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Il cosiddetto Zeus dell’Artemision, attribuito allo scultore Calamide (o comunque a un artista della sua bottega), è un capolavoro greco in bronzo della prima età classica, corrispondente a quella stagione che gli storici hanno chiamato dello Stile Severo. Questa grande statua, databile al 460- 450 a.C. (secondo alcuni è antecedente di un ventennio), è stata ritrovata in mare, nel 1926 (ma recuperata nel 1928), al largo di Capo Artemision nella Penisola Eubea (in Grecia), nello spazio circostante di un relitto di una nave romana del 200 a.C.
La statua, più alta del naturale, essendo di due metri, rappresenta una figura maschile in posizione eretta, con il volto girato alla propria sinistra, in atto di scagliare un oggetto, oggi perduto. Le parti del corpo, completamente nudo, sono perfettamente coordinate, il peso ben distribuito sulle gambe, il braccio sinistro è teso in avanti per equilibrare il destro, che è piegato all’indietro. La gamba sinistra, leggermente flessa, sostiene il peso del corpo: il piede sinistro, infatti, poggia interamente sulla pianta; la gamba destra, invece, aiuta dare lo slancio, con il tallone destro sollevato.
I capelli, corti e ricci, sono disposti in file ordinate, molto aderenti al capo. Il viso, dagli zigomi sporgenti e dal naso accentuato, è sostanzialmente inespressivo, anche se l’uomo è chiaramente concentrato nell’azione che sta svolgendo.
Gli occhi, oggi perduti, un tempo erano certamente in avorio, con le pupille in materiale lapideo. È, questa, una caratteristica che sarebbe diventata dominante nell’arte greca classica. I caratteri anatomici sono quelli di un corpo atletico, forgiato da un costante allenamento: il busto, in particolare, è segnato da pettorali sporgenti e addominali marcati. È possibile che le sopracciglia fossero decorate con argento, le labbra e i capezzoli con rame, per conferire alla statua un minimo di policromia.
La posizione dell’uomo è propriamente quella di un atleta che si appresta a lanciare un giavellotto. Ma è improbabile che si tratti di un agonista: la barba, lunga e folta, indica un’età già avanzata e sappiamo che i pentatleti erano sempre molto giovani.
Si potrebbe identificarlo con un guerriero che sta scagliando la sua lancia. Le notevoli dimensioni della statua, più che l’atteggiamento eroico della figura, spingono però a riconoscere nel soggetto un dio. Tradizionalmente identificato con “Zeus che scaglia il fulmine”, potrebbe invece essere “Poseidone che lancia il tridente”: la posizione delle dita della mano destra, infatti, sembra indicare che il dio afferrava un’asta.
Per questo motivo, il soggetto è spesso genericamente identificato con il nome Cronide, che significa “figlio di Crono”, dio del tempo. Zeus e Poseidone erano infatti entrambi figli di Crono. In ogni caso, la sostanziale identificazione tra la divinità e l’atleta non è casuale: è infatti in questo periodo che la civiltà greca inizia a elevare la bellezza atletica a modello terreno di quella divina.
Questa statua di Zeus assomiglia infatti ai bronzi di Riace o puo` darsi che siano i Bronzi di Riace che assomigliano a questa magnifica statua di Zeus!