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La scultura ha origini antichissime. Durante il Paleolitico gli artisti iniziarono a scolpire animali, con una resa così realistica che ancora oggi possiamo riconoscere le singole specie e le razze. Di particolare interesse sono alcune piccole sculture antropomorfe, ritrovate in tutto il continente europeo: statuine, alte non più di 10-15 centimetri, realizzate fra il 35.000 e il 25.000 a.C. in pietra, osso, avorio o steatite (detta anche pietra saponaria). Si tratta chiaramente di figure femminili, che la tradizione storiografica ha battezzato Veneri preistoriche, in omaggio a Venere, la dea dell’amore, pur essendo evidente che non hanno relazione storica con tale divinità. Gli artisti sembrano aver dedicato ben poca cura alla definizione delle forme: gli attributi anatomici sono tutti esageratamente accentuati, ogni altro dettaglio è trascurato.
La cosiddetta Venere di Fels, rinvenuta nel 2008, nelle omonime grotte della Germania sud-occidentale, risale al 35.000 a.C. (ma potrebbe essere ancora più antica) ed è considerata la prima rappresentazione di un corpo umano giunta fino a noi, oltre che la scultura più antica del mondo. È ricavata da una zanna di mammut e rappresenta una figura femminile priva di testa (al cui posto, al di sopra delle spalle, è ricavato un piccolo anello), con fianchi, seni, pancia e genitali molto pronunciati. Le braccia sono corte e le mani appoggiate al ventre. Linee orizzontali tracciate su tutto il corpo potrebbero richiamare un vestito o un drappeggio.
La Venere di Lespugne, ritrovata nell’omonima località francese, è invece completamente nuda. Molto più stilizzata della precedente, risulta come una singolare composizione di masse arrotondate, di forme sferoidi che alludono al ventre, alle cosce, ai glutei, alla testa. Proprio a causa delle sue caratteristiche natiche sporgenti, questa tipologia di “Venere” è detta anche steatopigia (dal greco stèatos, ‘grasso’, e pygè, ‘natica’).
Successiva a queste prime due (secondo le più recenti datazioni risale infatti a 22-24.000 anni fa) è la Venere di Willendorf, che deve il nome alla zona di provenienza, in Austria, ed è uno degli esempi più interessanti di questo gruppo.
Rappresenta una donna obesa, dalle gambe corte e disarmoniche, con i seni enormi, sopra i quali si appoggiano piccole braccia che quasi non si distinguono dal busto. I fianchi sono ampi, il ventre molto accentuato e anche il pube appare gonfio e pronunciato. Il volto non è raffigurato ed è completamente coperto o da un casco di riccioli stilizzati, o, secondo alcuni studiosi, da un copricapo di conchiglie. Gli arti inferiori risultano quasi assenti: non è chiaro se sono andati perduti nel tempo o se mancavano fin dall’inizio. In questo secondo caso, la statuetta non sarebbe stata concepita per essere appoggiata in piedi ma come un oggetto da tenere in mano. veneri preistoriche
Con tutta evidenza, la Venere di Willendorf non è propriamente la rappresentazione di una donna ma solo la sua interpretazione. Non è insomma un “ritratto” né intende esprimere un fantomatico ideale preistorico di bellezza femminile: non si spiegherebbe, infatti, la sua sostanziale mancanza di realismo. Questa statuetta vuole solo rappresentare il concetto di donna, e della donna-madre in particolare, componendo le parti anatomiche femminili più importanti. Il ventre e i seni – simboli della maternità – sono messi in così grande evidenza perché “strumenti di procreazione”. E l’ocra rossa con la quale un tempo era stata colorata potrebbe richiamare sia il sangue mestruale sia il suo legame con il parto.
È dunque possibile che la statuina avesse lo scopo di propiziare la fertilità delle donne della tribù e, se seppellita in un campo, anche quella della terra. Alcuni studiosi propongono di identificare la Venere di Willendorf, e allo stesso modo tutte le Veneri preistoriche, con la raffigurazione della Dea Madre, o Grande Madre, divinità femminile primordiale della generatività e della fertilità dei campi, il cui culto ci risulta risalire al Neolitico e che invece potrebbe essersi affermato già durante il Paleolitico.
Musée des Antiquités Nationales Museo Preistorico di Blaubeuren Naturhistorisches Museum di Vienna Preistoria
A me non convince la tendenza, all’interno di una certa corrente di pensiero dominante, degli studiosi a interpretare questi reperti a partire da una idea di civiltà “primitiva” inteso il termine in un senso piuttosto spregiativo come di non sviluppato, retrogrado, bruto…e invece da queste statuette si evince una grande capacità di astrazione e di sensibilità simbolica che contraddice completamente una idea riduttivistica come detto prima. Per es. il fatto che le braccia siano appena accennate fa pensare a una società matriarcale preoccupata di difendere la donna e accudirla rispetto al suo ruolo primario e che dunque non “lavorasse” in attività prevalenti legate agli arti superiori.
Osservazione che condivido. Ma non credo lei abbia colto nella mia analisi toni spregiativi
Salve professore, a proposito dell’assenza dei piedi nelle statuine delle veneri, leggevo che ciò era dovuto al fatto che venivano conficcate nel terreno per propiziare un buon raccolto e l’assenza dei piedi facilitava questa operazione. Condivide la versione?
Buonasera, si tratta di una ipotesi, plausibile secondo me. Non maggioritaria, però
Ciò significa che tra 2000 anni se scavando troveranno delle Barbie penseranno la stessa cosa?
In qualche modo le Barbie sono specchio dei nostri tempi come le Veneri lo furono di quelli.
Arte Preistorica inzuppata,da enormi e molteplici supposizioni?metti il caso di rinvenire Quattro testine in pietra,molto stilizzate,antiche,molto antiche e tutte ritraggono e sono un vero Selfie,del viso di un Australopiteco,e tutte hanno una cresta degli occhi un naso,tutte sono ricavate con una tecnica scultorea arcaica,tutte simili ma diverse!ma lo scopo finale e far vedere,mostrare come in una foto,i lineamenti di un viso,però l’ultima è un po’ piu”bella”piu curata,e la cresta si trasforma per motivi artistici,o solo per esigenze scultoree,o solo per un gusto artistico piu sviluppato,si trasforma in una bella testa a punta,non piu una lama a riprodurre una cresta,ma un cono allungato!eppure il fine e lo stesso,e io la chiamo”Distorsione Stilistica”e tutto questo discorso per dire che bisogna avere in mano,l’arte che si evolve,per poi cosi poter”dire”la testa a punta nell’arte preistorica,riproduce un copricapo a punta,e basta.