Puoi ascoltare il mio podcast su: Apple Podcasts | Google Podcasts | Spotify | Cos'è?
Quando il re di Francia Luigi XII conquistò Milano, nell’ottobre del 1499, Leonardo da Vinci (1452-1519), che lì viveva dal 1482, decise di abbandonare la città. Soggiornò per qualche tempo nei pressi di Bergamo, poi fu ospite a Mantova di Isabella d’Este e infine si recò a Venezia. Nell’aprile del 1501, tornò a Firenze, dove non metteva piede da quasi vent’anni. Molte cose, certo, erano cambiate: il Magnifico era morto, Botticelli praticamente uscito di scena. Splendeva nel cielo dell’arte fiorentina un nuovo astro nascente: Michelangelo, con cui Leonardo si sarebbe confrontato, nel 1503, nella decorazione del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio (impresa mai portata a termine). La Vergine e il Bambino con Sant’Anna di Leonardo
Risalgono a questo periodo fiorentino gli studi sul tema della Vergine con sant’Anna. Secondo Vasari, già nel 1501 Leonardo aveva esposto un cartone con la Vergine e sant’Anna, che fu ammirato per due giorni consecutivi da «i giovani et i vecchi, come si va alle feste solenni». Non possiamo dire con certezza se questo cartone tanto celebrato è proprio quello oggi conservato nella National Gallery di Londra (ma probabilmente non lo è), che appunto riproduce La Vergine e il Bambino con Sant’Anna e San Giovannino.
Nel disegno della National Gallery, Maria è seduta in braccio alla madre Anna, che tuttavia non la sovrasta in altezza, mentre Gesù Bambino dialoga con il piccolo Giovanni Battista. Sant’Anna punta l’indice verso l’alto, un gesto che ritroviamo altre volte nei dipinti di Leonardo, a richiamare l’attenzione sul mistero di un potere superiore. Inoltre, indicando il cielo con un dito e volgendo lo sguardo alla figlia, sembra invitarla a rimettersi alla volontà di Dio. Ella rappresenterebbe dunque la Chiesa, che non può e non vuole impedire il sacrificio di Cristo, salvifico per l’umanità. Maria, per suo conto, trattiene il Figlio, che a sua volta si rivolge verso san Giovannino.
Nel 1508, e fino al 1513, Leonardo tornò a Milano, su invito del governatore francese. In questo periodo si dedicò solo in minima parte all’attività artistica, preferendo un impegno assiduo come ingegnere idraulico e militare. Tuttavia, intorno al 1510, riprese lo stesso soggetto del cartone di Londra dipingendo la tavola con La Vergine e il Bambino con Sant’Anna.
L’opera presenta i tre protagonisti racchiusi in uno spazio triangolare, anche se il volume del gruppo suggerisce piuttosto la figura di una piramide. Un ideale asse verticale collega il volto di Sant’Anna al suo piede sinistro; un secondo asse inclinato collega invece gli sguardi delle figure, che polarizzano l’attenzione dello spettatore.
La composizione è resa ancora più complessa da una serie di curve che s’incastrano formando un intreccio dinamico e soprattutto dal groviglio delle forme, tale da rendere difficile allo spettatore una chiara distinzione delle membra che risultano quasi interscambiabili: si noti come il braccio sinistro di Maria potrebbe appartenere benissimo ad Anna e come le gambe di questa sembrino proseguire dal busto della Vergine.
Questa “fusione” delle due madri, che oltre tutto non mostrano una marcata differenza di età, spinse Sigmund Freud (1856-1939), il fondatore della psicoanalisi, a fornire del quadro un’interpretazione di tipo psicanalitico: Leonardo ebbe infatti una madre naturale e una madre adottiva, che qui tendono a identificarsi in una sola figura e anche il misterioso sorriso dei personaggi leonardeschi, secondo il neurologo e psichiatra austriaco, sarebbe il sorriso materno sublimato.
Rispetto al cartone londinese, in questo dipinto sant’Anna non interviene; la tavola del Louvre inoltre non ritrae san Giovannino; compare, invece, il motivo dell’agnello che Gesù tenta di cavalcare. La Madonna, seduta in braccio alla madre, è dolcemente intenta ad attrarre il piccolo a sé. Stringendo con enfasi infantile il piccolo animale impaurito, il bambino prefigurerebbe la propria Passione (infatti, nel libro del Profeta Isaia leggiamo: «era come un agnello condotto al macello»), mentre Maria, istintivamente, vorrebbe sottrarlo al suo destino.
La serenità raccolta e la calma composta di queste figure sembrano rimandare a un ordine superiore; tuttavia, come sempre, anche in questo caso Leonardo lascia trasparire dalle pose, dagli sguardi, dai “moti dell’anima” una tensione psicologica misteriosa e difficilmente definibile. Il suolo roccioso, bruno rossastro, termina in primo piano con un dirupo; sullo sfondo, invece, picchi montani grondanti di acque e coperti da ghiacciai sprofondano all’infinito, come a testimoniare la presenza del divino nella natura.
Ottima disanima.
Grazie mille