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La storia dell’arte è quella disciplina che si occupa di ricostruire, analizzare e giudicare lo sviluppo, il progresso, l’evoluzione, la successione di tutte le espressioni artistiche nel tempo, dalle origini fino ad oggi. Il campo di interesse della storia dell’arte è assai vasto, comprendendo non solo le arti che un tempo si consideravano “maggiori”, ossia pittura, scultura e architettura, ma anche le cosiddette “arti minori”, ossia, ceramografia, oreficeria, ebanisteria, arti decorative in genere.
Ad esse si aggiungono forme d’arte relativamente recenti, come la fotografia e il cinema. Sono da ricondurre alla più ampia definizione di “arte” anche la musica, la danza, perfino lo sport, in alcune sue manifestazioni specifiche; tuttavia, tali manifestazioni, benché affini, vengono studiate da discipline più specialistiche.
La storia dell’arte non si limita a studiare l’arte nella sua progressione temporale ma ne analizza i caratteri e le componenti, sul fronte metodologico, filosofico, estetico, tecnico. Essa comprende, insomma, anche branche più specifiche, come per esempio l’iconologia, che si occupa di ricercare la spiegazione delle immagini, dei simboli e delle figure allegoriche. Grandi iconologi, oltre che storici dell’arte, sono stati Erwin Panofsky (1892-1968) e Maurizio Calvesi (1927-2020).
Gli storici dell’arte e gli storici dell’architettura sono specialisti delle arti visive (pittura, scultura, fotografia, cinema, grafica, arti minori) e dell’architettura, di cui analizzano i diversi aspetti, storici, stilistici, iconografici, estetici. Essendo interessati allo studio e alla conoscenza di ogni opera, intesa come manifestazione storico-artistica e architettonica (oltre che testimonianza materiale dell’azione e della evoluzione umana), essi vanno considerati a pieno titolo dei ricercatori.
Figure riconducibili a quelle dello storico dell’arte sono assai antiche, pensiamo al greco Pausania e al romano Plinio il Vecchio. Fu con il Rinascimento che iniziarono a comparire trattazioni sistematiche di arte analizzata nel suo svolgimento storico. In tal senso, si può considerare un caposaldo della storiografia il trattato del Vasari, le Vite, soprattutto la sua seconda edizione del 1568. Tuttavia, è solo di recente che il lavoro dello storico ha assunto caratteri di maggiore rigore e scientificità, basandosi su metodo e lucidità di giudizio che prescinde (per quanto possibile) i propri gusti personali. Infatti, per sua natura, la storia dell’arte è necessariamente soggetta ad un’opera di interpretazione e di giudizio critico.
Gli storici dell’arte e dell’architettura devono individuare tutti gli aspetti essenziali e utili alla decodificazione delle opere d’arte e architettoniche e valutare, riorganizzare, giudicare i dati in loro possesso in modo da ricostruire “la storia dell’arte e dell’architettura” nel tempo. Devono, quindi, studiare, comprendere e analizzare le opere d’arte e gli edifici sia valutandone le caratteristiche oggettive sia tenendo conto dei contesti nei quali sono stati prodotti. È, questa, una pratica di elevato contenuto intellettuale e di notevole complessità. Si richiede agli storici la capacità di identificare gli autori, ricostruirne le biografie, le personalità, la cultura e le intenzioni; di riconoscere soggetti, significati, tecniche di realizzazione, destinazioni delle loro opere. In questo, è stato indiscusso maestro Federico Zeri (1921-1998).
Agli storici è inoltre affidato il compito di ricostruire, grazie alle ricerche compiute negli archivi e nelle biblioteche, la storia delle singole opere d’arte o architettoniche dal loro concepimento in poi (scoprendone passaggi di proprietà, interventi, trasformazioni); di formulare ipotesi di attribuzione e datazione di quadri, sculture ed edifici, basandosi su confronti stilistici e valutando i risultati delle indagini analitiche e diagnostiche di laboratorio, applicate alle opere d’arte col fine di ottenere informazioni sia sui procedimenti esecutivi sia sullo stato di conservazione.
La storia dell’arte e dell’architettura si basa poco sulle certezze e molto sulla formulazione di ipotesi, cui tutti gli studiosi concorrono, da chi effettua le faticose e pazienti ricerche sui documenti e sulle fonti a chi mette insieme, aggiorna e interpreta i dati a disposizione, in un continuo, stimolante confronto.
Per conseguire tale obiettivo, sono indispensabili le pubblicazioni, sia quelle specialistiche di carattere scientifico, con cui tendenzialmente gli studiosi comunicano fra di loro, sia quelle divulgative, finalizzate alla didattica e al coinvolgimento del pubblico. La storia dell’arte raccontata da Ernst H. Gombrich, edita nel 1950, e la Storia dell’arte italiana di Giulio Carlo Argan, quest’ultima pubblicata nel 1968 come testo scolastico e seguita, nel 1970, da L’arte moderna 1770-1970, sempre di Argan, sono oramai considerati dei classici della storiografia.
