Vittore Carpaccio (1465-1526) fu tra i principali pittori di grandi tele (teleri) della Venezia rinascimentale e uno dei più attenti testimoni della vita quotidiana dei suoi concittadini. Non conosciamo né la data precisa né, con certezza, il luogo di nascita di questo pittore, che pure fu tra i più acclamati del tardo Quattrocento. Nulla sappiamo, inoltre, del suo apprendistato. Carpaccio fu impegnato in una delle più importanti commissioni della sua carriera fra il 1490 e il 1495: si tratta del gruppo di nove teleri con le Storie di Sant’Orsola per la Scuola di Sant’Orsola. Carpaccio vi illustra la vita leggendaria (raccontata nel Duecento da Jacopo da Varagine) di una principessa di Bretagna del IV secolo d.C., promessa sposa del re d’Inghilterra e martirizzata a Colonia dagli Unni con altre undicimila vergini. Il Sogno di Sant’Orsola di Carpaccio.
Le scene, tra cui ricordiamo l’Arrivo e la Partenza degli ambasciatori inglesi, L’Incontro dei fidanzati, Il Sogno di Sant’Orsola e Il Martirio della santa, sono tutte ambientate a Venezia: una Venezia un po’ di fantasia, per la verità, ancora più ricca, brillante, monumentale e grandiosa di quella vera, abitata solo da uomini e donne elegantemente vestiti; una città da sogno, insomma, ordinata e fuori dal tempo. Carpaccio, con stile elegante e pacato, totalmente privo di pàthos, raccontò le vicende della santa (anche quelle più drammatiche) con tono puramente narrativo e quasi favolistico, soffermandosi sui dettagli, indagando i particolari.
Nel Sogno di sant’Orsola, la ragazza è mostrata mentre dorme nella sua camera, in un grande letto a baldacchino circondato da cassapanche per la biancheria. Un angelo le appare in sogno al sorgere del sole, con un ramo di palma in mano, preannunciandole un destino di martirio.
La posizione della ragazza, con la mano appoggiata a conchiglia all’orecchio, sembra indicare che ella, sia pur mentre dorme, si pone all’ascolto della parola di Dio.
La camera è riccamente arredata, come si conviene allo status di una principessa. Si nota, in fondo a destra, lo scrittoio e uno stipo aperto che contengono oggetti di uso quotidiano: dei libri, una clessidra.
A sinistra, sul muro, è appeso un quadro chiaramente destinato alla devozione privata, perché dotato di portacandela e ampolla di acquasanta. Nella parete di fronte, una bifora ospita due vasi di fiori sul davanzale; intravediamo, sullo sfondo, il recinto incannicciato di un giardino.
La scena, nel suo insieme, è assolutamente amabile, e quasi si tende a ignorare i molti simboli che la costellano: il mirto e i garofani nei vasi, che simboleggiano l’amore terreno e quello divino, o il cagnolino ai piedi del letto, che rimanda alla fedeltà coniugale.
Carpaccio Gallerie dell’Accademia I veneti e Giorgione Tempera