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I Surrealisti furono particolarmente devoti al culto della femminilità; tuttavia, ben poche artiste ebbero accesso al loro gruppo; tra queste, spiccano Leonora Carrington e Dorothea Tanning.
Leonora Carrington (1917-2011), pittrice e scrittrice britannica, entrò in contatto con i surrealisti nel 1936, in occasione della prima esposizione londinese del gruppo. Tra lei, appena diciannovenne, e il pittore surrealista Marx Ernst, 46 anni compiuti, fu amore a prima vista. Dando scandalo, Leonora lo seguì a Parigi dove iniziò una brillante carriera, partecipando, già nel 1938, alla Exposition International duSurréalisme di Parigi e poi di Amsterdam.
Nel 1939, Ernst fu arrestato dai nazisti, mentre Leonora venne dichiarata pazza e rinchiusa in un manicomio. Rilasciata nel 1942, riuscì a trasferirsi in Messico dove scelse di trascorrere il resto della sua vita. I dipinti della Carrington presentano una forte componente onirica e fiabesca, segnata da un marcato slittamento dalla realtà, attraverso l’adozione di immagini fantastiche non di rado inquietanti, in quanto ibride, animalesche o mostruose.
Assai frequenti furono gli autoritratti, in cui si rappresentò bella, fiera e indomita, accanto a figure di cavalli presentati come suoi alter ego e simboli di libertà. La Carrington, infatti, seppe svincolarsi dal ruolo della musa cui i surrealisti avevano circoscritto la donna, decidendo di diventare musa di sé stessa e ricercando, attraverso dipinti concepiti come specchi magici, la propria identità.
In Autoritratto del 1936, l’artista si trova in una stanza vuota, con un grande cavallo a dondolo sospeso sul muro. È accompagnata da una sorta di iena, che sicuramente simboleggia gli aspetti nascosti della natura umana, gli istinti selvaggi che la società e le convenzioni vogliono addomesticati. In un’intervista, infatti, la Carrington affermò che ognuno di noi possiede un’anima animale. Una finestra aperta, da cui si scorge un cavallo in corsa, è un varco per accedere al libero mondo della fantasia.
Una seconda, importante artista del Surrealismo fu Dorothea Tanning (si pronuncia DorotìaTènin; 1910-2012), pittrice, scultrice, costumista, poetessa e scrittrice, si accostò al gruppo dei surrealisti grazie alla mostra Fantastic Art, Dada and Surrealism, che si tenne a New York nel 1936. Fu la seconda moglie di Marx Ernst, che sposò nel 1946 dopo che questi divorziò dalla prima consorte, la collezionista e gallerista americana Peggy Guggenheim. In Birthday, del 1942, l’opera che la consacrò nell’universo surrealista, si autoritrasse con un vistoso abito, a seno nudo, accompagnata da una bizzarra creatura alata, metà uccello e metà lemure, in una casa dove si apre, in apparenza, una serie infinita di porte, probabilmente per effetto di un gioco di specchi.
I lemuri, animali africani, sono associati alla notte e al mondo degli spiriti; le porte aperte alludono dunque a un viaggio nel magico mondo dell’inconscio, effettuato attraverso il sogno, e consentono di entrare nelle “stanze interiori”, per scoprire i molteplici aspetti della propria personalità. In qualche modo, insomma, le porte della Tanning hanno un significato analogo a quello dei “cassetti” di Dalì.
Sperimentatrice insaziabile, la Tanning produsse opere visionarie e imprevedibili, soprattutto nel secondo dopoguerra, indagando e denunciando, con spirito acuto e spregiudicato, le contraddizioni del suo tempo, stigmatizzando il ruolo della donna in una società maschilista che la voleva moglie e madre, passiva e subalterna, imprigionata nei riti della vita domestica. Amò mettere a nudo ciò che la mentalità corrente considerava tabù, facendo ricorso a un’ironia talvolta corrosiva. Anche quando affrontò il tema controverso e scabroso della sessualità, fece delle donne le sue indiscusse protagoniste.