Anche Carlo Bertelli (1930), Giuliano Briganti (1918-1992) e Antonio Giuliano (1930-2018), autorevoli storici dell’arte, furono curatori, nel 1986, di un testo scolastico assai apprezzato, all’epoca, per la sua autorevolezza.
Gli storici dell’arte e dell’architettura sono, prima di tutto, ricercatori e studiosi. Tuttavia, possono anche svolgere altre attività, di individuazione, conoscenza, protezione, gestione, valorizzazione, ricerca, formazione, educazione, inerenti i beni storico-artistici e architettonici. Possono lavorare sia come liberi professionisti sia presso enti pubblici e privati: soprintendenze, musei, pinacoteche, biblioteche, archivi, case editrici, enti culturali, gallerie d’arte, case d’asta. Possono inoltre dedicarsi all’insegnamento.
Possono, insomma, svolgere, con diversi gradi di responsabilità o specializzazione, molte attività, tra cui: individuare, analizzare e documentare i beni storico-artistici e paesaggistico-urbanistico-architettonici; inventariare, catalogare, schedare, documentare i beni artistici e architettonici, nonché gestire gli inventari di documenti depositati in biblioteche o archivi;
organizzare ed eseguire perizie, expertise, valutazioni, autenticazioni di beni artistici; tutelare e conservare i beni storico-artistici e paesaggistico-urbanistico-architettonici; progettare, dirigere, organizzare, collaudare e valutare interventi di conservazione, manutenzione, restauro, trasferimento e movimentazione di beni storico-artistici; dirigere musei, fondazioni culturali o luoghi della cultura, curare collezioni, organizzare esposizioni permanenti o temporanee, gestire gli acquisti, la conservazione, i prestiti, la classificazione, gli inventari delle singole opere;
svolgere attività di studio, ricerca, insegnamento, formazione, divulgazione ed educazione nel campo della storia dell’arte, dell’architettura e delle discipline affini e collegate; organizzare e coordinare giornate di studio, seminari, presentazione di libri e tenere conferenze e corsi. Infine, pubblicare saggi e testi di carattere scientifico, saggi di carattere divulgativo, testi scolastici e universitari, nonché articoli per quotidiani o riviste e saggi critici per cataloghi di mostre.
Ciascuno di questi compiti caratterizza, di per sé, il profilo dello storico dell’arte e dell’architettura. Ovviamente, ogni storico può svolgere più attività fra quelle elencate, sia contemporaneamente sia nel corso della propria carriera.
Il lavoro dello storico dell’arte o dell’architettura richiede una particolare formazione culturale, scientifica, metodologica e tecnica, ottenuta mediante percorsi di istruzione, formazione e aggiornamento a carattere teorico e pratico. Sono auspicabili lauree specifiche, dottorati di ricerca, diplomi di specializzazione. Bisogna dire, tuttavia, che talvolta sono soprattutto la grande cultura acquisita, l’esperienza maturata sul campo e il profondo talento a rendere tale uno storico dell’arte.
Basti qui ricordare solo le figure di Gillo Dorfles (1910-2018), che è stato storico dell’arte, critico d’arte, pittore, filosofo e docente universitario di estetica pur essendo laureato in medicina; e di Philippe Daverio (1949-2020), storico dell’arte, critico d’arte, gallerista, docente universitario di storia dell’arte e storia del design, divulgatore di successo e direttore di una nota rivista d’arte, il quale ha frequentato da giovane la facoltà di economia e commercio, senza mai laurearsi. Insomma, non bastano certo la laurea o l’abilitazione per fare un vero storico dell’arte (inteso come storico dell’arte capace), se non sulla carta.
Affine alla figura dello storico dell’arte è quella del cosiddetto critico d’arte, il quale si occupa di analizzare, valutare, giudicare e promuovere le opere d’arte e il lavoro degli artisti che reputa meritori. È chiaro che a un critico d’arte è richiesto uno spiccato senso critico e artistico, anche se il suo giudizio non potrà mai basarsi unicamente sul gusto personale ma fondarsi su criteri di rigorosa analisi, a loro volta fondati su conoscenze approfondite della storia dell’arte e del mondo dell’arte in genere.
In tal senso resta sempre valida la definizione che si può leggere nel Trattato della pittura (1719) di J. Richardson, secondo il quale «il giudizio del critico d’arte si basa sulla scienza medesima del conoscitore, in grado di stabilire l’autenticità e la qualità di un dipinto, disegno o stampa, in riferimento alla teoria della pittura e allo studio ed esperienza individuale dirette sulle opere».
In via generale, oggi si tende a identificare come critico d’arte quello studioso che si occupa in modo specifico di arte contemporanea, la quale è scarsamente storicizzata e quindi ancora soggetta a giudizi e valutazioni in fieri. Ci sono stati critici d’arte, come Achille Bonito Oliva (1939) e Germano Celant (1940-2020) che hanno contribuito alla nascita di movimenti artistici.
