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La grandiosa civiltà greca ci ha consegnato non solo mirabili capolavori, miracolosamente scampati alla distruzione del tempo, ma anche frammenti di opere, la cui bellezza è tale da esercitare un fascino incorrotto. Nei secoli passati hanno ispirato gli artisti più grandi. E ancora oggi restano modelli per irriverenti scultori contemporanei.
Consideriamo il Torso Gaddi, frammento di una scultura in marmo databile al II secolo a.C. e oggi conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. È, probabilmente, una parte della statua di un centauro, che aveva le mani legate dietro la schiena.
Il busto, giovanile e atletico, si torce nel tentativo di divincolarsi dalla stretta dei legacci. Da un passaggio delle Vite del Vasari, il torso potrebbe essere appartenuto allo scultore quattrocentesco Lorenzo Ghiberti, per poi passare a Giovanni Gaddi, Chierico di Camera del papa, da cui il nome: «Lasciò parimente alcuni torsi di figure et altre cose molte; le quali tutte furono insieme con le facultà di Lorenzo mandate male; e parte vendute a Messer Giovanni Gaddi, allora cherico di camera e fra esse fu il detto letto di Policleto e l’altre cose migliori».
Ghiberti, in effetti, riprodusse questo torso, sia pure ribaltandone l’immagine, nel creare la snella muscolatura del suo giovane Isacco, nel Sacrificio di Isacco, oggi al Bargello. A dimostrazione della sua fortuna, lo tenne in considerazione, nel secolo successivo, anche Rosso Fiorentino, nel suo suggestivo Cristo morto sorretto dagli angeli.
Il cosiddetto Torso del Belvedere è invece quanto resta di un’antica scultura greca in marmo, firmata dallo scultore Apollonio (leggiamo, inciso nel basamento: «opera di Apollonio, figlio di Nestore, ateniese») e oggi conservata nel complesso del Museo Pio-Clementino, all’interno dei Musei Vaticani.
Noto a Roma fin dal XV secolo (l’umanista e archeologo Ciriaco d’Ancona lo menziona nel palazzo del cardinale Prospero Colonna intorno al 1435), entrò a far parte delle collezioni vaticane tra il 1530 e il 1536. Esposto, per volontà del papa Clemente VII, nel Cortile del Belvedere, da cui il nome, divenne una delle sculture antiche più ammirate dagli artisti del Rinascimento, del Barocco e del Neoclassicismo, fino ai nostri giorni.
Apollonio fu uno scultore del I secolo a.C.; è probabile, tuttavia, che egli si sia ispirato ad un precedente originale greco in bronzo della prima metà del II secolo a.C., o che addirittura lo abbia copiato. Secondo gli storici tedeschi Joseph Sauer e Christian Hülsen, l’opera proveniva delle terme di Costantino. Difficilissimo identificare il soggetto originario: sono stati proposti Ercole in riposo così come l’eroe greco Aiace Telamonio, il guerriero che nel corso della guerra di Troia impazzì quando Ulisse gli sottrasse le armi di Achille. Ma, per quanto suggestiva, ogni ipotesi è priva di un concreto fondamento.
Il nostro misterioso personaggio, completamente nudo, è seduto e leggermente piegato in avanti, ma in atto di alzarsi. Ostenta un corpo che, sebbene privo di braccia, testa e polpacci, appare davvero magnifico: una poderosa muscolatura, perfettamente studiata, gonfia e tende la pelle; la torsione dinamica del busto rende vitalissimi e guizzanti sia gli addominali sia i dorsali. Vuole un aneddoto che Michelangelo, sollecitato dal papa Giulio II a reintegrarlo delle parti mancanti, secondo suo gusto, si sia rifiutato, giudicandolo bellissimo già così.
Certo non stupisce che l’eroica e atletica bellezza di questo anonimo giovane abbia potuto colpire così tanto l’immaginazione di grandi artisti, che lo adottarono a modello in alcune proprie composizioni. Possiamo ritrovare posa e anatomia della creazione di Apollonio nella Cappella Sistina, in alcune figure di Ignudi, nel Cristo del Giudizio universale di Michelangelo, e ancora nel suo Mosè e nel suo poderoso Giorno, quest’ultimo scolpito a Firenze per la Sagrestia Nuova. Raffaello sembra citarlo nella sua Visione di Ezechiele e così Rubens nella sua Resurrezione oggi a Palazzo Pitti. Perfino Caravaggio ne subì il fascino.
Ancora oggi, la fortuna iconografica del Torso del Belvedere è vivissima. Il calciatore inglese David Beckham, che nel 2007 ha accettato di fare da testimonial per l’intimo Armani, in uno degli scatti assume la stessa posa dell’antico eroe greco.
Uno dei nostri più promettenti scultori contemporanei, il piemontese Fabio Viale (1975), talentuosissimo maestro del marmo e moderno classicista incline alla trasgressione, realizza frammenti di statue antiche, del tutto analoghe a quello di Apollonio o al Torso Gaddi. Viale, però, rende attuali e perfino punk quei corpi antichi, grazie all’aggiunta di vistosi “tatuaggi” dipinti sul marmo, alcuni dei quali richiamano quelli usati dalla criminalità russa.
Una contaminazione che qualcuno considera inaccettabile. Ma a Viale piace provocare, minare le sicurezze del pubblico, e, d’altro canto, si sente ancora l’eco delle polemiche scatenate dalla sua recente scultura-performance, in cui ha messo in braccio alla Madonna della Pietà di Michelangelo Lucky Hei, un vero immigrato di colore.
Questo giovane artista, di appena 44 anni, interpreta il classico per lanciare messaggi modernissimi e usa tecniche antiche per creare linguaggi nuovi. L’arte di Viale è irridente e irriverente ma anche serissima, come sempre capita con gli artisti di talento. Senza dubbio, la sua capacità di lavorare il marmo e di mimetizzarlo in materiali diversi, plastica, legno, polistirolo, è prodigiosa e richiama la voglia di meravigliare che fu propria del Bernini e di tutta l’età barocca.
Ma, attraverso i suoi torsi tatuati, Viale si interroga sulla natura stessa della bellezza e sull’attitudine che l’arte ha di celebrarla, in tutti i suoi aspetti. Perché la bellezza si evolve ma in fondo resta sempre uguale a sé stessa. Oggi non c’è praticamente modello, atleta o ballerino che non abbia il corpo tatuato. E questi semidei contemporanei sono indiscusse icone di bellezza. Achille, Ercole, Teseo, Perseo, oggi, si sarebbero fatti tatuare? Probabilmente, sì.