Verso il 1475, Antonello da Messina (1430-1479), straordinario pittore siciliano del XV secolo, dipinse una piccola tavola raffigurante San Gerolamo nello studio, che oggi è conservata alla National Gallery di Londra.
San Gerolamo visse tra il 347 e 420 d.C., per buona parte della sua vita come asceta nel deserto. Dopo un lungo studio dell’ebraico, egli intraprese la traduzione in latino (direttamente dagli originali) dell’Antico Testamento. La sua versione della Bibbia, detta “Vulgata”, fu riconosciuta dal Concilio di Trento (1548-63) e divenne la base dell’insegnamento della Chiesa per molti secoli. Esistono quindi due iconografie distinte di San Gerolamo. La prima si riferisce al periodo di penitenza trascorso dal santo nel deserto di Siria e in questo caso è rappresentato molto anziano, magrissimo e con le vesti a brandelli, al centro di un paesaggio spoglio e roccioso.
La seconda iconografia, molto amata nel Rinascimento, fa invece riferimento alla sua attività di studioso e lo raffigura nel suo studio circondato dai libri, intento a leggere o a scrivere. Anche Antonello, nella tavola della National Gallery, decide di rappresentare il santo come un umanista del Quattrocento concentrato nel suo lavoro.
Nell’ammirare il piccolo dipinto, restiamo affascinati dal monumentale e singolare interno gotico, che ricorda le chiese aragonesi del Meridione d’Italia. La rappresentazione di questo spazio è straordinaria: la costruzione prospettica, sottolineata dalla decorazione pavimentale in maiolica, è assolutamente precisa e si coniuga con un’attenzione per i valori della luce e una cura quasi maniacale per il dettaglio che dimostrano il suo debito costante verso la pittura fiamminga. Tutti i particolari sono resi in maniera esemplare e anche le finestre sullo sfondo, aperte sul minuto paesaggio, contribuiscono a dare profondità al quadro.
Lo studio di Gerolamo è una sorta di oggetto d’arredo architettonico, modernissimo nella sua concezione. È uno spazio confortevole e attrezzato con razionalità. Il bel mobile scrittoio, con il piano inclinato per leggere e scrivere senza doversi incurvare, consente di tenere a portata di mano gli occhiali, le penne, le boccette di inchiostro. I libri sono protagonisti indiscussi di questo ambiente straordinariamente raffinato e funzionale: libri posati con cura sugli scaffali, chiusi o aperti, ammucchiati sopra lo scrittoio, libri che ostentano costoloni in pelle e splendide rilegature, una scrittura elegante e minutissima. Ai libri si accostano alcuni oggetti, soprattutto piccoli vasi di ceramica.
Dopo aver girovagato con lo sguardo, ci accorgiamo che Gerolamo non è solo: nella stanza si trovano alcuni animali. A sinistra c’è un gatto che sonnecchia. A destra, un po’ nascosto nella penombra, un leone gironzola come un grosso cane tra le colonne del vasto ambiente vuoto. In quel contesto ci sembra francamente fuori posto. Altrettanto singolare è la presenza, in primo piano, di due paciosi volatili che sembrano appena sfuggiti a una voliera. Si tratta di una pernice e di un pavone. Accanto ad essi, si trova una bacinella di rame colma d’acqua.
Siccome in pittura, e soprattutto in quella medievale e rinascimentale, nulla viene rappresentato per caso, escludiamo che si tratti di bizzarrie d’artista. Non è insomma ragionevole pensare che Antonello, accortosi che gli era rimasto dello spazio vuoto, abbia deciso di riempirlo così. Per quanto riguarda il leone, la faccenda è semplice. Secondo una leggenda, Gerolamo, nel deserto fuori da Betlemme, tolse una spina dalla zampa del felino e l’animale, riconoscente e grato, gli divenne così devoto da seguirlo ovunque. Insomma, nei quadri in cui c’è il santo facilmente si trova anche il suo leone domestico.
Più misterioso è il resto del serraglio e lì, per svelare il mistero, bisogna un po’ praticare l’iconologia. Tutti questi animali sono altrettanti simboli che rivelano il tono aulico dell’intera composizione: il leone, aneddoti a parte, è simbolo della forza bruta vinta dalla pietà. La pernice allude alla fedeltà a Cristo, il pavone è simbolo della sapienza divina; l’acqua del catino richiama l’idea della purezza: e fedeltà, sapienza e purezza sono tutte virtù di cui Gerolamo, un vecchio eremita coltissimo e saggio, è diventato l’emblema.
Ma la cosa non finisce qui. L’opera, infatti, presenta due livelli di lettura, in un continuo rimando dall’uno all’altro a testimonianza della profonda vivacità intellettuale di Antonello. Pernice e pavone hanno una doppia valenza simbolica, poiché la prima è anche considerata simbolo di stoltezza, il secondo di superbia, mentre l’acqua, usata come specchio, è anche simbolo di vanità. E del resto sono elementi collocati fuori dall’ambiente in cui si trova il santo e cioè sulla cornice architettonica ma verso lo spettatore: ciò significa che stoltezza, superbia e vanità sono escluse dalla vita di Gerolamo e non oltrepassano la soglia del tempio della conoscenza. Anche il gatto, che sonnecchia ma può svegliarsi all’improvviso e colpire, simboleggia i bassi istinti da cui è bene guardarsi.
Antonello da Messina National Gallery Olio Pittori del Quattrocento
Caro dott. Nifosi, ho scoperto per caso questa sua bella pagina sul web. La ringrazio. Il suo è un “messaggio” efficace, sapiente, rapido e funzionale.
Grazie per la pagina … Alle “medie” (Pavia di Udine) il caro Professore di Matematica (ragusano d’origine) aveva il suo stesso nome e quasi subito si sposò l’insegnante di Artistica (Giovanna Del Piero). Mi volevano bene e io a loro !