Compiti considerati specifici del critico d’arte sono: procedere a perizie di opere d’arte per collezionisti, gallerie, musei, quindi determinare l’autenticità e il valore di mercato delle opere d’arte; fornire consulenze, comprare, vendere o scambiare oggetti d’arte per conto di gallerie o privati; gestire una galleria d’arte, organizzare mostre o rassegne d’arte, organizzare vendite all’asta di opere d’arte e fungere da banditore d’asta; scrivere articoli, recensioni, relazioni e saggi.
In realtà, le figure dello storico dell’arte e del critico d’arte sono spesso sovrapponibili, giacché molti storici (soprattutto quelli che si occupano prevalentemente dello studio e della divulgazione della storia dell’arte e non si concentrano su attività di ricerca o professionali molto specialistiche) svolgono mansioni tipiche dei critici, quindi fanno anche “critica d’arte”.
Giulio Carlo Argan (1909-1992), uno degli storici dell’arte più importanti del Novecento, ha scritto a questo proposito: «Qual è il rapporto tra critica e storia dell’arte? È giusto dire che la critica si occupa dell’arte contemporanea e la storia dell’arte del passato? Oppure che la critica si limita a stabilire se una data opera sia o non sia opera d’arte, mentre la storia raggruppa e coordina i fatti artistici secondo certi criteri d’ordine, il più frequente dei quali è la loro successione nel tempo?
E, soprattutto, se altro è la critica e altro la storiografia dell’arte, si può sostenere che quest’ultima sia non-critica, quando è noto che il processo della costruzione della storia è un processo critico? È ovvio che, se la storia dell’arte è la storia delle opere d’arte, lo storico deve accertarsi che le cose di cui si accinge a scrivere la storia siano veramente artistiche […]. È chiaro che l’artisticità dell’opera non è altra cosa dalla sua storicità, e che il giudizio critico è giudizio storico, sicché nessuna distinzione può esservi, sul piano teorico, tra critica e storia dell’arte».
Gli storici dell’arte fanno ricerca, analizzano, scrivono e pubblicano per mettere gli studenti e il pubblico in condizione di condividere i risultati delle loro fatiche. È grazie al loro lavoro che tutti possono studiare la storia dell’arte, a livelli più o meno approfonditi. Ma a cosa serve studiare la storia dell’arte? Perché vale la pena farlo, quando si frequentano le superiori o l’università oppure da semplici appassionati della materia? Perché conoscere la storia dell’arte non solo amplia i nostri orizzonti culturali ma ci aiuta a vivere meglio. Lo studio dell’arte, come quello della storia, della letteratura e della filosofia, tutte discipline umanistiche sorelle fra loro, aiuta, prima di tutto, a sviluppare il senso critico e il libero giudizio: questo, ovviamente, accade quando non ci si limita a sapere il come, il dove e il quando è comparsa una certa manifestazione artistica, ma ci si chiede anche il perché.
Le opere d’arte non sono mai nate a caso, hanno sempre avuto uno scopo e sono sempre state l’espressione di qualcosa. Sono state create in un preciso contesto, che ha visto gli artisti all’opera insieme a intellettuali e letterati: infatti, collegare le discipline, umanistiche e perfino scientifiche, aiuta la loro reciproca comprensione. Ci sono quadri o sculture che riescono mirabilmente a dare immagine a un concetto, a un verso, a un pensiero.
Non si limitano a illustrarlo, lo avvicinano alla nostra comprensione riducendone l’astrazione. Inoltre, gli artisti comunicano con noi attraverso le proprie opere e spesso ci parlano di sé stessi, delle loro paure, delle ansie, delle grandi domande che si sono posti, e in loro possiamo ritrovare noi stessi, che quei sentimenti e quelle domande, in quanto uomini come loro, condividiamo. In questo dialogo costante con persone vissute tanto tempo prima di noi, eppure ancora vive e parlanti, siamo sollecitati a scrutare anche la nostra interiorità.
Infine, lo studio dell’arte aiuta a comprendere l’arte che ci circonda e con cui noi siamo costantemente in relazione. Spessissimo, in ogni nostra giornata, quando camminiamo nelle strade delle città, incrociamo monumenti, visitiamo musei, gettiamo l’occhio a manifesti, oppure guardiamo la tv o scorriamo le pagine dei social, o ancora sfogliamo un libro o un testo scolastico, noi intercettiamo l’immagine di un’opera d’arte.
Conoscerla ci permette di capirla, giacché non c’è comprensione senza conoscenza. Senza contare che sono innumerevoli le forme di comunicazione, anche mediatica, pubblicità inclusa, che citano più o meno scopertamente l’arte del passato e del presente. Quindi, conoscere la storia dell’arte ci aiuta a capire meglio la realtà in cui viviamo immersi.
Una volta una mia ex studentessa, incontrata per caso dopo che aveva terminato gli studi, mi ha detto: “grazie a lei ho imparato a guardare il mondo con occhi diversi”. Credo che sia il più bel complimento che uno storico dell’arte possa sperare di ricevere.
Bellisimo. grazie!
Lo condividerò coi miei studenti e con gli amici.