della corporazione dei Corazzai abbiano fornito allo scultore un originale da copiare.

Donatello, San Giorgio, 1416- 20. Particolare del volto.

L’uccisione del drago

Nella parte inferiore della nicchia che ospita il San Giorgio, si trova una sorta di predella, cioè una formella a bassorilievo con San Giorgio e il drago, dove l’artista ebbe modo di sperimentare le nuove regole della prospettiva brunelleschiana.

Donatello, San Giorgio e il drago, 1416-20. Marmo, 40 x 120 cm. Firenze, Orsanmichele. Copia in marmo dell’originale, oggi al Museo Nazionale del Bargello.

Si nota subito che tutte le linee, quelle della tana del drago a sinistra e quelle del porticato a destra, convergono verso la figura di san Giorgio a cavallo. Ne risulta una nuova concezione dello spazio, che al centro sembra andare in profondità mentre ai lati pare espandersi, oltre la cornice dell’opera.

Donatello, San Giorgio e il drago, 1416-20. Marmo, 40 x 120 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

Questo bassorilievo è importante perché presenta il primo esempio conosciuto di schiacciato donatelliano. Si tratta di un bassorilievo estremamente appiattito, che riconduce la scultura alla pittura e consente di applicare il metodo prospettico come in un disegno.

Donatello, San Giorgio e il drago, 1416-20. Particolare con la principessa.

Il San Giorgio, nel 1854, fu danneggiato da un atto vandalico (una sassata provocò la rottura del naso); nel 1891 si decise dunque di trasferire l’opera al Museo Nazionale del Bargello. La seguì, nel 1976, la formella del basamento. L’originale fu sostituito prima, nel 1892, da una copia in bronzo e successivamente, nel 2008, da una copia in marmo.

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Il giudizio di Vasari

Vasari, nella sua Vita di Donatello, ebbe parole di gran lode per il San Giorgio, alcune delle quali davvero emblematiche. «All’Arte de’ Corazzai fece una figura di S. Giorgio armato, vivissima; nella testa della quale si conosce la bellezza nella gioventù, l’animo et il valore nelle armi, una vivacità fieramente terribile et un maraviglioso gesto di muoversi dentro a quel sasso. E certo nelle figure moderne non s’è veduta ancora tanta vivacità, né tanto spirito in marmo, quanto la natura e l’arte operò con la mano di Donato in questa».

Donatello, San Giorgio, 1416- 20. Particolare del volto.

Il meraviglioso gesto «di muoversi dentro a quel sasso» indica che, secondo Vasari, san Giorgio pare vivo, e non di pietra. D’altro canto, quest’ansia degli artisti rinascimentali di dar vita alle loro opere è ben testimoniata da un aneddoto, forse inventato, secondo il quale Donatello parlava al suo Abacuc mentre lo scolpiva: «mentre che lo lavorava, guardandolo tuttavia gli diceva: “Favella, favella, che ti venga il cacasangue!”» come a dire, in modo poco elegante, “parla, ti venisse la dissenteria”. Un aneddoto simile è ricordato anche per Michelangelo, che avrebbe preso a martellate il suo Mosè colpevole di tacere.

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Il Buonarroti, d’altro canto, considerò Donatello come il suo unico, vero maestro ideale: sulle sue opere si formò e a lui guardò sempre come a un modello di riferimento indiscusso. La concezione generale del San Giorgio è infatti la medesima del celeberrimo David michelangiolesco.


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