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La Venere del Botticelli
Un capolavoro per celebrare la bellezza ideale.
Autore: Giuseppe Nifosì Pubblicato in L’età rinascimentale: il Quattrocento – Data: Febbraio 8, 2020 2 commenti 5 minuti
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La Nascita di Venere fu dipinta da Sandro Botticelli (1445-1510), indiscusso maestro del Rinascimento italiano, negli stessi anni della sua Primavera, dunque tra il 1482 e il 1485, e probabilmente per lo stesso committente, Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici. È stato ipotizzato che i due quadri, che hanno grosso modo le medesime dimensioni, costituissero una sorta di ideale dittico e che fossero anche appesi uno accanto all’altro. Ipotesi non da tutti condivisa, essendo un dipinto (la Venere) su tela e l’altro (La Primavera) su tavola. L’opera, a differenza di quanto recita il titolo, non rappresenta Venere che sorge dal mare ma il suo approdo sull’Isola di Cipro o forse di Citera.

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Tempera su tela, 1,72 x 2,78 m. Firenze, Uffizi.

Venere, in piedi sopra una valva di conchiglia (simbolo di fecondità), è mostrata nuda, in parte coperta dai fluenti capelli biondi, nell’atteggiamento della Venus pudica – una mano al seno e l’altra al pube – tipico delle sculture ellenistiche e ben noto agli artisti già dal Medioevo.

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Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con Zefiro e Cloris.

A sinistra, due geni alati abbracciati, identificabili con Zefiro, il vento primaverile, e la sua sposa Cloris, la sospingono nel suo viaggio verso terra con il loro soffio fecondatore. Alcuni studiosi hanno tuttavia riconosciuto nella figura femminile alata la dolce brezza Aura, ricordata nelle Stanze del Poliziano.

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con Flora.
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Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare della veste di Flora.

A destra, sulla riva, una fanciulla scalza sta per coprire la dea con un manto di seta rosa ricamato con fiori primaverili, soprattutto margherite. Quest’ultimo personaggio è stato identificato da alcuni studiosi con l’Ora della Primavera, altri vi hanno riconosciuto Flora, altri ancora una delle Grazie.

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con le insenature del paesaggio.

Alle spalle di questa figura femminile, il paesaggio è delineato dalle insenature e dai promontori della costa e impreziosito da un boschetto di melaranci in fiore lumeggiati d’oro. I melaranci, detti anche mala medica per le loro proprietà terapeutiche, sono allusivi alla stirpe medicea.

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con il boschetto.

Dal cielo cadono rose, fiori che secondo il mito comparvero proprio in occasione della nascita di Venere.

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con le rose che cadono nel mare.
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Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con le rose.
Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con le rose.

Nella Nascita di Venere, più ancora che nella Primavera, Botticelli esaltò il valore puro della linea, a tutto discapito del senso del volume; i marcati contorni delle figure hanno un andamento ritmico, musicale, ininterrotto, un moto senza fine che impedisce allo spettatore di soffermarsi, di comprendere la scena nella sua interezza. Allo stesso modo, la luce non ha sorgenti, non modella le figure, non esalta i colori ma è solo un’indefinita emanazione spirituale.

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con il busto di Venere.

A ben vedere, nell’opera manca una reale struttura prospettica: Botticelli sembra rinunciare alla costruzione di uno spazio capace di contenere, ordinare e coordinare oggetti e personaggi; né utilizza lo scorcio, le cui deformazioni ottiche avrebbero allontanato l’immagine dall’ideale di perfezione. Botticelli condivideva con i classici l’idea che l’arte avesse il bello come unico fine; tuttavia, reputava che il bello fosse un valore in sé e venisse prodotto dall’arte sola, senza essere desunto dalla natura. In pieno accordo con i filosofi neoplatonici, egli propose una pittura contemplativa.

L’arte botticelliana è distaccata dall’esperienza sensoriale, non nasce dall’osservazione diretta del vero e non mira a costruire una realtà perfetta modellata sull’esempio del reale; non è pittura di cose ma pittura di idee. D’altro canto, la figura di Venere è assolutamente idealizzata: tutte le proporzioni del suo corpo, a partire dalla posizione dell’ombelico, sono tali da rispettare la sezione aurea.

Secondo l’interpretazione più accreditata, al dipinto si deve attribuire un significato di stampo filosofico. La Nascita di Venere sarebbe, come La Primavera, una rappresentazione della Humanitas, secondo i princìpi della filosofia neoplatonica, e proporrebbe un parallelismo tra cultura classica e cultura cristiana. Lo schema compositivo dell’opera richiama infatti quello tradizionale del Battesimo di Cristo, cui rimanda la posizione di Flora, simile a quella del Battista che versa l’acqua sul capo di Gesù.

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con Flora.

Questa ricercata corrispondenza tra il mito pagano della nascita di Venere dall’acqua del mare e l’idea cristiana della rinascita dell’anima attraverso l’acqua del battesimo è un segno che il capolavoro botticelliano e, in particolare, il nudo di Venere hanno un carattere spirituale e non sensuale e intendono celebrare la “vera bellezza”, quella cioè prodotta dall’unione della materia (natura) con lo spirito (idea).

Botticelli, Nascita di Venere, 1482-85. Particolare con il mare e la conchiglia.

Botticelli Galleria degli Uffizi Tempera


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